GenAI: il vero “prompt” è la creatività umana
Le parole dell’esperto Ivan Montis, Segretario Generale di Web3 Alliance e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
di Sofia Mancullo e Sofia Bettonte
L’intelligenza artificiale generativa, o GenAI, è sempre più diffusa e presente anche nel settore della comunicazione e del marketing. Ma quali sono le sfide e le opportunità che questa tecnologia offre al mercato e quali le differenze tra le piattaforme che la implementano? Ne parliamo con l’esperto del settore Ivan Montis, Segretario Generale di Web3 Alliance e docente del corso “Metaverso, realtà virtuale e intelligenza artificiale per le imprese” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Quali servizi può offrire la GenAI?
L’intelligenza artificiale generativa, fondata sul linguaggio, rappresenta una tecnologia estremamente potente, in grado di fornire una vasta gamma di servizi derivanti dalla sua capacità linguistica. Essa offre un ampio spazio per svariate attività, tra cui il customer care, la creatività e la strategia di ricerca, lo sviluppo del codice informatico, l’ottimizzazione dei motori di ricerca (SEO), la creazione di video, immagini e testi, nonché il supporto nello sviluppo di progetti.
Ci sono dei settori che utilizzano maggiormente questa tecnologia?
L’altro giorno ho scoperto una startup vietnamita che attraverso la GenAI permette, partendo dallo screenshot di un sito, di andarne a svilupparne l’articolazione. Questo processo elimina numerosi passaggi di routine, consentendo di dedicare più tempo all’aspetto creativo. Ovviamente, lo sviluppo web è solo uno degli ambiti di utilizzo; ogni settore industriale può trovare vantaggio in queste tecnologie. Ad esempio, un’applicazione cruciale è nell’ambito della documentazione testuale nel settore farmaceutico, essenziale per la redazione di report di ricerca ma spesso dispendiosa in termini di tempo e risorse. L’adozione responsabile di queste tecnologie, con la supervisione adeguata, può fungere da acceleratore per attività che altrimenti sarebbero lunghe e laboriose, ma intellettualmente poco impegnative.
Come può essere utilizzata la GenAI nel marketing per la creazione di campagne di successo?
Dal mio punto di vista, ritengo che, più che la tecnologia stessa, sia la creatività dell’individuo a fare la differenza. Utilizzare gli strumenti tecnologici in modo banale non porta a risultati originali. Inizialmente, potrebbe sembrare efficace, ma nel lungo termine ci si ritroverebbe a generare solo copie di copie, prive di originalità. Chi fa uso di queste tecnologie dovrebbe partire da un’idea creativa e utilizzare questi strumenti per svilupparla in modo innovativo.
Prevede un’evoluzione significativa di questa tecnologia?
Guardando avanti, penso che vedremo sempre più varietà e specializzazione nei tipi di strumenti GenAI disponibili, poiché sono progettati per migliorare le nostre capacità. Già oggi possiamo vedere questa tendenza con l’integrazione di componenti GenAI in strumenti accessibili ai creativi e agli autori. Questa tecnologia non cambia radicalmente il paradigma, ma piuttosto accelera i processi esistenti e può influenzare la presenza o l’assenza di determinate procedure, operando all’interno di un percorso già delineato.
Nascono sempre più preoccupazioni per quanto riguarda la gestione del copyright nella GenAI. Secondo lei ci sono delle prospettive di regolamentazione?
A livello di regolamentazione ci sono sviluppi molto concreti. Da una parte, le tecnologie si stanno limitando nell’utilizzo di contenuti non proprietari per evitare violazioni di copyright. Dall’altra c’è il problema, spesso di non facile soluzione, di risalire ai proprietari; perciò, diventa difficile applicare legittimamente il diritto di proprietà. Questo è un tema in parte filosofico. Una delle criticità di queste tecnologie è che non copiano l’opera, ma copiano lo stile. Ma come definiamo il copyright di uno stile? Per esempio, gli autori e i pittori del 500 vengono riconosciuti rispetto alla scuola e stile a cui appartenevano. Attualmente, la regolamentazione esistente potrebbe non essere sufficiente, poiché la sfida è certificare l’autenticità di un prodotto piuttosto che individuarne il plagio. La trasparenza da parte dei creativi diventa quindi cruciale per valorizzare chi rispetta l’originalità altrui e per il riconoscimento di determinate professionalità. In futuro ci sarà sicuramente un cambio di paradigma rispetto a come siamo abituati a considerare il copyright.
Quali sono i software di AI più utilizzati dai professionisti?
La verità è che ogni giorno ne escono di nuovi. Ci sono dei modelli fondazionali che sono quelli che già vediamo, come ChatGPT, Dall-e, Adobe Firefly, Stable Diffusion. Sulla base di questi software si vanno a creare degli ecosistemi, in cui si svilupperanno vari plug-in, tecnologie che in qualche modo si verticalizzano e lavorano su un servizio specifico. È difficile identificare i più importanti in questo momento, perché ogni creativo sperimenta e sceglie il più adeguato alle sue necessità. Ci vorrà ancora del tempo per arrivare a una definizione dei maggiori strumenti professionali.
Sulla base di questo, ci sono delle differenze significative su come vengono creati questi software o lavorano tutti con gli stessi presupposti?
Alcune logiche di base sono simili perché si basano su algoritmi precisi. Quello che fa la differenza è il tipo di dati con cui sono stati alimentati e addestrati i software e gli eventuali vincoli che sono stati imposti. Quindi alcune differenze esistono, ma è difficile darne una definizione puntuale poiché in questo momento c’è in atto un processo di evoluzione molto rapido. Ad oggi quindi è difficile dare una risposta che sia valida anche fra due settimane.
I software di GenAI sono tutti gratuiti?
In questo momento l’esigenza è quella di fare conoscere le piattaforme il più possibile; quindi, i modelli che si stanno affermando sono i cosiddetti modelli freemium, [un uso libero e gratuito per le funzionalità base, ma a pagamento per quelle più avanzate ndr]. Molti abbonamenti basano i costi sulla frequenza d’uso dell’utente, che aumentano più questa è intensiva. Nel momento in cui l’utilizzo diventa intensivo, per esempio integrando il software all’interno di un sistema di CRM, i costi lievitano significativamente. Questi vanno però rapportati al beneficio che l’intelligenza artificiale porta, che non per forza deve essere in termini economici diretti ma anche indiretti, per esempio favorendo un risparmio di costi su altre voci.
Ci sono differenze significative nella capacità di apprendimento dei vari software di GenAI?
Si, ci sono differenze importanti che si basano sulla capacità computazionale sottostante. Da un lato, è fondamentale valutare la performance dell’algoritmo in base alla sua struttura e costruzione, mentre dall’altro è essenziale considerare le disparità tra i server e la loro capacità di elaborare efficacemente grandi quantità di dati. Spesso poi l’apprendimento viene ulteriormente raffinato grazie all’intervento di persone che ne verificano i risultati, valutando se i dati sono corretti o se si creano errori o allucinazioni [quando l’AI genera risultati distorti, irrealistici o non veritieri ndr].