Verso il futuro dell’Influencer Marketing: Il ruolo crescente dei Micro-Influencer

Intervista a Elisabetta Locatelli, esperta di social media studies e professoressa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore

Jenny Leorato
Innovation Eye
5 min readMar 6, 2024

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Jenny Leorato e Giorgio Minniti

Negli ultimi anni, l’influencer marketing ha guadagnato una notevole importanza nel contesto del marketing digitale. Con l’aumento delle persone attive sui social media, che solo in Italia sono quasi 43 milioni, le aziende si trovano di fronte a una grande opportunità. Tuttavia, è fondamentale considerare che l’influencer marketing è un settore in costante mutamento che porta con sé dei rischi.

A parlarci del mondo dell’influencer marketing e ad anticipare la sua possibile evoluzione è un’esperta dei social media studies: Elisabetta Locatelli. La professoressa, i cui interessi di ricerca incontrano anche il fenomeno degli influencer, è attualmente la coordinatrice didattica del Master DCS presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Elisabetta Locatelli (Linkedin)

Conoscendo le perplessità iniziali legate all’investimento nell’influencer marketing, quali benefici nel mercato dell’advertising digitale gli possiamo attribuire?

Si è iniziato a fare le prime attività di advertising non tanto come influencer, ma come opinion leader, ancora ai tempi dei blog durante i primi anni del 2000. Era un’attività di PR, con l’obiettivo di migliorare la reputazione in rete. Nel tempo poi, questo fenomeno si è evoluto; la competizione ha fatto sì che le figure si professionalizzassero e che le aziende andassero a fare attività di advertising. Il beneficio che hanno avuto le aziende sicuramente è stato quello di poter raggiungere, in una modalità differente rispetto alle vie di comunicazione tradizionali, i pubblici di nicchia e avere obiettivi molto diversificati, quindi lavorare sulla reputazione o magari sul posizionamento di prodotto.

Secondo lei è possibile segnare un momento o un fenomeno specifico che ha cambiato la percezione delle aziende verso l’influencer marketing?

Uno dei momenti che ha aperto le porte ai cosiddetti influencer è stato quando nel settore della moda le aziende hanno iniziato ad invitarne alcuni alle sfilate. Si è trattato di un momento di grande visibilità e anche un po’ di “disruption”, perché le sfilate erano tradizionalmente chiuse, riservate alla stampa. Iniziano ad esserci dei soggetti di cui non si capiva bene come avessero formato la propria professionalità. A cavallo fra il 2008 e il 2009 in Italia non possiamo non citare il fenomeno di Chiara Ferragni, che è stato un momento di grande visibilità, proprio a livello di conoscenza del fenomeno e di consapevolezza.

Quanto può essere rischioso per un brand affidare parte della propria campagna marketing ad un influencer?

Come in tanti altri ambiti della comunicazione possono esserci dei parametri di rischio. Un parametro da considerare sicuramente è il fatto che gli influencer mantengono una propria autonomia nella gestione del contenuto e che, se la comunicazione viene veicolata sui canali personali degli influencer, la moderazione dei commenti risulta più difficile da gestire rispetto a una comunicazione sul profilo dell’azienda. Inoltre, un altro rischio è il fatto che un influencer possa essere coinvolto in un proprio problema reputazionale, che poi si riverbererebbe sull’immagine aziendale. Tuttavia, nonostante queste problematiche non siano prevedibili a priori, è possibile comunque minimizzare questi rischi andando a scegliere con cura gli influencer con cui collaborare.

Come il costante cambio di algoritmi può influenzare le campagne di influencer marketing?

Gli algoritmi stanno penalizzando alcuni contenuti che non rientrano nelle logiche di interesse degli utenti. Questo potrebbe orientare gli influencer verso alcuni formati, come i reel, che possono essere più graditi agli algoritmi. Questo cambiamento potrebbe tradursi, in secondo luogo, come una sorta di “tiktokizzazione” ulteriore di Instagram. Questo quindi potrebbe spingere gli influencer ad attivare delle iniziative di adv per promuovere i propri profili, al fine di rafforzare la propria community.

Dato che il consumatore finale è sempre più consapevole delle dinamiche contrattuali dell’influencer marketing, questo non mina l’autenticità della sponsorizzazione/recensione. Quanto può essere rischioso oggi?

Il primo aspetto da considerare è il principio di trasparenza, poi rafforzato dalle norme; quindi, è importante che l’utente che viene in contatto con questi contenuti sappia se sono sponsorizzati oppure no. Un secondo aspetto importante è emerso da diverse ricerche, le quali dimostrano che, nonostante il consumatore sia consapevole quando visualizza i contenuti sponsorizzati, non risulta particolarmente infastidito; anzi, a volte può persino apprezzare il fatto che siano curati. Inoltre, bisogna tenere presente due aspetti: primo che la sponsorizzazione si inserisca nello storytelling dell’influencer, senza che sia esagerata e in secondo luogo che ci sia anche un inserimento da parte dell’influencer di queste sponsorizzazioni in un racconto, onde evitare l’effetto che tutto quello che fa è sponsorizzazione, questo potrebbe risultare fastidioso agli occhi del pubblico.

Come si sta evolvendo il concetto del ritorno d’investimento nel contesto dell’influencer marketing e quali sono le metriche più significative per misurare il successo di una campagna?

Sicuramente stiamo vedendo un riavvicinarsi dell’influencer marketing a tecniche di marketing tradizionali, come codici sconto, concorsi e link diretti che possono avere una misurazione e un ritorno immediato. Questo può essere considerato un obiettivo di marketing a breve termine. D’altra parte, è necessaria la considerazione di obiettivi a lungo termine, in una logica di posizionamento del brand e di reputazione; che possono portare ad un awareness del brand a lungo termine. È quindi preferibile puntare sull’acquisto di un prodotto che sia a lungo termine piuttosto che sovraffollare il feed con adv, che vanno a pressare l’utente all’azione immediata; in un momento in cui si parla molto di sostenibilità e di limitazione dei consumi.

Quali sono secondo lei le prospettive future dell’influencer marketing?

Le prospettive future dell’influencer marketing potrebbero includere una tendenza al ricorso sempre meno frequente a celebrità o macro-influencer per preferire micro-influencer verticali. Questo perché i micro-influencer possono avere un maggiore vantaggio rispetto agli algoritmi: più grossa è la community, più l’algoritmo tende a disperdere i contenuti; mentre più è piccola, più gli utenti vanno a ricercare i contenuti se non li vedono. Sicuramente è in corso un potenziamento di TikTok, attraverso partnership con creator che possono creare contenuti ad hoc. Vediamo, in aggiunta, un rafforzamento dei cosiddetti virtual influencer. Ad esempio, la campagna di BMW con Lil Miquela, mi ha fatto riflettere sul fatto che alcuni pubblici possano apprezzare questo tipo di trend in cui sono presenti influencer che minimizzano i rischi, perchè di fatto c’è un maggior controllo da parte dell’azienda sull’output che viene erogato. Infine, un’altra tendenza potrebbe essere quella di lavorare più sui trend, che vanno a seguire le logiche algoritmiche.

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