Quali sono i nuovi trend dell’influencer marketing? (1)

Lo abbiamo chiesto a Cristina Lazzati, direttrice della rivista di marketing e retail “Markup”, dell’e-magazine “Gdoweek” e dei magazine “Fresh point” e “Pet trend”

giada equisetto
Innovation Eye
3 min readMar 9, 2023

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Cristina Lazzati (24oreBusinessSchool)

Influencer che si specializzano, eticamente corretti ed equilibrati ma sempre tanti. Ogni brand deve scegliere il proprio. L’Influencer Marketing si è riaffermato come strumento di comunicazione e presenza stabile nelle strategie per brand e aziende. Abbiamo parlato dei nuovi trend con Cristina Lazzati, direttrice delle direttrice della rivista di marketing e retail “Markup”, dell’e-magazine “Gdoweek” e dei magazine “Fresh point” e “Pet trend”.

In merito ai trend di quest’anno, i brand di nicchia stanno diventando sempre più rilevanti sui social. Secondo lei come possono utilizzare nel modo migliore l’influencer marketing?

I brand di nicchia funzionano esattamente come i nano e i micro influencer: sono più facilmente comprensibili e vanno direttamente al cuore di chi li utilizza. Diventano parte della vita di un gruppo di persone e si diffondono con semplicità, ovvero grazie al passaparola; la condivisione è ancora più efficace quando c’è un influencer che abbraccia la filosofia di quel brand, la fa sua e ne diventa un interprete. Si è passati dal testimonial tipico degli anni 80 che si limitava a “metterci la faccia” e a seguire una sceneggiatura pre-codificata all’influencer che rappresenta il brand per i suoi valori.

In una campagna di influencer marketing per un brand di grande rilevanza sul mercato risulta efficace ingaggiare micro influencer o è meglio continuare a ricorrere a influencer con un pubblico più vasto?

Un mio consiglio personale è differenziare gli influencer. Se all’interno di un brand si hanno più prodotti, a quel punto è meglio prendere degli influencer più piccoli che vadano direttamente al target desiderato e che siano in grado di interpretare il prodotto nella maniera più adeguata; il rischio è che qualcuno di questi prodotti, nelle mani di un influencer costosissimo con milioni di followers, diventi poco credibile. Alla fine, quindi, la stessa cifra o addirittura una cifra più bassa la si può allocare scegliendo influencer più adeguati; qui deve essere il marketing sufficientemente preparato ad andare a selezionare la scelta migliore per determinati prodotti e determinate campagne attraverso la lettura dei dati, nonché attraverso l’intuito.

Su quali tipologie di dati si basa una buona strategia di marketing digitale per scegliere i propri ambassador?

È necessario conoscere bene il proprio cliente o il proprio prospect, le attività del CRM sono il punto di partenza. Sarebbe preferibile avere delle persone interne all’azienda addette alla lettura dei dati, considerando che vi è la possibilità che questo processo venga svolto anche esternamente, rendendolo alla portata anche di aziende più piccole. Dati quantitativi come il numero dei followers non bastano più: bisogna analizzare la qualità dei followers, è importante capire le loro capacità di influenzare e di creare una community. Se si sceglie un influencer con milioni di followers, il rischio è che il pubblico sia troppo ampio; in altri casi, invece, anche 20 mila followers, se sono quelli giusti, hanno un valore immensamente più alto.

Oggigiorno una campagna di influencer marketing si espande su più social network? Quali sono secondo lei le piattaforme migliori per una campagna di influencer marketing?

Dovrei fare io la domanda: rispetto a quali target? Se vogliamo condividere la campagna sui diversi social network bisogna declinarla in base al linguaggio della piattaforma e al target che può raggiungere. Non si è mai visto che, quando veniva trasmesso uno spot in radio, venisse ripreso in televisione dando solo l’audio senza le immagini. Tiktok ti dà la possibilità di raccontare una storia, mentre Instagram è adatto se hai una campagna d’immagine e glamour. È funzionale per una campagna svilupparsi su un’unica piattaforma che raggruppi sia Millenials che giovanissimi così da orientare i giovanissimi e dall’altra parte coinvolgere i più maturi che già sono parte del mercato.

Qui trovate la seconda parte dell’intervista.

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