Mio padre è un chirocefalo

Un crostaceo e tre storie di resistenza

Espérance Hakuzwimana
Iride Magazine
3 min readApr 21, 2017

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Lago di Pilato (Fonte: Flickr, Catabrasimo)

Una volta ho chiesto a mio padre quale lavoro avrebbe voluto fare da piccolo. Eravamo nell’ufficio in cui passa praticamente dieci ore al giorno, e con tutta la tranquillità del mondo mi ha risposto l’aviatore.

A quella storia non ci ho più pensato fino a quando non mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla resistenza.
Così — dato che quella della resistenza mi è sempre parsa una faccenda di radici e di famiglia — ho pensato a mia nonna Anna, la madre di mio padre appunto.
Sarta da generazioni; me la ricordo con un ago e filo sempre infilato sulla parte superiore dei suoi vestiti e un sorriso glaciale. Sentendola parlare, negli anni ho scoperto che oltre a cucire, durante la guerra, aveva aperto un asilo in casa in cui ospitava ovviamente mio padre orfani, i figli di partigiani o di famiglie che non avevano niente, nemmeno la forza di crescere qualcuno.
Come storia sulla resistenza sarebbe potuta già bastare così.
Il problema è che di mia nonna non ho mai saputo molto altro. Amava camminare, questo sì. Quando aveva ancora le “gambe buone” faceva lunghe passeggiate nel verde della sua terra: le marche. Era cresciuta nell’entroterra e da adulta venne sradicata per andare sulla costa del maceratese. Dai racconti sporadici e brevi di mio padre, durante le estati terribili al mare, ha sempre avuto nostalgia per i monti del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

Per una coincidenza a cui non credo, poco tempo fa un’amica che non sapeva niente dei sogni di mio padre né tanto meno dell’asilo improvvisato di mia nonna, mi ha parlato di una canzone che racconta una storia assurda e meravigliosa. Ambientata proprio nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Più precisamente Lago di Pilato (1919 mslm), ai piedi del Monte Vettore, ai confini tra Umbria e Marche.
Il lago di Pilato (Ascoli Piceno) — chiamato così per una leggenda per la quale sul fondo ci sia proprio il sepolcro del più famoso giudice Ponzio — è un bacino dalle acque gelide che ospita un piccolo Crostaceo Anostraco: il Chirocefalo del Marchesoni (Chirocephallelus Marchesonii).
Questa seconda storia di resistenza è iniziata tra il 1953 e il 1957. Quando in una delle sue escursioni sui Monti Sibillini, il Direttore di Botanica nell’Università di Camerino, Vittorio Marchesoni — da qui il nome — ha scoperto l’esistenza di questo crostaceo.
Lungo dai 9 ai 12 millimetri, questo piccolissimo branchipode vive all’interno del lago di Pilato e in nessun altra parte, essendo unico al mondo. Nonostante il suo aspetto in apparenza fragile e indifeso questo crostaceo resiste a tutti gli stress ambientali a cui viene sottoposto, continuando a sopravvivere all’interno di un piccolo lago marchigiano.
Questo perché il ciclo biologico del Chirocefalo è sincronizzato col ciclo annuale del lago di Pilato. Il quale è diventato, ed è tuttora, l’unico e ultimo habitat di rifugio che riesce ad assicurarsi le caratteristiche ambientali e le condizioni climatiche necessarie per la sopravvivenza di questa specie.

La settimana scorsa mio padre mi ha scritto dicendomi che sua madre, con l’ago e il filo sempre appuntato sulla parte posteriore del vestito, è venuta a mancare. E che sarebbe ritornata tra i suoi Monti Sibillini non me l’ha scritto ma io l’ho letto comunque.
E lì l’ho vista la mia terza storia di resistenza. Chiara, limpida. Probabilmente come le acque del lago Pilato.
Mio padre è un Chirocefalo del Marchesoni.
Perché ha vissuto la sua vita in un ambiente paragonabile alle acque gelide ed inospitali del lago Pilato e ha resistito, esattamente come mia nonna, e resiste ancora.
Come un piccolo crostaceo che non può andare da nessun altra parte per non rischiare l’estinzione, e allora se ne sta fermo in quelle acque. Nuotando a pancia in su, illudendosi di essere chissà dove.
E alla fine anche mio padre, come lui — e forse anche meglio — se ne sta nel suo ufficio in cui passa quasi dieci ore al giorno per non rischiare tutto un altro tipo di estinzione. Ma al posto della pancia ogni tanto alza la testa. Sul suo soffitto ci sta appeso un aeroplanino di plastica.

Esperance H. Ripanti

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