La Maddalena non era una troia

Eugenio Damasio
Iride Magazine
Published in
6 min readMar 11, 2016
Le foto sono una selezione del Calendario de “La Maddalena” di Alessio Ursida, 2013

Per alcuni, Maria Maddalena era la prostituta che si unì ai discepoli di Gesù seguendolo sin sotto alla croce, per altri, dal re dei best seller Dan Brown a vari studiosi appassionati di dietrologie bibliche, era addirittura la compagna del figlio di Dio, con cui si sposò ed ebbe due figli.

Per i genovesi, invece, La Maddalena è uno dei quattro sestieri che compongono l’antico centro storico: un sestiere che incorpora la meraviglia di Via Garibaldi, patrimonio Unesco, e i problemi del Ghetto ebraico dove operava Don Gallo. La Loggia di Banchi, dove è nato il concetto moderno di bancarotta, e una via che da il nome all’intero sestiere e in cui ogni giorno le maddalene aspettano i loro clienti, sedute sotto ai portoni.

Sono moltissimi quelli che, anche solo con una una minima conoscenza dei Carüggi,(il modo indigeno di chiamare la città vecchia), quando sentono parlare di Via della Maddalena, rispondono con un ghigno ironico: «Ah, la via delle bagasce!» Ecco, Via della Maddalena, così come la Santa, è molto, molto di più.

Storicamente, la strada che unisce la zona di San Luca a quella delle Fontane Marose, rappresentava un crocevia fondamentale del centro storico medioevale genovese. Luogo da sempre abitatissimo, (oggi nel sestiere si ha una densità di popolazione tre volte maggiore di quella di Hong Kong), per secoli, Via della Maddalena è stata una delle strade più lunghe della città, arteria principale di commerci e passaggio di ospiti stranieri. Ma quando, nel Cinquecento, i nobili dell’aristocrazia genovese decisero di costruire appena sopra Strada Maggiore, oggi, come detto, patrimonio dell’umanità, la Maddalena perse la sua funzione principale e divenne, in pochi decenni, periferica.

A pochi metri di distanza l’una dall’altro, le due strade parallele iniziarono da subito a rappresentare le due facce di una città: da una parte ricchissima e opulenta, dall’altra popolare e cupa. Nei vicoli innalzati nel corso dei secoli, livello dopo livello, più per necessità che per progettazione urbanistica, il sole batte poco: squarci di azzurro e di luce qua e là ti ricordano, invece, che sopra all’ardesia dei tetti c’è anche il cielo.

Alessio Ursida©

La Maddalena di oggi è un microcosmo fatto di contraddizioni e mix di culture: puoi trovare un parrucchiere arabo, un sarto nigeriano o un ristorante eritreo. E sì, alla Maddalena puoi trovare ancora le prostitute; lavorano soprattutto durante il giorno, nell’ora di pranzo, magari le puoi incontrare in fila al supermercato e vederle pagare coi Ticket Restaurant del Comune (per gli impiegati del Municipio di Via Garibaldi bastano venti metri in discesa per passare la pausa pranzo in compagnia).

Alla Maddalena, però, almeno da dieci anni a questa parte, c’è un gruppo di residenti che, ogni giorno, lavora per rivalutare il quartiere in cui vive e proprio la strada che percorre tutte le mattine.

Paola Montano è arrivata nel 2000. Abitava sulle alture della città e, ai tempi, aveva una sola figlia; la Maddalena le ha cambiato la vita catapultandola in un luogo tanto complicato quanto vivo. Quello che traspariva, infatti, entrando in un negozio o passeggiando per la strada, era il senso di comunità che, nonostante tutto, la Maddalena aveva in sé. Un sentimento che, sin dal primo giorno, Paola ha contribuito a mantenere vivo e ad alimentare investendo in un esercizio commerciale, diventando vicepresidente del CIV e creando aggregazione intorno a eventi e proposte portate avanti con gli altri residenti.

«Quello che è importante è creare un contesto di coesione sociale ancora superiore su di in un nastro di duecento metri in cui si snoda una incredibile quantità di associazionismo e voglia di comunità»

mi dice raccontandomi la sua esperienza di cittadina attiva. Chi alla Maddalena è residente, infatti, non può che considerarsi integrato nella vita della zona grazie soprattutto al lavoro delle scuole di quartiere: «il problema è riuscire a coinvolgere in questa modalità gli utilizzatori “liquidi” della strada”, è difficile coinvolgere semplicemente chi passa».

Lo sa bene Caterina Pizzimenti che già prima di risiedere alla Maddalena, quattordici anni fa, era presidentessa dell’Ambulatorio Internazionale Città Aperta di Vico del Duca: un presidio sanitario e sociale nascosto a pochi metri dal Municipio.

«L’idea di chi abita qua è quella di cambiare destinazione d’uso della strada, rendendola vivibile da tutti».

Negli ultimi anni sono stati sviluppati, proprio insieme a Paola e agli altri gruppi associativi o residenziali, progetti di ogni genere: dalle fiere di strada allo street volley di Piazza Cernaia sino al più recente “Fatti mandare dalla mamma”: una rete di negozi amici ben riconoscibili che forniscano aiuto ai minori lasciati via via più liberi di girare da soli, tornando a giocare per strada. Un progetto presentato mesi fa che, purtroppo, e come per troppe altre iniziative, deve scontrarsi con complicazioni e incomprensioni continue per vedere pienamente la luce.

Perché, anche se è innegabile dire che dove una volta c’era un palazzo abbandonato oggi sta un asilo nido nuovo di zecca, è altrettanto innegabile dire come questo asilo, gestito per bando da privati, abbia un costo elevato, lontano dalle disponibilità di molti residenti; o, pur avendo chiuso locali per problemi di ordine pubblico, non si riesca a gestire l’apertura di nuovi che, nel giro di pochi giorni, tornano a essere luoghi di illegalità e disordine. E se, da una parte, rimangono in piedi negozi storici come un pastificio che fa le migliori trofie del centro storico o una rosticceria che, sempre aperta, presidia la strada creando comunità, dall’altra, ogni giorno alla Maddalena è un giorno di resistenza e impegno.

Alessio Ursida©

Tutto poggia su un equilibrio molto fragile. Il complicato incastro di manifestazioni positive da una parte e di innegabili oasi di illegalità e degrado dall’altra, vede un continuo sviluppo di situazioni potenzialmente complicate, di conflitti e di risoluzioni da gestire con attenzione, comprensione e fiducia nei confronti di chi il quartiere lo abita, della comunità che lì esiste e resiste. La stessa fiducia ottimistica che gli apostoli diedero a Maria Maddalena quando, prima “evangelista”, tornò dal sepolcro annunciando che Gesù era risorto. Anche se la tradizione la dipinge come tale, questa, infatti, non fu mai una prostituta, né una peccatrice: come spesso succede per la trasmissione dei Vangeli, Maria Maddalena divenne simbolo delle donne macchiatesi di peccati e adulterio solo per un errore di comprensione operato secoli fa e mai più analizzato o decostruito.

La Maddalena, ne sono certo, risorgerà.

E lo farà grazie all’impegno quotidiano e collettivo di migliaia di residenti, una comunità variegata e in continua mutazione, ma accadrà solo quando, finalmente, si imparerà a guardarla con attenzione, ad analizzarla, proponendo “insieme a lei” finalità alternative all’illegalità.

Già oggi, infatti, la Maddalena è senza dubbio molto di più della strada in cui stanno le prostitute, molto di più della adultera moglie di Cristo.

Testo di Eugenio Damasio — Fotografie di Alessio Ursida

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