Uscire dall’amministrazione, mantenendo la sua “titolarità”

Design Policy Lab
IncludiMi
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6 min readNov 6, 2018

A partire dalla loro esperienza nella Direzione per le Politiche Sociali del Comune di Milano, Cosimo Palazzo ed Emanuela Losito rimarcano quanto l’innovazione sociale sia una responsabilità ineludibile, specialmente per la pubblica amministrazione.

Emanuela Losito e Cosimo Palazzo durante l’intervista per il progetto Includi.MI

Cosimo Palazzo è Direttore Area Emergenze Sociali del Comune di Milano, dove, insieme all’Ufficio Progetti di responsabilità della dott.ssa Emanuela Losito, sono stati promossi alcune delle iniziative più innovative per le politiche sociali a Milano. Quest’area del Comune è anche quella con cui il terzo settore milanese si confronta per comprendere le principali linee d’innovazione, fungendo da facilitatore per quei soggetti che hanno intenzione di includere nelle loro strategie la pubblica amministrazione e cercando di allineare i loro obiettivi con quelli della Direzione.

I criteri di inclusione di soggetti collaboratori e beneficiari nelle iniziative comunali
Parlando delle modalità d’inclusione di soggetti esterni nelle iniziative della loro Direzione, gli intervistati affermano che questi vengono identificati a partire dalla definizione degli obiettivi dei vari progetti.

Palazzo spiega che esistono una serie di percorsi formali definiti per il riconoscimento e l’ingaggio di potenziali partner per progetti (ad esempio per la partecipazione in progetti europei) stabiliti nel rispetto delle norme anticorruzione e dei criteri di trasparenza. In primo luogo viene pubblicato un avviso pubblico, approvato dalla Giunta, per raccogliere l’interesse.

Nonostante oggi questo meccanismo sia ancora lasciato alla capacità relazionale della Direzione, spesso si presentano soggetti nuovi e con progetti interessanti.

Un altro strumento attivo in questo senso è un bando aperto all’inizio del mandato, dove i cittadini possono proporre idee senza oneri economici per l’amministrazione, ma chiedendo contributo gestionale e amministrativo: da questo sono emerse molte sperimentazioni che poi hanno portato a nuovi progetti e all’erogazione di nuovi servizi.

“Un criterio di fondo [per l’inclusione] è che il soggetto sia “utile” […] tradizionalmente i criteri sono legati alle dinamiche delle gare, si cercano soggetti con certe caratteristiche, con una certa esperienza e radicamento sul territorio…questo è utile e necessario per la gestione di certi servizi, ma non sempre è ciò di cui abbiamo bisogno per poter finanziare dei progetti d’innovazione”

Nei vari progetti si cercano di creare le condizioni per includere chiunque possa essere utile. Un esempio di questo approccio è stato il progetto WeMi.
In quel contesto sono stati coinvolti soggetti, definiti da Palazzo come “totalmente eccentrici” rispetto a quelli tradizionali, come l’Associazione Nazionale degli Amministratori di Condominio. Questa ha avuto però un ruolo decisivo perché — nel caso specifico — ha inserito nel contratto nazionale una figura professionale nuova, senza cui sarebbero stati impossibili tutta una serie di aspetti legati al servizio.

Il confronto tra soggetti diversi (pubblici e privati) comporta però delle incomprensioni, ed una di queste avviene sulle tempistiche: se certi tempi sembrano troppo lunghi al privato, a volte sono necessari per creare le condizioni giuste per l’innovazione.

Palazzo ritiene che il progetto WeMi sia emblematico in questo senso: i tempi con cui la piattaforma si è sviluppata — che sono stati rallentati dalla burocrazia — erano però necessari alla maturazione e consapevolezza degli attori nuovi e tradizionali dell’ecosistema che oggi si presentano autonomamente con il desiderio di fare parte della piattaforma. Inoltre, se all’inizio del progetto il Comune finanziava due spazi, oggi altri nove stanno per aprire con finanziamenti autonomi.

“Se la pubblica amministrazione riesce a diventare “attraente”, non ad imporre, ma a dire “io sono un valore per te”, direi che abbiamo fatto quello che dovevamo fare”.

Finanziamento pubblico a fronte di risultati raggiunti
Cosimo ed Emanuela ritengono che il dibattito su questo tema sia ancora molto arretrato. Ci sono alcune questioni critiche da affrontare, per esempio: come è possibile misurare un risultato senza avere una visione condivisa degli obiettivi da raggiungere. Inoltre, vi sono questioni amministrative da valutate, vale a dire come gestire in un bilancio pubblico un finanziamento non ancora erogato.

Oltre a strumenti sofisticati di finanza ad impatto, vi sono, secondo Palazzo, obiettivi più raggiungibili che si possono tentare, ad esempio identificare gli indicatori rilevanti e sperimentare percorsi che premino risultati o percorsi virtuosi.

Questo è stato in parte tentato in un’attività della Direzione Politiche Sociali con il CeLAV (il servizio di inserimento lavorativo per le Persone Svantaggiate del Comune di Milano) dove, in un percorso di reinserimento al lavoro, oltre alla prima parte di tirocinio, l’ente riceve un ulteriore finanziamento quando il soggetto viene assunto. In questa direzione, Palazzo cita anche il Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) che definisce quali azioni il beneficiario debba compiere per ottenere il finanziamento e le condizioni a cui questo può essere interrotto.

In generale dare il senso dell’impatto che le attività della pubblica amministrazione hanno sulla città è estremamente rilevante, soprattutto in un’ottica di coinvolgimento dei soggetti privati. Se non si riesce a dimostrare che questi servizi coinvolgono grandi numeri di utenti, le imprese non sono interessate a costruire collaborazioni portando competenze ed investimenti: questo è un limite per la qualità dei servizi di welfare a Milano, che è già altissima ma che deve poter essere portata a una scala più grande.

La co-progettazione con i beneficiari
Losito rimarca che la co-progettazione è una sfida di molti progetti e fa l’esempio di un tentativo in questo senso condotto nelle sperimentazioni di welfare condominiale nel progetto Welfare di Tutti, dove si sono costruiti momenti di dialogo e progettazione di servizi con gli abitanti di un condominio.
La sperimentazione è andata bene, ma è stata lunga e complessa.

“Al primo incontro, i condomini non ci capivano: c’è tutto un lavoro su come parlare con le persone che non frequentano i nostri contesti […] con cui non siamo abituati a lavorare. La tendenza per chi opera nel sociale è diventare chi analizza il bisogno e poi trova la soluzione, senza lasciare che la soluzione venga dalle persone.”

Un’altra sperimentazione interessante è stata Famiglie Creative, dove venivano finanziati vari tipi di progetti proposti dalle famiglie per gestire la quotidianità dei figli (babysitter, vacanze, sport…) coinvolgendo altri gruppi famigliari e venendo poi progettati assieme al pubblico e ad un soggetto del terzo Settore.

Secondo Palazzo il progetto ha fatto emergere bisogni e potenzialità dei cittadini, tuttavia afferma di non avere conoscenza di servizi su larga scala che abbiano previsto un dialogo con i beneficiari finali, anche se esistono, specialmente per alcuni tipi di politiche (quali quelle per la disabilità) tavoli di dialogo preliminare con l’associazionismo di settore.

Attività di coinvolgimento più focalizzate non sono comuni e, rimarca Palazzo, sono pratiche non semplici, soprattutto tenendo conto della cultura organizzativa in cui si opera. Organizzare dei focus group con l’obiettivo di coinvolgere soggetti rilevanti può essere inteso come tentativo di avvantaggiare alcuni soggetti piuttosto che altri.

Il contesto della pubblica amministrazione è quindi complesso, ma — in chiusura all’intervista — gli intervistati sottolineano come il suo ruolo sia fondamentale ed ineludibile nell’innovazione sociale. Perché ciò avvenga, la loro esperienza gli ha insegnato che è necessario “uscire dall’amministrazione, mantenendone la titolarità”. “Provare in libertà” quindi, seppure con grande sforzo senza avere i necessari vincoli delle programmazioni dei servizi.

“Non esiste innovazione sociale all’interno dei sistemi tradizionali […] l’innovazione si fa se c’è una struttura dedicata, che ha questo mandato dalla politica […] e anche che abbia la serenità di reggere dei “fallimenti” durante il percorso”.

Includi.MI è finanziato da Fondazione Cariplo e sostenuto dal Comune di Milano ed attuato da due gruppi di ricerca del Politecnico di Milano:
Design Policy Lab (Dipartimento di Design) e Tiresia (Dipartimento di Ingegneria Gestionale). Visita il nostro sito!

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The Design Policy Lab is a research lab at the Design Department of the Politecnico di Milano.