Praga e i resti del realismo socialista

Chiara Rizzi
inutile
Published in
6 min readMar 15, 2019

--

Il complesso abitativo di Sídliště Vlasta si trova nel quartiere di Vršovice, esattamente di fronte alla fabbrica di Koh-i-Noor, che produce matite e articoli di cancelleria dal 1790. Ci si arriva comodamente col tram numero 22, che ferma proprio davanti alla fabbrica.

La fabbrica di Koh-i-Noor

Quattro anni fa, in un articolo in cui sulle strade più in voga di svariate città europee, il New York Times definiva la via principale di Vršovice il posto più interessante della nuova scena della capitale. Ad arrivarci in tram, non lo diresti mai che questo è il quartiere del futuro: Sídliště Vlasta ti sovrasta con edifici grigi e imponenti con un aspetto più che familiare per chiunque abbia passato molto tempo nei paesi dell’ex blocco sovietico. In ceco si chiamano panelaky, in russo khrushchyovki. Gli americani li chiamano, in modo dispregiativo, commie blocks.

Sono palazzi in cemento, a basso costo, che si trovano ovunque, specialmente nelle periferie più povere. Quando Chruščёv era al potere, erano sembrati la soluzione più efficace alla necessità di nuove abitazioni che potessero ospitare famiglie numerose a prezzi ridotti.

Sídliště Vlasta è un complesso di panelaky imponente. Venne costruito in fretta e furia pochi anni dopo l’occupazione sovietica, per ospitare 3500 persone, sfrattate dalle loro case a 40 chilometri da Praga, nell’anonima cittadina di Milovice. A Milovice si trova una base militare che i russi decisero di usare come base strategica dopo l’occupazione della Cecoslovacchia. La base era stata usata brevemente dalla Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, ma quando i sovietici arrivarono nel 1968 avevano piani più ambiziosi.

I soldati e le loro famiglie avevano bisogno di un posto in cui abitare, e la soluzione più spiccia era trasferire la maggior parte degli abitanti del paese, quelli con le case più vicine alle base militare, da un’altra parte. E così, gli abitanti di si ritrovarono deportati dalla provincia campagnola ceca in piena città, a Sídliště Vlasta in questo complesso di palazzi costruito apposta per loro. Cinquant’anni dopo, abitano ancora qui.

Ma torniamo per un istante a Milovice. I sovietici costruirono un’intera città per i militari e le loro famiglie, e la chiamarono, con squisita ironia, Boží Dar, il dono di Dio. Al suo interno c’erano dei cinema, una piscina e parecchi negozi, ma la vera beffa era che Boží Dar era totalmente isolata dal mondo esterno, e riceveva rifornimenti di cibo e materiali direttamente dalla Russia. Gli abitanti di Milovice, quelli rimasti, non avevano assolutamente idea di tutto questo, la zona era altamente militarizzata e inaccessibile dall’esterno. Allo stesso modo, gli abitanti spostati a Sídliště Vlasta non avevano alcuna idea del motivo per cui erano stati spostati a Sídliště Vlasta.

Boží Dar sopravvisse nel suo isolamento fino al 1989, quando la Rivoluzione di Velluto costrinse i sovietici a fare i bagagli e abbandonare quella che ormai non era più Cecoslovacchia, ma Repubblica Ceca. Non appena abbandonata, la base venne sistematicamente ripulita di ogni singolo oggetto di valore lasciato dai soldati.

Dell’area, davvero estesa, rimane molto poco. Ovunque si trovano vecchi giornali ammuffiti in cirillico, vecchie razioni di cibo militari, palazzi decrepiti.

In fondo, Sídliště Vlasta è una piccola Boží Dar alla luce del sole. Il complesso di edifici è anch’esso un monumento all’occupazione sovietica. Tutte le strade hanno nomi di paesi o città dell’ex URSS. Il complesso venne costruito con un’idea molto cara ai sovietici: quella della multifunzionalità. Gli architetti dovevano erigere un insieme di edifici che fosse in grado di ospitare rapidamente un numero di persone significativo e che allo stesso tempo offrisse attività sportive e culturali. Il segno della multifunzionalità rimane: gli uffici statali del quartiere sono proprio qui, tra centinaia di appartamenti e piccoli parchi giochi e aree di ritrovo.

Prima che Sídliště Vlasta venisse costruito l’area era solo un enorme stalla per cavalli, commemorata oggi da un mosaico in via Magnitogorsk (intitolata a Magnitogorsk, città negli Urali, che era stata cruciale per i rifornimenti di acciaio per l’Armata Rossa durante la Seconda Guerra Mondiale — ennesima commemorazione del periodo sovietico)

I mosaici di Radomír Kolář sono veramente fuori posto. Quello di via Magnitogorsk è’ il più imponente e visibile, mentre gli altri sono più difficili da trovare. In mezzo a ogni blocco di edifici, tra l’erba incolta e un mini parco giochi, eccoli lì. Sono realizzati con grande maestria e i colori sono quasi abbaglianti. Per legge, in ogni costruzione statale dell’epoca sovietica in Cecoslovacchia, una percentuale del budget per il progetto (tra l’1 e il 4 per cento) veniva destinata all’arte. Quest’impostazione statale del tempo ci permette, oggi, di trovare arte nei luoghi più improbabili, prodotta da moltissimi artisti diversi che, grazie a questa legge, poterono esprimersi nonostante il regime, seppure con alcune restrizioni. I temi delle opere, ovviamente, dovevano seguire una certa linea politica e fare contenti tutti: il mosaico più famoso e meglio conservato di Radomír Kolář rappresenta uno zoo. Gli altri temi sono il circo, i mezzi di trasporto, le battaglie eroiche.

Mosaico di via Magnitogorsk
Mosaico di Radomír Kolář
Mosaico di Radomír Kolář

Il realismo socialista è stato l’unica espressione artistica possibile nell’URSS fino alla dissoluzione dell’impero. Il concetto era semplice: l’arte doveva essere il più possibile vicina alla realtà di tutti i giorni, con personaggi e tematiche tipici del periodo storico in cui ci si trovava. L’arte doveva rappresentare le grandi menti dell’Unione, i contadini, i soldati, i paesaggi, gli animali. Nonostante le restrizioni e la fama negativa, alcuni esempi di arte socialista sono davvero belli e meno noiosi di come potrebbe sembrare (come si può vedere in questo account Instagram).

Addentrandosi un po’ di più nel quartiere, i segni del tipico realismo socialista si moltiplicano. Non ci sembra fuori posto trovare la statua di un giovane ragazzo con modellino aereo in via Turkmenistan.

Visitando il quartiere si capisce bene perché da anni si parla di buttarli giù, questi palazzi. Negli ultimi anni, Praga è sempre più moderna e scintillante.

La sua area metropolitana è una delle più ricche d’Europa; il quartiere di Vršovice, che si trova in un’area periferica e molto residenziale, e che conserva un umore ben diverso da quello della Città Vecchia, sta diventando sempre più centrale: lentamente, per via dell’aumento del prezzo degli affitti, vi si stanno trasferendo stranieri occidentali che per anni si sono concentrati in zone più centrali, ora chiassose per i turisti e per matriosky dai prezzi esorbitanti. A Vršovice sono arrivati gli expat ed è arrivato il New York Times.

Sídliště Vlasta ricorda troppo quei vent’anni dei quali molti cechi parlano con molta poca nostalgia. Potrebbe trovarsi sugli Urali, in Siberia, nei sobborghi di qualsiasi città triste e anonima. Non si sa ancora cosa succederà. Nel frattempo il centro culturale Eden, un tempo importante centro di ritrovo, è abbandonato ed annerito, mentre lì accanto un modernissimo Tesco ci osserva, moderno e scintillante.

--

--