Party with the Russians

Ovvero di come Trump potrebbe salvare l’Eurasia

Lucia Marinelli
Iride Magazine
4 min readJan 1, 2017

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Un messaggio dalla steppa

E’ Aprile del 2016 e sul lago Valdaj, nel nord della Russia, circa 800 professori provenienti dalle migliori università del mondo si sono radunati per discutere di economia e geopolitica.

Ormai è una tradizione iniziata dal 2004. Gli ospiti accorrono da Stanford, Harvard, Tel Aviv, dalla London School of Economics e dalla Sorbona fino alle verdi valli dei Monti Valdaj per confrontarsi una settimana con omologhi russi e rappresentanti del Cremlino.

Quest’anno però alla fine dell’evento succede qualcosa che rompe l’aura di etereo politcismo che poteva contraddistinguere il convegno.

Andrej Sušencov, il padre fondatore della Fondazione Valdaj, e Michael Kofman, del Wilson Center, pubblicano un documento che ci costringe a fare i conti con lo scenario geopolitico intorno a noi.

Il rapporto incriminato si intitola “Che cosa rende possibile la guerra fra grandi potenze” e nelle sue pagine afferma nero su bianco come «la probabilità di una guerra fra grandi potenze continua a crescere nell’attuale ambiente internazionale, e soprattutto preoccupa l’alta probabilità che possa emergere in modo inatteso». Inoltre «un conflitto sarebbe difficilmente localizzato, giacché a provocarlo serve da subito un’escalation orizzontale e verticale, in modo da assicurare il successo di questa o quella potenza»

Chi sarebbero i principali contendenti di questa nuova guerra è presto detto: Russia e Stati Uniti.

Un simile messaggio porta indietro gli orologi della Storia, superando gli anni della guerra fredda fino ad arrivare alla tesa estate del 1914.

Un’ipotesi poi ripresa dal politologo russo Sergej Karaganov che in un’intervista di luglio allo Spiegel dichiara come «siamo in modalità prebellica da otto anni, ovvero dalla guerra di Georgia, quando già la fiducia fra le grandi potenze tendeva allo zero». Aggiungendo come «la propaganda che circola adesso ricorda il periodo che precede una nuova guerra». Ma come si è arrivati a tanto?

No, we can’t

Era il 2009 quando il Neoeletto presidente Obama appena arrivato alla Casa Bianca sbandierava l’intenzione di ricucire una volta per tutte il rapporto con Mosca. L’obbiettivo era piuttosto semplice, guadagnarsi il sostegno del Cremlino per arginare l’ascesa della Repubblica Popolare Cinese. Sempre nello stesso anno Barack Obama annunciò l’azzeramento dei rapporti bilaterali e l’avvento di una nuova alleanza con la Russia.

Le speranze immediatamente successive all’insediamento crollarono nel 2013 su due fronti: la Siria e l’Ucraina. In primo luogo il governo di Putin impedì agli Stati Uniti di intervenire contro Al Assad. Successivamente il Pentagono si vendicò con il fenomeno Euromaidan, le manifestazioni a Kiev cavalcate dagli USA.

La crisi ucraina era materia di cui si occupavano da tempo diplomatici e spie statunitensi interessati non solo ad espandersi verso la prima linea difensiva russa, ma soprattutto gli interessi a stelle e strisce vertevano sull’ostacolare il tentativo tedesco di estendere la propria influenza sul piccolo paese europeo.

Il risultato è a portata di mano. La campagna USA ha sottratto Kiev al controllo di Mosca, influito negativamente sui legami russo-tedeschi e parzialmente unito l’Europa occidentale attorno alla superpotenza. Dopo questi avvenimenti la Russia ha subito pesanti sanzioni militari ed economiche suddivise in 4 round. Secondo la rivista Limes di ottobre 2016, nel 2014 il Pentagono ha ordinato la rotazione di 1900 militari statunitensi nei paesi baltici, in Polonia, Romania e Bulgaria. Nel marzo dello scorso i soldati sono saliti a 3000, accompagnati da 750 carri armati.

Ma le interferenze fra Russia e Stati Uniti non si stanno manifestando solo attraverso i convenzionali canoni bellici, quelli della grande Storia Classica fatta di Bene vs. Male, militari e carte geografiche.

Ne è un esempio il fronte “cyberguerra” emerso a novembre. Quando Obama si era dichiarato pronto a lanciare un attacco informatico contro i server del Cremlino dopo le incursioni di hacker russi nella campagna elettorale americana.

Il fattore T

Su uno scenario così fragile per la maggior parte dell’opinione pubblica l’elezione di Trump potrebbe essere l’equivalente dell’attentato a Francesco Ferdinando. O forse no.

In campagna elettorale il Paperone di New York, fra un motto razzista ed un altro, ha anche portato avanti un progetto economico protezionista che avrebbe i suoi vantaggi per noi Europei.

«L’Alleanza Atlantica è ormai obsoleta. È stata creata moltissimi anni fa e la situazione internazionale è oggi notevolmente diversa. Spendiamo troppo e non possiamo rischiare di combattere la terza guerra mondiale per proteggere nazioni che non pagano», ha tuonato Trump guadagnando la fiducia degli elettori (secondo il Pew Research Center, oggi solo il 37% degli americani sarebbe favorevole a un maggior coinvolgimento nelle questioni internazionali).

Il protezionismo economico va di pari passi con l’isolazionismo. Assetto che prevedrebbe gli States chiudersi su loro stessi abbandonando campagne preventive in modo da evitare coinvolgimenti e spese superflue. Inoltre la Russia passerebbe da nemico ad alleato in una visione di lotta al terrorismo.

Sul piano teorico dunque sarebbe possibile vedere in futuro una collaborazione fra il Cremlino e la Casa Bianca. Staremo a vedere che cosa ne penserà il Congresso, vera forza della politica americana. Un potere quello delle lobby e degli apparati federali che costituiscono uno Stato Profondo più influente del presidente stesso. Lo aveva già detto Kennedy che, intervistato da una signora riguardo il suo programma politico, rispose: «Posso dirle le mie intenzioni ma non so se l’amministrazione federale le condividerà».

Solo col tempo capiremo quanto Trump riuscirà a negoziare del suo programma elettorale e quanto sarà invece disposto a cedere. E chissà di cosa parleranno il prossimo anno nell’altopiano del Valdaj.

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Lucia Marinelli
Iride Magazine

I'm bringing Hegel back (e nel frattempo studio Reporting alla Holden) Editor per https://thecatcher.it