Sull’andare in bicicletta

Silvia Muletti
Iride Magazine
Published in
6 min readMay 10, 2017

Si è bravi a fare una cosa quando la si ama.

Le persone sono come le biciclette: riescono a mantenere l’equilibrio solo se continuano a muoversi (Albert Einstein. )

Quando ero piccola passavo molti pomeriggi a disegnare con mia sorella. Lei faceva il liceo artistico e per me rappresentava la maggior esponente di arti figurative della casa, in concorrenza con mio padre che lo era nel disegno di nuvole, e mia madre per la neve sui rami degli alberi.

Un pomeriggio, chiesi:

-“Come si fa a dire quando una persona è brava a disegnare?”

-“Quando non usa mai la gomma”, rispose lei.

Posso dire che queste parole si siano stampate in qualche parte della mia mente e siano gocciolate, in modo silenzioso e perpetuo, creando una pozzanghera ampia che ha bagnato anche altri spazi della mia convinzione sulle cose.

Sei brava a fare qualcosa se non sbagli. Mai.

La bicicletta è un mezzo di trasporto che occupa in altezza una superficie maggiore di quella che poggia al suolo. Ed è questo che rende le cose difficili: il suo utilizzo si basa su un gioco di equilibrio necessario per tenerla in piedi.

L’equilibrio è dato dal misto di velocità e movimento e per imparare, si inizia con le rotelle di sostegno ai lati delle ruote posteriori. Mio zio ci veniva a trovare più spesso, prima di regalare la sua Tipo bianca che “ciuccia un sacco di benzina” a mia sorella, e lì, alto e abbronzato, con le mani nelle tasche delle bermuda beige, mi fa “perché non fai anche il giro di là?”. Ricordo che appena tolte le rotelle, nel cortile rotondo di casa, avevo imparato a curvare solo da un lato e giravo veloce per non perdere questo equilibrio. Il fare il giro opposto non era contemplato: il manubrio era diventato un pezzo di pietra e il mio braccio uguale, restava steso invece di curvarsi assieme al cortile. Mi sono sbucciata e mio zio rise come un matto.

Nonostante quella prima e non unica caduta, posso dare qualche dritta sul come usare la bicicletta.

1. Regolare il mezzo rispetto alla propria statura

Il sellino deve essere più o meno all'altezza dei fianchi: mettetevi in piedi vicino alla vostra bici e con un gesto della mano lisciate la superficie della sella, fino a trovare le vostre anche.

Questi sono i pezzi della bicicletta di Fil, che sta cercando di riassemblare.

Il manubrio non dovrebbe essere troppo in alto rispetto alle vostre spalle -a meno che non abbiate una bmx- né dunque troppo basso, come le bici da corsa che sfruttano questa posizione perché aerodinamica.

Bisogna sapere che la posizione con cui si salta in sella è importante per comodità, velocità e salute del viaggiatore. Controllate la distensione della gamba: col piede sul pedale, fate caso all'angolo creato dal ginocchio; questo non dev'essere a 180° gradi né a 90°, ma leggermente acuto, permettendo lo sfruttamento ottimale della forza in pedalata, senza compromettere i tendini delle gambe e fare inutile fatica.

2. Assicurarsi che i freni funzionino

I freni! I freni della bici funzionano con un meccanismo a tenaglia che chiude la ruota, frizionando il copertone e costringendo così il rallentamento. Nei freni più comuni -il freno a cavo- le tenaglie sono comandate dalle maniglie del manubrio con un filo metallico. Solitamente, il freno di destra aziona la tenaglia della ruota posteriore; il sinistro, della ruota anteriore.

3. Conoscere l’uso delle parti accessorie: campanello e fanali

Campanello: il mio si è momentaneamente auto-sabotato, e a ogni buca regala pezzi al ciottolato. È così che ho potuto studiare le parti che non si possono staccare, e ora ho una buona idea di come sia l’ingranaggio interno che produce il TRINTRIIIN. Mi sono sempre chiesta se il campanello sia da usare come un clacson e se il suo suono raggiunga davvero l’abitacolo dell’auto che sta per investirti. Comunque, può essere utile (e irritante) con i pedoni. Ma io ormai uso la voce AHO perché, il campanello, non l’ho praticamente più.

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Fanali: fate in modo che siano funzionanti. Vale la stessa cosa che per il campanello: non so chi davvero ci faccia caso e se la presenza del ciclista è davvero segnalata dalle luci di posizione (una bianca frontale e una rossa, sotto il sellino o sul parafanghi della ruota posteriore). Ma ci sono, usali. Capita che i pedali abbiano dei catarifrangenti (molto bene, personalmente li trovo la cosa migliore: riflettono altra luce e funzionano sempre, anche a bici ferma e di giorno, e poi hanno quella nota di trash che non guasta mai).

Altri dettagli generici sul mezzo: le ruote hanno forma e dimensioni diverse rispetto al suolo di destinazione: ad esempio, in città, sono sottili. Devono essere periodicamente gonfiate: se la ruota è a terra, cioè sgonfia, rischi di rovinare il copertone o peggio la camera d’aria; se troppo gonfie, non so bene cosa succeda ma dicono di non esagerare. Anche la storia che lasciare al bici al sole d’estate può far scoppiare le ruote, non è mai stata verificata.

Foto dell’autrice

Ora che hai preparato il mezzo, puoi salire in sella; se hai un casco, buon per te perché potrebbe esserti utile. Per lunghi tragitti, sono consigliate delle soste ogni 30 km e se non si è allenati anche ogni 10, indossare dei pantaloncini adatti, con una sorta di “cuscinetto” per evitare il possibile dolore al sedere.

Un ragazzo di Vienna l’ha usata per fare il cammino di Santiago, dalla fine però, verso il confine tra Spagna e Francia. Io e Nicola abbiamo pianificato per mesi la carovana “Encharcaitos” (letteralmente “Gli inzuppati”, o fusi) con cui avremmo pedalato per tutta la costa meridionale della Spagna con una chitarra, fogli per disegnare e una “cucina portatile” da piazzare agli incroci di sosta per offrire il cucinabile, in cambio di ospitalità e soldi per continuare il viaggio. Ora Nicola in bici ci lavora con il bike-tourism, a Siviglia.

Io continuo su una Graziella pieghevole marcata Bianchi e che si chiama Flavia. Non è la miglior bici che mio padre potesse offrirmi, dal suo garage. Sì perché mio padre, ex ciclista, è appassionato di bici e proprio per questo non vuole che io usi una bici troppo bella, perché “te la rubano”, e “ti portano via la sella”, e “ti rompono la catena”, e “non l’aggiustare troppo se no è troppo bella e te la rubano prima.”

La pianura è perfetta per le bici: non ce n’è. È mezzo tradizionale da noi, a Crema. Se te la rubano, è lutto. Lo sa Adalberto che credo sia la persona a cui abbiano rubato più bici in assoluto. E rubare bici, a Crema, è crimine contro l’umanità. In bici, mia madre andava a scuola e a lavoro e da Ripalta erano circa 5 km di campi. Mio padre arrivava sui laghi del comasco e sulle montagne bergamasche per allenarsi. Mia nonna andava a prendere le mie sorelle a scuola: 2 seggiolini, Ileana davanti che era la più piccola, Elisa dietro. Noi, gli amici dei Sabbioni, il quartiere dove abitano ancora i miei genitori , partivamo dalla piazza in bici, per andare in centro, occupando tutta la carreggiata. Poi si andava sui canali, ai fontanili, alle Madonne dell’acqua-tutti i piccoli santuari appollaiati sopra le dighe, e i filoni di terra che costeggiano i rivoli e i campi di mais. Era bello andare con la presa forte sul braccio dell’altro e lasciarti trascinare.

Non so come risponderei oggi, alla domanda che ho fatto da piccola, quando uno è bravo a fare qualcosa.

Forse, si è bravi a fare una cosa non quando non si sbaglia, ma quando si prova piacere nel farla.

Silvia Muletti

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