Marco Bonadonna
Iride Magazine
Published in
3 min readMay 8, 2016

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Gli sdraiati di Michele Serra

Ma dove cazzo sei?

Ti ho telefonato almeno quattro volte, non rispondi mai.

Una frase che la generazione che va dai 17 anni ai 21 anni si sente ripetere ormai troppo spesso dal proprio padre.

Una generazione in cui tutto rimane acceso, niente spento. Tutto aperto, niente chiuso. Tutto iniziato, niente concluso. Una generazione incapace di iniziare un lavoro o un dovere e portarlo a termine. Una generazione multitasking, che vuole stare dietro a tutto e purtroppo non riesce a star dietro a niente.

Eri sdraiato sul divano. Sopra la pancia tenevi appoggiato il computer. Con la mano destra digitavi qualcosa sullo smartphone. La sinistra reggeva con due dita un lacero testo di chimica. La televisione era accesa, a volume altissimo, su una serie americana. Alle orecchie tenevi le cuffiette, collegate all’iPod.

Una generazione di sdraiati: non solo quando cazzeggiamo a casa o con gli amici, ma anche nel lavoro. Una generazione che preferisce oziare e godersi la vita e rifugiarsi dietro a mille scuse o sparendo soltanto al primo sentore di fatica lavorativa, lavandosene le mani come se nulla fosse o, ancor peggio come se fosse la cosa giusta da fare.

Ma d’altro canto è vero anche che viviamo in una società in cui le persone anziane sono in netta maggioranza rispetto ai giovani. E questo crea moltissime incomprensioni: generazioni distanti anni luce che provano a convivere inesorabilmente, o quasi.

Ma perché l’uomo, da qualche tempo, sperimenta la sua incapacità di stabilire nessi (di qualunque genere) con i ragazzi. Non sa — non capisce — se questo muro invisibile sia la semplice riedizione dell’eterno conflitto tra genitori e figli, tra adulti e ragazzi.

Due generazioni opposte: gli adulti sempre abituati a lavorare, a svegliarsi presto la mattina e tornare a casa per cena per poi andare subito a dormire; mentre i ragazzi fanno della notte il loro diletto preferito per cazzeggiare e divertirsi per poi rimanere la mattina seguente nel letto a dormire fino a orari allucinatamente tardivi. Amano così tanto vivere la notte in maniera sfrenata da non avere nemmeno il minimo ricordo di ciò che si era fatto la sera prima. Uno spreco di tempo utilizzabile in maniera più efficiente e produttiva, ovviamente con qualche sacrificio, ma il lavoro ripaga sempre e le soddisfazioni arrivano. Per il cazzeggio non esistono premi e men che meno nessuno che ci glorifichi con una corona d’alloro e poi ci applauda prostrandosi ai nostri piedi. Assolutamente nulla di tutto questo, ciò che non abbiamo capito e forse con qualche legnata in più dai nostri genitori l’avremmo capito. Ci lamentiamo e basta portando allo sfinimento i nostri genitori, i quali una volta superato il limite di sopportazione si disinteressano e ci lasciano a piede libero. Non solo un errore nostro ma anche loro nel mollarci anziché riprenderci e cercare in tutti i modi di svegliarci fuori. Ed è quindi così che iniziamo ad escluderci e ai diventare gli incompresi quando invece dovremmo solamente cambiare il nostro atteggiamento riguardo a ciò che ci sta intorno e prendere con più serietà la vita, prendendo esempio dalle generazioni più vecchie.

“Certo che un mondo dove i vecchi lavorano e i giovani dormono, prima non si era mai visto”.

Prima non si era mai visto.

Un meccanismo sconosciuto che muta e complica gli ingranaggi della macchina del tempo.

Una generazione di sdraiati che spera inutilmente che qualcosa cambi, che tutto il mondo si mobiliti solo per loro, una generazione che ciondola e spreca il tempo quando invece non ha capito che il cambiamento deve arrivare da loro in primis e nessun’altro al loro posto potrà riequilibrare tale situazione.

La speranza di un padre che prova da anni a invitare il proprio figlio al Colle della Nasca, la speranza del comandante Brenno Alzheimer nel voler veder vincere i Giovani nella Grande Guerra Finale, la speranza dei Vecchi nel veder un giorno lavorare i Giovani al loro posto, sono tutto ciò che ancora oggi stanno tenendo in piedi la situazione attuale. Anche se un giorno bisognerà scontrarsi con una realtà differente perché tutto è effimero e un giorno saranno i Giovani a prendere il posto dei Vecchi, sperando nel cambiamento di questa generazioni di sdraiati.

Ti ho sentito ancora: Sono quiiiii! Papààààà!

Eri in alto.

Ti ho chiamato — Aspettami! — ma non hai risposto. Non mi sentivi più.

Finalmente potevo diventare vecchio.

Marco Bonadonna

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