La Paura for Dummies

Cosa succede quando abbiamo paura, dove ha origine e come si supera?

Claire Power
Iride Magazine

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Cos’è la paura?

La paura è una delle nostre emozioni primarie, risposte psicofisiche innate e universali a stimoli esterni o interni, tra le quali di solito vengono elencate il disgusto, la gioia, la paura, la tristezza, la rabbia e la sorpresa. Come ci insegna Inside Outil film Pixar a metà tra una lezione di psicologia e un trip allucinogeno all’interno del cervello di un’adolescente — ognuna di queste emozioni ha uno scopo. Quello della paura in particolare serve a reagire di fronte ad un pericolo.

Mettiamo che stai tornando a casa dopo una serata con gli amici. Sei solo e senti dei passi dietro di te. Rabbrividisci e si rizzano i peli sul corpo. Il tuo cervello, in modo totalmente autonomo e inconscio, ha già cominciato a lavorare per te. Tramite segnali chimici, lancia delle istruzioni al corpo di prepararsi al rischio: aumenta il battito cardiaco, si dilatano le pupille per far entrare più luce, il sangue viene inviato primariamente verso gli arti che diventano tesi e pronti a scattare (causando il pallore, il freddo e la pelle d’oca). Così, prima ancora di sapere se dietro di te c’è una vecchietta o un grosso orso che indossa le scarpe, sei pronto. Allo stesso tempo, il tuo cervello ha iniziato un altro processo, che è un po’ più lento, con cui analizza meglio la situazione, in base alle esperienze precedenti e alle informazioni che colleziona sul momento. Nel caso in cui dovesse capire che la vecchietta è innocua, ti lascia libero di riprendere la tua passeggiata notturna. Se per caso, si rende conto che hai un orso alle spalle, invece, ti ordina di agire, combattendo o scappando: è la fight or flight response. Ti suggerisco di non provare a combattere contro un orso, perché nonostante appaiano come simpatiche creature che passano il loro tempo a rubare cestini ai turisti nel parco di Yellowstone, sono micidiali. Con o senza scarpe.

Perché abbiamo paura?

Senza paura non sopravviveremmo a lungo. Ci sporgeremmo troppo da un balcone, attraverseremmo i binari di un treno in arrivo, ci rotoleremmo in un letto di serpenti velenosi (no, forse questo non lo faremmo a prescindere). Negli umani, come in tutti gli animali, lo scopo della paura è promuovere la sopravvivenza. Durante l’evoluzione umana, le persone che avevano paura delle cose giuste sono sopravvissute trasferendo i propri geni ai figli. In questo modo, la paura e le sue reazioni sono state selezionate come vantaggiose per l’uomo. Per questo, alcune paure comuni rimangono quelle dei serpenti, dei ragni, dei ratti, che possono essere velenosi o portatori di malattie.

Gli esseri umani, poi, sono dotati anche del senso di anticipazione, cioè tentare di prevedere cose terribili che possono succedere, ad esempio cose che abbiamo letto o di cui abbiamo sentito parlare. Anche se non abbiamo mai fatto esperienza di un incidente aereo, non vuol dire che non stringeremo la mano del nostro vicino durante il decollo, aggrappandoci con l’altra al corno rosso che teniamo in tasca. Anticipare uno stimolo di paura può provocare la stessa reazione dell’esperienza in sé. Anche questo è un beneficio evolutivo: le persone che vedendo piovere si rintanavano nelle grotte anticipando i fulmini avevano meno probabilità di rimanere fritti.

Tuttavia, la paura non è solo naturalmente acquisita, ma può provenire anche da condizionamenti esterni, per esempio da esperienze traumatiche, come essere morso da un cane. Nel 1920, in uno tra gli esperimenti più cazzimmosi di sempre, lo psicologo John Watson ha instillato in un bebè la paura per i ratti bianchi. Quando “Little Albert”, a undici mesi, è entrato nel laboratorio di Watson non ne aveva paura. Anzi, cercava di toccarli. Quando questo succedeva, lo scienziato e i suoi assistenti producevano un forte rumore per spaventarlo. E ancora, e ancora. Finché alla sola vista di quei poveri animaletti il bambino scoppiava a piangere.

Quindi mentre alcune paure sembrano essere diffuse quasi universalmente, altre sono influenzate da specifici contesti, personali o culturali. Io che sono cresciuta alle falde del Vesuvio, mi sveglio al suono di un treno che passa, temendo un terremoto premonitore. Dubito che questo vulcano visiti gli incubi degli abitanti di altre zone di Italia.

Le paure più comuni in qualche modo riguardano l’ambito della morte: che siano animali pericolosi, gli aghi, gli spazi piccoli, o un aereo che precipita. Altre, mi sembrano invece più “originali”: ho conosciuto una persona che non riusciva a stare nella stessa stanza di una pesca, e una che rabbrividiva alla mera menzione della parola latte.

Compaiono anche le nuove paure tecnologiche: di rimanere senza wifi, che si scarichi o il rompa il telefono, e quella provocata dall’uso massiccio di social network: FOMO. Fear of missing out. Paura di rimanere esclusi. Sai quando hai deciso che l’unica cosa che vuoi fare il sabato sera è rimanere a casa a mangiare pizza in pigiama perché sei stanco e tanto il locale dove vanno i tuoi amici è costoso e privo di persone di tuo interesse. Poi, nella beata noia del riposo scrolli facebook. I selfie dei tuoi amici sbandierano cicchetti gratis, un senso dell’umorismo interno, l’incontro con un vip minore. Il pentimento ti spinge tutto il mese successivo a sopportare sbronze senza scopo, battute razziste e la superficialità di un tronista. FOMO.

Se queste paure diventano estreme, impedendoci totalmente di affrontare situazioni di esposizione allo stimolo o generando comportamenti ritualistici ripetitivi per affrontarle, prendono il nome di fobie. Chi è germofobico potrebbe sentire il bisogno di lavarsi le mani in maniera ossessiva.

Come si affrontano le paure?

Uno dei metodi più comuni per superare una fobia è la terapia comportamentale e in particolare l’esposizione. Ci si avvicina gradualmente all’oggetto della nostra paura in contesti di sicurezza. Il nostro cervello piano piano formerà delle nuove memorie, neutrali, legate allo stimolo spaventoso. Se io avessi il terrore di parlare in pubblico potrei cominciare col parlare allo specchio, poi con il mio cane, successivamente coinvolgere svogliatamente la mia famiglia e allargare il gruppo fin quando, anche con il permanere della paura, io riuscissi a salire sul palco ad annunciare lo spettacolo del cane acrobata. L’importante è fare un passo per volta.

Sembra il modo più logico di superare una paura questo, ma ci sono altri trucchi che penso ognuno di noi abbia per conviverci. Di solito, informarsi è uno step utile. Da un lato, spesso sono le cose che conosciamo poco o non riusciamo a vedere chiaramente a sembrarci più pericolose: il buio, il mare profondo, uno straniero. Dall’altra, le rappresentazioni dei media possono influenzare la nostra percezione del rischio: nonostante vi siano più incidenti automobilistici rispetto a quelli aerei, consideriamo le auto più sicure rispetto a quelle scatole con le ali che a volte piovono dal cielo ai telegiornali. Uno schianto, un morso di squalo, un attacco terroristico nel mondo occidentale sono più sensazionalistici di un cancro o del diabete, anche se c’è una maggiore probabilità che si muoia per questi ultimi.

Così quando ho cominciato ad avere paura di volare, ho ascoltato il podcast How to survive a plane crash (Come sopravvivere ad uno schianto aereo).

Ho scoperto che: il maggior numero di incidenti aerei avvengono ad atterraggio e decollo, per cui non precipiterei da 30,000 metri di altezza verso il suolo, in una caduta terrorizzante e lunghissima. Che statisticamente chi siede dietro ha meno probabilità di morire. E che mi conviene contare i posti dall’uscita di sicurezza in caso di scarsa visibilità durante un’emergenza.

Poi, con grande affetto, a chi soffre la stessa preoccupazione, consiglio un metodo superiore ad ogni altro: il Corso per Interpretare le Istruzioni dell’Aereo.

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