Giornali “startupper”, Internet si è rotta, la scienza del ripensamento

Raffaele Castagno
Spazio delle Relazioni Umane
2 min readOct 14, 2021

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Il vero pericolo è non riuscire ad evolversi”. L’epitaffio fece la sua comparsa nella redazione del Washington Post quando lo storico quotidiano venne acquisito da Jeff Bezos, chiudendo (o aprendo) un’epoca. Lo racconta nel suo “tumultuoso” libro l’ex direttrice del New York Times Jill Abramson, recensito da Gianni Riotta su La Stampa.

Il Washington Post e il New York Times hanno saputo evolversi e sono ancora tra noi. Così come l’epitaffio, che conserva tutta la sua validità, se pensiamo all’impatto di algoritmi e intelligenza artificiale sulle organizzazioni giornalistiche, che secondo il giornalista computazionale Francesco Marconi — tra i massimi esperti globali sull’argomento — “devono comportarsi come startup e i giornalisti devono espandere le proprie competenze ben oltre il semplice reportage”. Un’innovazione — avverte Marconi — che deve essere “abbracciata da tutti”.

Media e società sempre più digitali, ma che rischiano di veder scomparire la propria memoria sul web, perché, come scrive Andrea Daniele Signorelli su Domani, Internet si è rotta e l’errore “404” (pagina non trovata) può diventare il nostro peggior incubo.

La soluzione potrebbe arrivare dall’adottare un approccio decentrato alla rete. Una buona idea anche per evitare che i big data si concentrino ancor più nelle mani di big tech, con la conseguenza di produrre quello che Yuval Noah Harari sulle pagine di Repubblica definisce “nuovo colonialismo digitale”.

Non solo evoluzione allora, ma anche ripensamento. Un’ottima pratica da addestrare secondo Adam Grant — docente di psicologia delle organizzazioni — che su La Lettura ci invita a coltivare “l’intelligenza di adattare e aggiornare le opinioni e le decisioni e di cambiare idea mentre il mondo si trasforma”.

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Raffaele Castagno
Spazio delle Relazioni Umane

Giornalista, archeologo, lettore. Si occupa di mondo antico, cultura, libri e newsletter.