La guerra dimenticata della Somalia

Il caso della Somalia ci riguarda da vicino, eppure se ne parla poco. Ecco cosa è successo (e cosa continua a succedere) nella nostra ex-colonia

Remo Gilli
Iride Magazine
4 min readDec 31, 2016

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Uno dei casi d’odio più sanguinosi — e forse meno discussi dai mass-media — che la storia recente ricordi è il conflitto che dal 1991 interessa il Corno d’Africa e, in particolare, la Somalia. Per tutti i 25 anni successivi all’inizio della guerra civile, il Paese è stato scosso ripetutamente da lotte combattute dai signori della guerra e dai loro clan, dalle ingerenze nelle questioni interne da parte di paesi della Nato e dell’Unione Africana, dal terrorismo e dal fondamentalismo islamico. A questi problemi si sono aggiunti la questione della pirateria somala nel Puntland, non ancora debellata, e del Somaliland — stato autoproclamato e non riconosciuto dalla comunità internazionale — al confine col Gibuti, a nord della Somalia.

Somalia: una realtà difficile da interpretare

Innanzitutto, i somali sono presenti, oltre che nell’attuale Repubblica Federale Somala, anche in altre entità statali: Kenia, Gibuti e soprattutto Etiopia. Inoltre, il 99% della popolazione è di religione islamica sunnita a prevalenza sufi. Infine, dall’indipendenza del 1960 ad oggi è sempre stata abbastanza debole l’idea di Stato unitario nel popolo somalo.

Oggi, a quattro anni dall’inizio del nuovo corso democratico, è cambiato poco o niente per le strade della capitale e delle altre città del territorio. Da quanto è emerso al vertice internazionale di Mogadiscio del 2015, infatti, non ci sono ancora i presupposti per garantire lo svolgimento regolare delle elezioni. L’odio, fomentato da interessi economici da un lato e religiosi dall’altro, è ancora un tema d’attualità per i cittadini somali.

Una debolezza strutturale

Il motivo di questa debolezza strutturale risiede nel DNA della nazione stessa. All’indomani della caduta del General Maggiore Mohammed Siad Barre, la Somalia si presentava per quello che era: un insieme di gruppi etnici, clan e sotto-clan tutti in cerca della supremazia. Senza un potere centrale forte e autoritario, il Paese si è ritrovato a fare i conti con il disordine, l’orrore dei crimini perpetrati dai signori della guerra e la totale indifferenza della comunità internazionale. Il fallimento delle missioni umanitarie del 1993 ONUSOM I e II e Restore Hope — promossa dagli Stati Uniti — hanno lasciato la Somalia ancor più alla mercé di questi gruppi votati all’odio territoriale, etnico e religioso.

Quando nel 1995 l’ONUSOM si è ritirata definitivamente, la Somalia è entrata nel caos più totale. Il vuoto di potere ha fatto scivolare l’intera popolazione in un inferno fatto di guerre e carestie, provocando un massiccio esodo e una forte radicalizzazione religiosa in coloro che hanno deciso di restare. Solo nel 2000 si è giunti ad una risoluzione grazie alla mediazione del Gibuti, dapprima con un Governo Nazionale di Transizione, poi con un Governo Federale di Transizione, fino all’ordinamento attuale. Oggi la Somalia è una Repubblica Federale. Si è giunti a questo ordinamento nel 2012 con l’elezione del presidente Hassan Sheikh Mohamud, in seguito a un lento processo a cui hanno partecipato le Nazioni Unite e alcune delle maggiori forze dell’Unione Africana.

La guerra civile finisce, le tensioni rimangono

Il percorso non è stato semplice, e non lo è tutt’ora. Nel 2005 la Somalia si è trovata di nuovo coinvolta in un conflitto interno, questa volta contro le Corti Islamiche. Tra questi gruppi fondamentalisti emerge Al-Shabaab, il braccio armato delle Corti Islamiche legato ad al-Qaeda.

Dall’inizio della guerra civile si stima che i morti abbiano superato il mezzo milione. Secondo l’Acnur, le persone costrette dalla violenza a lasciare le loro case o addirittura a cercare rifugio all’estero sono un milione e 980mila. Oggi si contano altri morti: quelli causati dagli scontri co al-Shabaab che, al pari di Boko Haram in Nigeria, si è associato all’Isis. Le missioni anti-pirateria degli ultimi anni hanno sortito dei buoni effetti, ciononostante il fenomeno continua ad esistere nel Puntland, soprattutto nel distretto di Bari. Soltanto la questione tra Somalia e Somaliland sembra essere sulla via della risoluzione, anche se lo stato autoproclamato sta vivendo a sua volta una guerra interna tra dissidenti di diverse fazioni.

La guerra iniziata nel 1991 non è ancora finita. Nonostante ciò, la comunità internazionale sembra essere inerte di fronte alla situazione drammatica che il popolo somalo è costretto a vivere da decenni. Come sia possibile che questa guerra non sia ancora stata risolta, rimane un mistero. Forse gli interessi sono altri: lo dimostra il successo ottenuto nello sgominare alcune delle più grandi associazioni di pirateria che imperversavano sulla rotta commerciale internazionale del canale di Suez. Una macchia color rosso sangue sul prestigio di tutte le organizzazioni internazionali di pace. E sulle nostre coscienze.

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