Mio nonno era un partigiano Bianco. Ed io?

Eugenio Damasio
Iride Magazine
Published in
3 min readApr 25, 2017

Caro Nonno,

ti scrivo perché non l’ho mai fatto prima. Ti scrivo perché non ti ho mai conosciuto davvero, mi hai lasciato troppo presto. Ti scrivo perché, anche quest’anno, è arrivato il 25 aprile.

Ti ho visto ogni giorno della mia vita, appeso sul frigofero, ma di te ricordo soltanto le caramelle alla menta, le sigarette e i racconti dell’Antola, di quando eri ragazzo e avevi deciso di andare in montagna, di essere partigiano. Ti scrivo perché, oggi, ho la tua età di quando, ieri — dopo l’Armistizio — hai abbandonato la tua comoda posizione di istruttore carrista per diventare staffetta nell’entroterra e combattere per la liberazione. Sei cresciuto durante il fascismo, hai conosciuto il regime e hai scelto la democrazia: hai scelto di combattere per far sì che io, che i tuoi nipoti, potessero avere la possibilità di stare qui a scriverti questa lettera. A permettersi il lusso di studiare, di muoversi e crescere in uno Stato repubblicano in cui

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E lo hai fatto senza un colore o un’ideologia da difendere: eri un partigiano Bianco. Uno di quei, tanti, partigiani di cui, poco alla volta, abbiamo perso memoria. Le Brigate Garibaldi, il CNL, Giustizia e Libertà, sigle e formazioni che hanno fatto la storia della Resistenza, sono diventate centrali nell’epica della lotta al nazifascismo, mettendo in secondo piano la lotta portata avanti da persone come te o come il tuo comandante, Bisagno.

Io stesso, ad essere sincero, ti ho messo in secondo piano. Eppure il 25 aprile ho sempre partecipato alla Manifestazione, eppure il 25 aprile è sempre stata per me la giornata più importante dell’anno. Un Natale laico che anno dopo anno sbiadisce, incapace di generare nuovo entusiasmo e nuove narrazioni: un appuntamento sempre più distante dal nostro tempo e dalle nostre esistenze solitarie. È per questo che quest’anno ho deciso di scriverti, di provare a interpellarti con una domanda a cui non riesco a trovare risposta:

Cosa farei se mi trovassi nella situazione in cui tu ti sei trovato alla mia età?

Salirei in montagna? Sarei disposto a mettere tutto in discussione per difendere chi mi è vicino? Per dare un futuro a nipoti che potrei non avere mai? Sarei capace di Resistere?

Settant’anni dopo che tu e la nonna vi siete conosciuti là, in montagna, quando lei veniva a portarvi da mangiare e a curarvi le ferite, il Mondo è cambiato drasticamente. Per spiegarti davvero cosa è successo dovrei raccontarti della globalizzazione e delle crisi, della rivoluzione digitale e dell’effetto serra, della secolarizzazione e della fine delle ideologie. Ma non ho abbastanza spazio e tu, giustamente, non avresti voglia di ascoltare cose che, in fondo, sono incomprensibili a tutti. Soprattutto a me, soprattutto a noi. Una generazione sempre più incapace di raccogliersi intorno a storie che sappiano guardare più lontano del domani, di prospettarsi nel futuro, di dare una forma all’avvenire. Una generazione a cui non hanno mai davvero raccontato il passato e che galleggia in un presente eterno, fatto di precarietà e incertezza. Non siamo mai stati coinvolti direttamente in alcun conflitto armato ma, all’orizzonte, le tensioni insanabili, le violenze, le paure sono sempre più forti. La divisione e l’odio sono tornate ad essere protagoniste della contemporaneità come lo erano quando tu avevi la mia età. È così che, in un modo o nell’altro, come lo hai fatto tu, come avete fatto vi, dovremo imparare a resistere e dovremo organizzarci per farlo al meglio, per non lasciarci trascinare dalla corrente impetuosa che una volta si chiamava totalitarismo e che oggi si chiama Mercato.

Questa volta, però, non so se ne usciremo da vincitori. So però che, anche se non ci siamo mai conosciuti, dentro di me, dentro di noi, stanno tutti gli ingredienti necessari a lottare. Abbiamo gli stessi occhi, lo stesso naso, lo stesso sorriso: in me, in noi, sta il gene della Resistenza.

Ciao Nonno,

Buon 25 aprile.

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