Essere cisgender in uno studentato “pro LGBT+”

Luca Magrone
Iride Magazine
Published in
4 min readMar 1, 2017
La distinzione tra i due termini non vuole in alcun modo risultare discriminante.

Adriano ha 25 anni ed è un maschio cisgender.

Cosa vuol dire “cisgender”?

Si definisce “cisgender” una persona la cui identità di genere corrisponde al sesso che gli (o le) è stato assegnato alla nascita, ed è a suo agio con lo stereotipo di genere che gli è stato attribuito. Transgender invece è un termine che descrive le persone la cui identità di genere e/o espressione di genere differisce dal sesso assegnato loro alla nascita. Diversi sono i termini Lesbiche Gay Bisessuali Transessuali Queer Intersessuali Asessuali (LGBTQIA) che si riferiscono all’orientamento sessuale.

(Ho sbagliato e ho corretto la frase: “Tra i non-cisgender si inserisce la comunità LGBTQIA”. Come mi ha fatto notare Dabliu : “Ci sono trans gay, trans lesbiche, trans bisessuali e trans etero così come ci sono cisgender gay, cisgender lesbiche, cisgender bisessuali e cisgender etero.” Ringrazio Dabliu per la correzione.)

Per motivi pratici legati alla lunghezza, l’acronimo della comunità LGBTQIA, viene abbreviato in LGBT+.

Adesso torniamo ad Adriano.

Adriano però, oltre ad essere un cisgender, è anche un essere umano, italiano, che vive ad Edimburgo. Qui lavora part-time come addetto vendite in un negozio e studia traduzione cinese-inglese in un ateneo della capitale scozzese.

Il suo status di universitario gli ha permesso di vivere in uno studentato autogestito.

Come racconta Adriano, lo studentato viene vissuto da una comunità di 109 studenti. Il 90% degli studenti fa parte dell’università di Edimburgo (che Adriano non si fa problemi a definire “elitaria”) e moltissimi tra loro sono membri di gruppi universitari femministi e pro LGBT+. Questi gruppi da anni portano avanti la lotta per sensibilizzare l’opinione pubblica alle tematiche del gender e dei diritti LGBT+. I loro sforzi hanno portato all'istituzione di un “LGBT History Month” nell'università di Edimburgo.

Dato che sono gli stessi studenti a gestire lo spazio (lo fanno tramite dei gruppi di lavoro e una assemblea generale dei membri) queste tematiche diventano parte integrante della collettività. Per entrare nello studentato è necessario compilare un application e affrontare un colloquio via Skype che, senz’ombra di dubbio, un neonazista non riuscirebbe a passare.

Adriano è un cisgender, ma per sua fortuna non è un neonazista, così è stato accettato in questo studentato.

Com'è la vita nello studentato?

Mi piace, è diversa dal solito. Ci sono due ambienti nei quali vivi: quello micro del tuo appartamento, con le persone che hai scelto, e quello macro, più comunitario. Qui ci sono tante persone diverse: da quelli che fanno skipping (cioè la spesa nei cassonetti), ai vegani, a quelli fissati con l’anarchismo o altre ideologie, fino al gruppo dell’appartamento LGBT+. Sta a te decidere quanto infilarti in questi ambienti.

Cosa ne pensi delle tematiche LGBT+?

Sono temi sono molto complessi, mi affascinano. Richiedono una apertura mentale non indifferente, soprattutto verso le opinioni altrui. Apertura che non sempre ho trovato nelle modalità utilizzate degli attivisti LGBT+.

Perché, come si comportano?

Invece di estendere il dibattito lo ghettizzano e si radicalizzano. Tempo fa era stato appeso un volantino nello studentato. C’era l’immagine di un assorbente sporco e la scritta: “Ah, se solo i maschi fossero schifati dallo stupro tanto quanto dal sangue mestruale”. Qualcuno ha detto di non riconoscersi in questa idea di maschio. Gli hanno risposto che era solo un maschio bianco cisgender, e quindi privilegiato. Poi c’erano anche eventi sul gender e i temi LGBT+ ai quali avrei voluto partecipare, ma ho desistito.

(In questo caso cisgender è stato effettivamente usato in modo improprio)

Perché non hai partecipato?

Nel mio studentato c’erano gli LGBTea, ma non potevi partecipare se eri un cisgender. La situazione non è tanto diversa fuori. Edimburgo è un fiorire di realtà femministe e gruppi LGBT+, ho visto i loro eventi su Facebook dove specificavano: includiamo tutti quelli che non sono i cisgender. Un approccio che non ti sprona a partecipare.

Ti sei sentito discriminato?

Ovviamente no. Secondo me è una reazione dovuta agli anni di repressione subiti, alla fine è comprensibile. Però radicalizzandosi finiscono per chiudersi in se stessi. Un atteggiamento controproducente per la stessa causa che supportano.

Perché volevi partecipare a questi eventi?

Quello LGBT+ è un tema che mi è caro, per motivi familiari. Condivido la causa per la sensibilizzazione e l’apertura alle tematiche LGBT+ e condivido anche questo nuovo approccio alla persona che va oltre l’orientamento sessuale e il sesso biologico. Sono temi ancora più importanti alla luce degli ultimi avvenimenti politici che provano a far tornare in voga la discriminazione. E andrebbero affrontati e diffusi con i toni appropriati, in maniera posata e mai fanatica.

L’esperienza di Adriano parla da sé. La chiusura di alcuni (non tutti, ovviamente) gruppi LGBT+ è dannosa per almeno due motivi. Innanzitutto non consente il dialogo con l’esterno. E in questo modo le opinioni diverse si perdono. Il rischio, forte, è quello di perdersi la ricchezza della diversità (in questo caso d’opinione) in grado di fornire nuova linfa al dibattito. E di qui sorge spontanea una domanda: come si può sensibilizzare sulla diversità se si rende il dibattito “elitario”?

Il dibattito sul gender e sui temi LGBT+ è sacrosanto e necessario, ma non si deve perdere di vista il nucleo fondamentale: nonostante le mille sigle siamo e rimarremo tutti esseri umani. E abbiamo tutti il diritto ad essere noi stessi.

Cosa si intende per gender, via Treccani: gender/genere. Il termine italiano genere traduce l’anglosassone gender, introdotto nel contesto delle scienze umane e sociali per designare i molti e complessi modi in cui le differenze tra i sessi acquistano significato e diventano fattori strutturali nell’organizzazione della vita sociale. Non la teoria cattolica del gender.

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