Anche quest’anno al mare in Liguria

Chi è di Torino sa a cosa mi riferisco

Remo Gilli
Iride Magazine
4 min readJul 17, 2016

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Ogni anno la stessa storia. Estate torinese: quaranta gradi in cantina e un’afa indescrivibile. Siamo agli inizi di luglio, e ancora nessuno sul gruppo WhatsApp ha postato foto dal mare. Chi per lavoro e chi per studio, sono ancora tutti in città e l’unica sparuta occasione di incontrarsi è la sera, come gli zombie accalcati fuori da un pub o una gelateria.

Poi arriva quel giorno in cui il più Brillante del gruppo (ogni gruppo ha il suo Brillante) fa la Proposta. Di solito si annuncia così, generalmente alle cinque di pomeriggio di un venerdì qualsiasi:

«Ragazzi, pazza idea. Ho trovato un airbnb a poco in Liguria per il we, facciamo una macchinata e via! Chi si unisce?»

Dovete sapere che il torinese medio è stato allevato a suon di estati passate a Ceriale, Pietra Ligure e, quando proprio andava di lusso, Alassio. Una tappa forzata, che ogni anno è obbligatorio percorrere perché “se no che estate è?”. Badate, penso che la Liguria sia bellissima, molto varia e senz’altro unica nel suo genere. Però dopo sei anni passati sui sassi di Albenga diciamo che a chiunque non dispiacerebbe cambiare aria (o acqua).

Comunque sia, noi torinesi ci caschiamo sempre. Sarà per il fascino della Torino-Savona, coi suoi autogrill e le sue gallerie, o forse per una questione di cuore, chissà, ma noi, in un modo o nell’altro, dalla Liguria ci dobbiamo passare.

Puntualmente su quindici partecipanti alla chat, a rispondere sono sempre i soliti tre impavidi: quelli cioè che non hanno una ragazza, né un lavoro, né da studiare. I neet, insomma.

«Domani sveglia presto, così evitiamo la coda e per le dieci siamo in spiaggia»

Questa l’indicazione del Brillante col tono tipico del ragionier Filini di fantozziana memoria.

Il Brillante si distingue per la massima disorganizzazione mista alla voglia di organizzare. Un mix esplosivo che comporta uno sbattimento ciclopico per fare due giorni al mare, di cui uno di pioggia secondo le previsioni. Il piano prevede il rendez-vous alle ore cinque già colazionati, “che poi non ci fermiamo, per fare prima”, un itinerario misto di autostrada e strade sterrate “per pagare meno il casello” fino alla sede dell’airbnb, dopodiché tutti al mare a mostrar le chiappe chiare.

Non mancano i dubbi, ma ormai la caparra è data. Così, il giorno dopo la sveglia suona alle quattro e mezza, e alle cinque ci si ritrova tutti sotto casa del Brillante. Si caricano i bagagli, tutti molto spartani tranne uno, quello del solito che si porta dietro pure i doposci — “metti che nevica!” — e si parte alla volta delle bellezze e dei sapori della Liguria.

Falsa partenza, frenate l’entusiasmo. Prima bisogna fare rifornimento, ma non in un posto qualsiasi: c’è il distributore a venti minuti di distanza di casa che fa il gasolio a 1.19, in pratica lo regala!

Ci avviamo, ci riforniamo e finalmente partiamo. Sono le ore sei del mattino. In pratica tutto il vantaggio della sveglia se ne è andato in diesel, ci mettiamo in autostrada all’altezza di Stupinigi e prima di Moncalieri siamo in coda.

La vacanza si può dire iniziata: il torinese, infatti, considera vacanza anche quel lasso di tempo indefinito che passa in coda in autostrada per arrivare al mare. Una coda fatta di attese, chiacchierate profondissime sulla vita e sulla morte intervallate da silenzi interminabili e assurdi CD che il più piciu del gruppo ha avuto il cattivo gusto di portare.

Dopo due caselli, tre pit stop e sei inversioni a U, finalmente la visione delle ciminiere di Savona ci fa intendere di essere arrivati a destinazione.

«Da qui in poi prendo l’Aurelia»

dice il Brillante, uscendo al primo casello.

È mezzogiorno, siamo fuori da ogni tabellino di marcia, e lui prende l’Aurelia, la strada più trafficata del mondo. Disastroso. Giungiamo all’airbnb di Andora per le quattro di pomeriggio e ancora non abbiamo digerito gli Apollo che il grande Autogrill di Mondovì ci ha serviti freddi.

Parentesi: proprio i panini dell’autogrill hanno quel “sapore di mare” per noi torinesi: significa che stai andando al mare, se mangi un Apollo. Probabilmente per i liguri saprà di montagna, penso io, ma questa è un’altra storia.

La tradizione vuole che, dopo il consueto travaglio del viaggio, si faccia un bagno propiziatorio, giusto un tuffo per poter dire di esserci stati. Le pietre della spiaggia libera sono impietose, l’acqua gelida e il vento sono una barriera tanto grande al punto che, ogni anno, c’è sempre il poveretto del gruppo che decide di fumarsi una sigaretta da solo, vestito, sul molo.

Manco a dirlo, il bagno propiziatorio si compirà in un raffreddore generale che accompagnerà la permanenza dei quattro eroi torinesi, perché ovviamente soltanto uno ha portato un asciugamano in spiaggia, nella fretta di compiere il rito.

Non sto a raccontare delle disavventure per i budelli dei paesi liguri, tra gelati a cinque euro e birre rubate per risentimento verso il commercio locale, dei giorni in cui piove soltanto quando si arriva alla spiaggia e smette quando si è rientrati a casa, delle pizze mangiate sulla spiaggia col vento e senza ombrellone, che neanche i muratori in Sicilia.

Questa è la tipica trasferta al mare dei torinesi, una tradizione di cui potremmo fare a meno, ma a cui non sappiamo proprio rinunciare.

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