Export Manager e Made in Italy | Export OK — Strategia e Internazionalizzazione on WordPress.com

Righetconsult
Internazionalizzazione delle Imprese
6 min readJun 25, 2017

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Postato il giugno 25, 2017 Aggiornato il settembre 13, 2017

Export manager e made in Italy: spesso gli export manager — o figure equivalenti — di imprese italiane non acquisiscono business per fattori legati non alla persona in se’, ma ad aspetti che oserei definire culturali prima ancora che tecnici.

Se andiamo sui mitici TEM — Temporary Export Manager “formato” burocrazia italiana — la cosa potrebbe essere complicata.

In quanto alle lacune che ho notato piu’ spesso nella gestione dell’internazionalizzazione e dell’export, si va da una (molto) presunta ottima conoscenza dell’inglese alla pressoche’ totale mancanza di conoscenza della situazione politico-sociale locale — con le ovvie conseguenze catastrofiche.

Il lavoro del temporary export manager e’ molto delicato

IO PARLO, TU NON MI SENTI, IO NON TI CAPISCO

Tutti sono d’accordo sull’importanza delle lingue per chi gestisce l’internazionalizzazione; pochi si chiedono qual’e’ il livello adeguato.

Da questo punto di vista, c’e’ un mito che permea la societa’ italiana — ed a dire la verita’ non solo quella italiana: appena uno sa parlare un po’ l’inglese, e’ convinto di parlarlo bene.

Segue la convinzione che un tecnico che sa esprimere concetti strettamente tecnici legati alla sua nicchia sia in grado di gestire i rapporti con i clienti esteri. Niente di piu’ sbagliato.

L’export manager deve essere in grado di gestire tutti i rapporti che l’internazionalizzazione implica

Il cliente estero vuole interfacciarsi con personale che sia in grado di gestire ogni aspetto dell’export; se il personale non e’ di livello adeguato, tendera’ a rivolgersi alla concorrenza.

Pensateci un attimo: qual’e’ la percentuale di aspetti non tecnici da chiarire?

C’e’ poi un altro problema: quando si internazionalizza, ben raramente si ha a che fare con professori di Oxford o Cambridge. In poche parole: si va dalla pronuncia non classica a chi parla l’inglese in un modo molto poco comprensibile — accento, modo di parlare, ecc.

Spesso spunta il made in Italy, specie se si parla di temporary export manager.

C’e’ talvolta la convinzione che la colpa risieda nella controparte. Magari e’ anche vero, pero’ non bisognerebbe dimenticare che anche se il cliente non ha sempre ragione, e’ lui che ti paga. Ovviamente, una lingua e’ legata al contesto culturale: forse la grammatica e’ la stessa, ma bisogna parlare in “modo” totalmente differente — e’ anche per questo che sono moto critico dei temporary export manager senza esperienza, esperienza che non si puo’ certamente fare nel corso di un’assegnazione temporanea.

Internazionalizzazione — l’export manager deve mantenere il contatto con la realta’, non con i dettami della sua cultura di provenienza

Sinceramente, ne ho sentite di tutti i colori, compreso il mitico Mi capiscono, fanno solo finta di non capire.

Veniamo poi a quali lingue usare.

Il mio consiglio per gli export manager e’ molto semplice: imparate molto bene l’inglese per cominciare — se non lo fate, non riuscirete mai a gestire gli ulteriori aspetti culturali delle conversazioni. In questo senso, penso che la conoscenza avanzata di una sola lingua straniera sia preferibile alla conoscenza insci’ insci’ di varie lingue.

Un export manager dovrebbe conoscere la geopolitica e mantenere il contatto con la situazione politico-sociale locale, o ci potrebbero essere problemi

EXPORT MANAGER, GEOPOLITICA, SITUAZIONE POLITICO-SOCIALE LOCALE

Gia’ sapete che, secondo me, un export manager che non conosca — e pratichi — la geopolitica ha delle serie limitazioni; sono pero’ il primo a riconoscere che pochissimi export manager sono in grado di gestire la materia.

E’ tuttavia inaccettabile un export manager che non sia al corrente della situazione politico-sociale locale: al di la’ delle conseguenze sull’opera di internazionalizzazione dell’azienda che rappresenta, si rischiano non solo grosse incomprensioni — od addirittura di urtare od offendere il possibile cliente — ma anche di arrivare a contratti svantaggiosi per l’impresa.
A questo punto devo parlare di un brutto difetto di alcune culture (italiana inclusa), un difetto che ha provocato tanti guasti all’internazionalizzazione delle imprese — specie PMI — italiane: la battuta al momento sbagliato, magari a sfondo (reale o percepito) politico e/o sociale.

Non mi riferisco tanto agli aspetti culturali, aspetti che i buoni export manager conoscono o cercano comunque di studiare in anticipo. Mi riferisco proprio a battute (o affermazioni) che riguardano la situazione locale.

Purtroppo, l’Italia e’ un paese dove la discussione politica permea ogni aspetto della societa’, societa’ che normalmente ben poco conosce degli aspetti locali di altre nazioni — basta confrontare il tempo dedicato alle notizie estere con quello dedicato a quelle (di solito di politica) interne.

Cosa accade? L’operatore italiano ha normalmente una innata simpatia (fattore altamente positivo) che lo porta a creare velocemente un buon rapport con il cliente estero; purtroppo, spesso si dimentica che e’ comunque in ambiente business — la troppa familiarita’ lo porta a fare gravi errori, cominciando dal commentare a sproposito situazioni locali e/o regionali.

E qui veniamo all’aspetto successivo.

Export del vino Made in Italy

MADE IN ITALY — ED ALTRE CINESERIE

Specifico subito che il termine cineserie e’ un termine tecnico della lingua italiana che deriva dalla storia della lingua — nulla ha a che fare con la Cina e non e’ inteso in alcun modo come negativo per la Cina. Personalmente, apprezzo molto la cultura cinese ed il dinamismo del popolo cinese.

Visto come puo’ essere facile urtare un cliente estero anche senza volerlo? Un termine tecnico in una lingua puo’ diventare urtante quando si e’ all’estero. Personalmente, come appena visto, preferisco chiarire subito le cose anche quando scrivo in italiano per un pubblico di lingua italiana.

Cominciamo dal made in Italy: se in alcuni settori — vino, prodotti alimentari tipici, arredamento, design, ecc., vedi Come Fare Export di Vino e Prodotti Alimentari Tipici — ha un indiscusso valore, in altri e’ solo una cineseria.

Se vendete meccanica, il cliente estero apprezzera’ la flessibilita’ della tipica PMI italiana, ma sapete cosa gli importa che sia made in Italy? In questo caso il cliente pretende serieta’, qualita’ e flessibilita’, non made in Italy.

E veniamo ad altre cineserie di alcuni export manager: la convinzione che basta rendersi simpatici (e magari l’interlocutore pensa Ecco, pasta, pizza e mandolino!), che bisogna fare battute (settore minato), che bisogna chiacchierare tanto del piu’ e del meno (mai esagerare ed attenzione a non straparlare e a finire in un campo minato), ecc.

Capirsi con il cliente quando si pensa ad internazionalizzare e’ fondamentale, esagerare comporta rischi elevati — anche perche’ ad un certo punto il cliente vuole sentire cose sensate e precise su tempi, costi, rischi, logistica, pagamenti, ecc. In poche parole: dovete dare l’impressione di essere competenti ed affidabili — il made in Italy non ve la da’.

Prodotto alimentare tipico e vino Made in Italy

L’aspetto tragico?

Anche quando si parla di internazionalizzare in settori dove il made in Italy conta, pensate forse che non ci siano alternative alla vostra offerta — soprattutto se il buyer non e’ convinto della vostra competenza ed affidabilita’?

Pe finire: il fatto di rappresentare un’azienda italiana — al di la’ dei vantaggi legati ad un paese ben visto un po’ dovunque — non da’ alcuna aurea all’export manager.

Occhio a non abusare del made in Italy — ricordare sempre che non tutto cio’ che e’ associato all’Italia e’ positivo e che, soprattutto, non vi da’ competenze di internazionalizzazione e non vi salva dalle cineserie.

Originally published at exportok.com on June 25, 2017.

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Righetconsult
Internazionalizzazione delle Imprese

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