Quando siete felici fateci caso

Licia Ambu
inutile
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4 min readApr 1, 2015

Quando siete felici fateci caso dovrebbero leggerlo nelle scuole, per le strade e al posto della messa. Per quelli che vanno a messa.

Consigli: compratelo adesso, regalatelo, fatevelo prestare, fotocopiate una sola pagina e diffondetela alla fermata dell’autobus, annotatelo su foglietti sparsi da infilarvi in borsa o attaccare sul frigo, imparatelo, rovinatelo di appunti, dormiteci insieme, spiegazzatelo, coccolatelo, apritelo a caso e iniziate a leggerlo due minuti al giorno, chiamate qualcuno al telefono e leggetelo anche a lui, abbandonatelo su una panchina per il primo che arriva, consumatelo. Potete anche parlargli se ritenete. Magari la mattina, prima di andare al lavoro.

A messa io non ci vado mai, confesso. Ho smesso parecchio tempo fa. Come di andare a scuola. Ho messo insieme le due cose perché frequentavo una scuola cattolica e quindi avvenivano contestualmente. La scuola cattolica, oltre alla messa e alla mensa buona, mi ha dato questo insegnamento: tutto quello che si dice su Gesù, spesso non c’entra niente con quello che ha detto Gesù. Certo, non l’ho mai incontrato di persona per cui conosco a grandi linee le cose ma, si sa, le versioni riportate di frequente sono molto distanti dall’originale. Mi sembra di notare una certa discrepanza, ecco, con quelli che in origine dovevano essere concetti piuttosto semplici da conservare caramente. Ad esempio, prendiamo il Discorso della Montagna, molto caro a Vonnegut. Un giorno Gesù si alza e fa questo discorso di fronte a moltissime persone. Sembra sia stato una cosa fantastica. Un’oratoria piena di concetti interessantissimi, un’esplicitazione dei valori portanti del cristianesimo la cui etica è, al contempo, anche la base di principi universali validi per tutti; diverse beatitudini ne rappresentano la parte più conosciuta:

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Poi sono arrivati gli uomini e hanno rimescolato molto male le cose.

In tema di oratoria fantastica, Quando siete felici fateci caso è la raccolta di nove discorsi tenuti da Kurt Vonnegut nelle università. In America, hanno questa pratica splendida di far tenere a persone di un certo rilievo politico e culturale un discorso ufficiale ai laureandi. Si chiama commencement speech. Leggendo Vonnegut ho capito che quello di Gesù è stato una specie di commencement speech senza i laureandi. E che sarebbe cosa buona e giusta portarsi dietro qualche insegnamento senza rimescolare molto male le cose. Un esempio? “Di regola io ne conosco una sola: bisogna essere buoni, cazzo”. Questo è Vonnegut ma anche un po’ Gesù.

Leggendo Vonnegut, poi, mi è venuta in mente una parola bellissima di undici lettere che indica l’elemento minimo riconoscibile, il nucleo, di un mito. Questo materiale mitico viene continuamente rivisitato, malmenato, plasmato, confezionato, ma c’è di bello che al cuore rimane sempre identico. Anche se passa per religioni, sceneggiature, soap, fiabe o pubblicità. La parola è Mitologhèma (o mitologèma): racconto favoloso. Con le stesse undici lettere, si indicano anche quelle idee o formule che assumono valore di mito sociale, stimolo, diventando una sorta di guida. Prendiamo in prestito il concetto un momento e mettiamolo insieme all’altro per capire meglio perché, a questo punto, ho pensato a un meta-mitologèma.

Il commencement speech, come si diceva, è un’invenzione splendida: esseri umani che hanno vissuto come si deve raccontano (e si raccontano) la loro esperienza per ispirare altre menti. Vonnegut porta in questo contesto una narrazione di se stesso, fatta con i crismi, su temi importanti e fondamentali della sua vita, ma al contempo trasversali rispetto alla vita in generale, quindi mitici. Facendo questo produce un ulteriore mito, cioè di fatto rende la sua storia una mitologia per chi ascolta (o legge). Mitologia della mitologia: un meta mitologhèma. Il commencement speech, appunto. E questo libro.

Naturalmente lo fa benissimo. Soprattutto lo fa da essere umano. Un uomo con il suo bagaglio di esperienze che parla ad altri uomini: il punto di vista è differente ma la prospettiva è identica, e questo fa una bella differenza. Ci raccomanda di tralasciare i fantasmi invisibili di internet e cercare persone reali, allargare la famiglia, credere nella comunità e fare in modo di accorgercene quando siamo felici. Riprende la Montagna, aggiunge Bush, la funzione sociale dei Mespoulets, Hitler e la folk society. Chiama in causa Adamo ed Eva e infine parla di quel suo zio fondamentale che gli aveva insegnato ad avere coscienza dei momenti in cui le cose vanno a gonfie vele:

Mi diceva che era importante in quei momenti, dire ad alta voce: Cosa c’è di più bello di questo?

Kurt Vonnegut l’avrei voluto come insegnante, zio, vicino di casa (nulla contro gli attuali: uno canta davvero molto bene l’Opera e l’altro mantiene in vita piante che altrimenti ucciderei), barista, psicologo, amico, mentore. Non ero a Fredonia, Houston, Indianapolis, tanto meno sulla Montagna, ma in qualità di mitologhèma vale anche al bar, sul divano, in metro. Prendiamolo in prestito! E propongo una mozione per battezzare il commencement speech format migliore di sempre del mitologhèma. Omaggiamo il mitologhèma e che qualcuno inizi dicendo: una volta ho letto un libro che racchiudeva nove discorsi di Vonnegut… Oppure: una volta ho trovato un libro su una panchina e dentro c’era un discorso con questa storia:

Da quanto ho letto nel libro della Genesi, Dio non donò ad Adamo ed Eva un pianeta intero. Gli donò una proprietà di dimensioni gestibili, diciamo, tanto per intenderci, ottanta ettari. E io consiglio a voi, Adami ed Eve, di proporvi come obiettivo quello di prendere una piccola parte del pianeta e metterla in ordine, rendendola sicura, sana di mente e onesta.

Questo libro fa bene. Nel peggiore dei casi non vi farà niente. Ma ne dubito. Rischiate. Applicare Vonnegut sarebbe meraviglioso! Citando Meacci: “Vonnegut a tutti!”.

Siamo animali fatti per danzare.

Quando siete felici, fateci caso, di Kurt Vonnegut (minimum fax 2015, 107 pagine, traduzione di Martina Testa)

Pubblicato originariamente su inutile il primo aprile 2015.

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Licia Ambu
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