Micro-influencer (2)

Elena Morbioli
Innovation Eye
Published in
2 min readFeb 7, 2019

1. YouTube è diventato terreno fertile per video “haul” o “unboxing”dove micro e nano influencer mostrano ai loro iscritti vari prodotti di un brand. Shorr Packaging ha analizzato più di 1.500 canali YouTube e ha riscontrato che più di 3.000 video hanno come tema l’“unboxing”. Shorr stima anche che più di 1.000 video del genere siano caricati ogni settimana dai giovani creators. La maggior parte dei brand mostrati in questi video sono aziende di vestiti: Zara, Shein e Forever 21 detengono il 5% delle menzioni. → Link

2. Ryan ToysReview è l’esempio perfetto per spiegare l’interessante fenomeno in ascesa dei baby o kid influencer, bambini e under 14, che emerge dal mondo dell’influencer marketing. YouTube è l’incubatrice di moltissimi baby influencer, primo fra tutti Ryan con 16 milioni di iscritti. Il denominatore comune del loro successo è l’essere considerati alla pari degli altri bambini, perciò autentici e credibili. → Link

3. Nasce FlyTrendy, una app italiana che si propone di creare una piattaforma dove mettere in contatto aziende e micro-influencer, al fine di creare campagne marketing a costo zero. L’app nasce dalla esigenza di trovare personaggi che possano promuovere un prodotto senza che ciò abbia un impatto considerevole sul budget, come accade normalmente con i macro-influencer. → Link

4. Buzzoole, piattaforma di influencer marketing, inserisce una nuova sezione all’interno del sito: “Brand”. L’area Brand rende la user experience ancora più fluida per offrire alle aziende e alle agenzie la creazione di campagne comunicative più efficaci e misurabili. L’obiettivo è rispondere alla necessità di connettere i brand con gli influencer più strategici per le loro attività di comunicazione: la nuova funzionalità, infatti, consente di monitorare tutte le campagne attive e di misurarne i risultati. → Link

5. Il potere dell’engagement dei micro-influencer sta scavalcando quello delle celebrities influencer e diventa sempre più cruciale la distinzione tra post sponsorizzati e non. In Australia non vi sono regole che obbligano un post a contenere l’hashtag #ad quando l’influencer riceve un compenso per la sua pubblicazione. Questo permette ai social media influencer con seguiti di nicchia di collaborare con aziende pur mantenendo alto il loro livello di credibilità. → Link

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