Vista da città alta

Bergamo capitale della cultura?

Un commento personale sulla vicenda di Corti.

Giordano
Italia solidale
Published in
4 min readSep 12, 2013

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Cultura scolastica

Ormai è diventato tristemente celebre alla cronaca bergamasca e italiana quanto accaduto a Corti (Costa Volpino): la prima elementare della scuola del paese sarà composta da quattordici bambini stranieri a causa del ritiro, da parte dei genitori, dei sette bambini italiani che risultavano già preiscritti.

Il commento dell’assessore all’Istruzione Mariagrazia Capitanio risulta purtroppo non poco raccapricciante:

“Penso che alcune famiglie abbiano poi preferito l’offerta formativa di altre scuole del paese. Che magari hanno la mensa, o un orario più adeguato alle loro necessità. Certo, questo lo sapevano anche prima delle preiscrizioni.”

Così come è diventata celebre alla cronaca (più bergamasca che italiana questa volta) la candidatura di Bergamo a “capitale della cultura”.

Logo della candidatura

Ora, se non sbaglio la fonte principale di cultura nonché luogo di studio della varietà del mondo è proprio la scuola.

“Capitale della cultura” significa solo “città dalle molte opere e persone storicamente e artisticamente/letterariamente rilevanti” o prevede anche la dizione “città nella quale la convivenza ha portato ad un accrescimento collettivo e porterà verso un futuro culturale prosperoso”?

La cultura, quella insegnata a scuola, a maggior ragione se elementare, è la cultura del rispetto. La cultura dovrebbe rappresentare un’analisi nel presente che guardando al passato garantisca un buon futuro e non solo una “fossilizzazione” di eventi, persone e oggetti passati e trapassati.

La cultura è un processo.

Perdere l’occasione

Io, sinceramente parlando, se avessi un figlio e dovessi constatare che nella sua classe di prima elementare ci sono quattordici alunni stranieri, sarei estremamente felice e positivo a riguardo.

Forse perché sono cresciuto con insegnanti, genitori, maestri, che mi hanno fatto capire e hanno ribadito più e più volte l’importanza del rispetto e della convivenza costruttiva.

Forse perché sono cresciuto avendo come compagni di classe e amici bambini e ragazzi stranieri che mi hanno insegnato a non temerli ma a capirli.

Sta di fatto che i genitori della scuola di Corti hanno perso una grossa opportunità, come dice il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge:

“Sta alla scuola la responsabilità di far capire e di promettere ai genitori che la didattica non sarà rallentata dal carattere multietnico della classe e anzi che questo potrà essere una ricchezza”.

Sono preoccupanti le giustificazioni di alcuni genitori:

“una scelta basata su piccole cose, come ad esempio la paura di non poter festeggiare il Natale” dice il dirigente di plesso; “se mio figlio sta a casa perché è malato, a chi chiedo i compiti? Non siamo così in confidenza con le mamme straniere” dice una delle mamme.

Due occasioni perse: anche le mamme che non vogliono entrare in contatto con le straniere.

A cosa può essere dovuto ciò?

Placida Bonadei, alla guida dello Sportello Integrazione competente attribuisce l’avversione dei genitori alla “paura di ciò che è diverso”. A mio parere non si tratta di razzismo, ma si potrebbe definire come un “surrogato” prodotto dalla mentalità forse un po’ troppo chiusa che si sta diffondendo da parecchi anni ormai. Una cultura incrinata e deviata verso un fondo cieco, l’integrazione è necessaria per dare un futuro alla cultura.

Sapere l’italiano o sembrare italiano

Una paura superficiale, che blocca il pensiero all'apparenza fisica e stereotipata dello straniero. Spesso ingiustificata dato che una grande maggioranza degli alunni è nato in Italia o vi risiede fin da piccolo.

Questi stranieri conoscono l’italiano, ma si portano dietro l’apparenza di non saperlo, vestendosi in un determinato modo, avendo un determinato colore della pelle, etc.

Una paura facilmente impedibile dato che sarebbe bastato un breve colloquio con i genitori per illustrare la positività della composizione della classe.

L’integrazione ha un forte bisogno della comunicazione e del confronto, ora ci vogliono più riflessioni che critiche e polemiche. Occorre ridisegnare il concetto di cittadinanza e riportare la cultura e la mentalità delle persone su un binario che abbia un futuro sostenibile.

Matteo Salvini, segretario nazionale della Lega lombarda, scrive sulla sua pagina Facebook:

“SCELTA COMPRENSIBILE, da genitori di buon senso. Ma ovviamente per qualcuno è RAZZISMO… La sciura KYENGE infatti dice “ho sperato che non fosse così, i bambini sono privi dei PREGIUDIZI dei genitori”. Ma STAI ZITTA e piantala di parlare a vanvera! Troppi stranieri, poca integrazione. Con la Lega, fino alla fine, per RESISTERE.”

Questo per esempio non lo ritengo un binario che porta ad un futuro sostenibile.

Senza estremizzare da nessun lato, penso che quanto accaduto rappresenti una possibilità di riflettere sull’efficacia delle pratiche di integrazione.

Bisogna rivedere la concezione di cittadinanza, di rispetto, di crescita, di cultura, di scuola, di famiglia e di paese. Occorrono politiche sociali che mostrino la loro importanza e non solo politiche economiche.

Altrimenti l’umanità delle persone viene meno e si rischia di guardare tutto da un punto di vista utilitaristico.

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Giordano
Italia solidale

Bergamasco, non amo né il verde né la secessione. Pallavolista. Leggo, penso e scrivo. Sociologia in UniTn. 20 primavere alle spalle. Ignoro chi non rispetta