Dovete sbavare.

Tranquilli, c’è chi, per mestiere, ve lo farà fare

Carolina Orlandi
Iride Magazine
3 min readJun 24, 2016

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FOOD STYLIST KELLY UPSON / THE ART OF THE BURGER

Quante volte passando davanti a un’insegna di cibi succosi, unti e gocciolanti vi siete fatti tentare? Quante volte la gola è stata per voi più forte della fame effettiva? Non preoccupatevi, era tutto previsto. Ci hanno solo ridotto a tanti cani di Pavlov.

Ma vi do una notizia: ciò che ci fa sciogliere come il cheddar che state ammirando, non è la fame e nemmeno la bontà di quel cibo. Ciò che state contemplando probabilmente non è nemmeno commestibile.

Batuffoli di cotone, olio motore e lacca sono solo alcuni dei trucchi che possono essere usati prima di passare il tutto sotto lo screen di Photoshop. L’obiettivo è semplicemente quello di suscitare in noi sensazioni specifiche. Gli intenti possono essere molti: trasmettere la freschezza di una verdura, il calore di una bevanda, la genuinità di un pomodoro o la croccantezza di un’ardente striscia di bacon. E con la minuscola scritta “l’immagine sulla confezione ha il solo scopo di presentare il prodotto”, passa la paura e tutto è concesso. Questo non comporta certo la mancata qualità dell’ alimento, serve solo a venderlo meglio. Ma dovete essere consapevoli che il cioccolato che state ammirando è probabilmente Vinavil colorato, che il gelato sulla confezione è tutto meno che vaniglia. Io l’ho scoperto un Lunedì, sbavando a mezzogiorno davanti alla parete-congelatori del supermercato. Sui sofficini.

Real Food, But not Really- Something Sweet, di Minhky Le
Real Food, But not Really- Something Savoury, di Minhky Le

Un tempo era davvero tutto permesso. Oggi che siamo tutti più consapevoli e attenti all’alimentazione, le pratiche sono cambiate, ma l’obiettivo no. Una disciplina che si sta diffondendo a macchia d’olio, meno invasiva ma pur sempre indispensabile per il marketing, è la Food Photography. In questo caso parliamo di disposizione degli alimenti, luce perfetta e elementi che incorniciano il piatto.

The Guardian nel 2012 ha addirittura indetto un concorso internazionale, il cui vincitore si aggiudica il titolo di Food Photographer of the year. La food blogger di origini ungheresi Aniko Szabo, lo è stata nel 2014.

«Anche se fotografare il cibo può sembrare un’impresa semplice, sicuramente non lo è. Il mio principale intento poi, oltre a quello di rendere appetibile un piatto, è trasmettere le emozioni connesse ad esso, stimolando quei sapori e quei profumi legati ai nostri ricordi, anche a quelli più radicati dell’infanzia, come per esempio una torta della nonna»

© Artful Desperado

Riflessioni profonde quelle della Szabo, ma in Italia non siamo da meno e il food photographer Andrea di Lorenzo si etichetta in altro modo.

«Più che un fotografo di food mi sento un reporter del food, un’accezione molto più ampia della categoria, perché non implica semplicemente il fotografare dei piatti ma significa raccontarne la storia, sua e delle persone che vi gravitano attorno»

Una vera e propria arte, che negli ultimi anni ha contagiato una bella porzione di fotografi da tutto il mondo.

E sia ieri che oggi il mantra è lo stesso: farvi venir fame.

Non è tutto oro quello che luccica quindi, spesso è lucido alimentare, ma può essere anche lacca per capelli.

Carolina Orlandi

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