7 buoni motivi per seguire le Olimpiadi

Perché i Giochi sono importanti per chi li fa e per chi li guarda

Remo Gilli
Iride Magazine
6 min readAug 9, 2016

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1. Per sentirsi uniti tutti insieme

In un periodo come quello che stiamo vivendo, è sempre più importante mantenere uno spirito di unità globale, e l’occasione perfetta per sentirsi partecipi tutti insieme di qualcosa di grande e bello sono proprio le Olimpiadi.

I colori delle diverse compagini nazionali all’apertura dei Giochi Olimpici di Rio 2016

Quest’anno abbiamo assistito a tanti tragici avvenimenti, tante tensioni e dispute internazionali. Quando però ci si trova davanti ad uno spettacolo come le Olimpiadi, si capisce davvero quale sia il senso dello Sport e, più in generale, della Pace.

Vedere i vivaci colori brasiliani accogliere il rosso della Russia e della Cina, le stelle americane e i colori sgargianti delle bandiere africane ci fa capire che, in fondo, non siamo poi tanto diversi. Tutti ci emozioniamo, tutti piangiamo per le delusioni e urliamo di gioia quando vinciamo. Tutti alle Olimpiadi amano lo Sport e rispettano l’avversario. Non è una questione di cultura, di razza o di età. Piuttosto è questione di essere umani, e di umanità alle Olimpiadi ce n’è parecchia.

2. Per assistere a delle vere imprese

Sui libri di storia e di letteratura leggiamo spesso di Eroi, quelli con la “e” maiuscola, e delle loro grandi gesta. È bello ritrovare le qualità cantate nelle epopee liriche anche negli atleti che partecipano alle Olimpiadi in ogni disciplina. Gli esempi si sprecano lungo la storia dei Giochi, e scaldano i cuori degli appassionati di sport.

Per citarne uno, ecco il video della finale agli Anelli delle Olimpiadi di Atene 2004, che hanno visto Yuri Chechi vincere il bronzo a ben trentacinque anni, otto anni dopo l’oro conquistato ad Atlanta nel 1996 e tre anni dopo essersi ritirato dallo sport per poi tornare a gareggiare un’ultima volta in seguito alla malattia del padre.

«Si è posato come una foglia che si arrende sì all’autunno, rivendicando a sé la grazia del volo»

3. Per conoscere sport a noi ignoti

Che cos’è il Rugby a 7? Cos’è un Ippon nello Judo? Cosa significa Shot Out nel Tiro con l’arco? A queste e a molte altre domande si trovano le risposte seguendo le Olimpiadi. Può anche capitare di appassionarsi a sport che prima non si conoscevano, come il Taekwondo o il Badminton, entrambi bellissimi!

Questo è l’ “Ippon” con cui Fabio Basile ha vinto l’oro nella categoria 66kg di Judo (200esima medaglia d’oro italiana alle Olimpiadi)

4. Per conoscere nuove nazioni

Sapevate che la Repubblica di Vanuatu ha portato ben quattro concorrenti ai giochi olimpici di Rio? Ma dove si trova? Qual è la sua storia? Come mai il Timor Est è soltanto alla propria quarta Olimpiade? Seguire i Giochi significa anche vedere persone provenienti da ogni angolo del mondo, ognuno con la propria storia, giocarsi un titolo contro i colossi della terra (come gli USA, la Russia o la Cina).

Nell’ordine, le bandiere degli Stati di Nauru, Aruba e Lesotho

È l’eterna sfida di Davide contro Golia, il bello di vedere che non sempre è il più forte ad avere la meglio. Una speranza per coloro che non sono mai stati primi in niente, ma che sempre avranno la possibilità di rifarsi e di vincere.

5. Perché la vittoria ha molte facce

Non sempre le storie più belle sono quelle di chi arriva primo. Basti pensare alla storia di Yuri Chechi, o del team femminile di Tiro con l’arco proprio a Rio. A volte, però, c’è onore anche soltanto nel partecipare. Lo sa bene il Kosovo, alla sua prima Olimpiade, lo sanno bene le nazioni minori, lo sanno bene gli atleti appartenenti alla squadra indipendente che, pur di partecipare, si sono presentati senza una bandiera nazionale.

Lo sa bene anche Gabriela Andersen-Schiess che alle Olimpiadi di Los Angeles 1984 arrivò 37esima nella Maratona femminile, ultima tra quelle ancora in gara, con un enorme gap dalla penultima. La temperatura quel giorno era di 34°C e l’umidità toglieva il fiato. La Andersen si sentì male ben prima dell’arrivo, ma non volle abbandonare: l’importante per lei era arrivare, non importava in quanto tempo. Tagliò il traguardo esausta, e subito i medici corsero a darle le prime cure.

La vittoria ha molte facce e quel giorno la Andersen vinse anche arrivando ultima.

Lo Spot di Sanremo 2009, che cita l’impresa della Andersen. Per la storia completa vi consiglio questo video.

6. Perché non esiste soltanto il calcio

Siamo italiani, (quasi) tutti amiamo il calcio. Ma lo sport è tanto, tanto altro. Vincere la Coppa del Mondo o un Europeo di calcio è senz’altro un’esperienza in grado di unire tutta la nazione nei festeggiamenti, ma lo è anche una vittoria nella Scherma, nello Judo o nella Boxe, per citarne alcuni. Quando si vedono dei propri connazionali gareggiare nel loro sport e vincere, o almeno battersi bene, è sempre fonte di grande orgoglio. Quando un trio di arciere sfiora il podio nella competizione a squadre, ma lo manca di un soffio, pure.

Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia alle fasi finali del Tiro con l’arco a squadre femminile

È questione di riconoscimento dell’impegno, della passione e del sacrificio. Poco importa se non le abbiamo mai sentite nominare prima d’ora: va premiato anche il silenzio della preparazione in un mondo di millantatori e di arrivisti. Perché per ogni calciatore che vince il pallone d’oro o lo Scudetto ci sono altre decine di atleti che, nel silenzio dei media, rinfoltiscono il medagliere italiano ogni anno.

P.S.: La delegazione italiana di calcio Under 21 non si è qualificata per partecipare ai giochi di Rio, con buona pace delle telecamere (sempre meno della nazionale maggiore) e degli ingaggi percepiti dai club.

7. Per sognare un mondo migliore

Nel corso di questa XXXI Olimpiade di Rio ha esordito per la prima volta il Comitato Olimpico del Kosovo, vincendo una splendida medaglia d’oro di Judo proprio contro l’italiana Odette Giuffrida. Le lacrime di gioia di Majlinda Kelmendi sono toccanti, e chissà quanti sforzi, sacrifici e speranze si celano dietro di esse. Solo vent’anni fa era un utopia vedere gareggiare un paese come il Kosovo alle Olimpiadi, mentre oggi è realtà.

Le lacrime di Majlinda Kelmendi durante la premiazione

La speranza di un mondo migliore è ancora più giustificata quando, durante una gara di ginnastica femminile, un’atleta coreana del sud decide di scattare un selfie con una coreana del nord, sua avversaria. Un gesto forse insignificante, ma che illumina le calde serate di Rio e le buie notti del mondo in un periodo in cui, sempre più spesso, si parla di odio più che di amore, di guerra più che di pace, di diversità più che di somiglianze.

Lee Eun Ju (Corea del Sud) scatta un selfie con la propria avversaria Hong Un Jong (Corea del Nord)

Questo, da solo, è un motivo più che sufficiente per seguire le Olimpiadi, oggi come ieri.

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