Come questa libreria di Tokyo mi ha fatto innamorare di nuovo della carta stampata

E perché Tsutaya mi suscita qualche dubbio sul primato della cultura digitale

Monica Cainarca
10 min readAug 24, 2015

Negli Stati Uniti, gli amanti dei libri stampati deplorano il momento in cui Barnes & Noble cominciò a invadere le città dell’intera nazione con i suoi megastore, costringendo molte librerie indipendenti a chiudere.

Ma quell’invasione ebbe anche un aspetto positivo, che i newyorkesi di una certa età ricorderanno con affetto: le masse di lettori che riuscivano ad affollarsi intorno agli scaffali delle riviste in quegli enormi negozi. Per la prima volta, invece di preoccuparsi dei rimproveri degli edicolanti (“Qui non si legge! Se ti fermi a leggere, devi comprare!”), i lettori erano liberi di sfogliare centinaia di riviste sui temi più diversi dal wrestling al punk rock.

Quelle stesse sezioni con le riviste, che all’epoca sembravano fari di una cultura della lettura più aperta e accessibile, ora sono spazi tristi e solitari, angoli bui di un business morente.

Così sono rimasto piuttosto sorpreso quando di recente sono entrato nel negozio centrale di Tokyo di una catena multimediale, Tsutaya, e ho visto una marea di gente che affollava la sezione riviste. Il negozio, nel quartiere di Daikanyama, mi è sembrato quasi una testimonianza della forza e della rilevanza continua della parola scritta, un luogo in cui sfogliare, leggere e comprare libri e riviste è un’esperienza popolare e piacevole.

Non è solo il fatto che Tsutaya è un negozio più elegante di molte altre librerie. È che celebra le parole e i libri, e le persone che li leggono e li scrivono, in modo molto curato, seducente e ultra-contemporaneo.

Sia chiaro: si tratta pur sempre di un’attività commerciale, non di un’istituzione culturale. Il negozio vende libri dalle 7:00 di mattina alle 02:00 di notte tutti i giorni della settimana, chiudendo solo per le pulizie e per i rifornimenti. Ed è sempre pieno. Questo primo punto vendita in centro città si è rivelato un tale successo che un altro ha già aperto nella zona di Kanagawa, fuori Tokyo, ed è prevista a breve l’apertura di una terza filiale nel vicino distretto di Futakotamagawa.

Il settore delle vendite di libri e riviste in Giappone è radicalmente diverso rispetto a quello negli Stati Uniti: anche se molti negozi più piccoli hanno chiuso, vittime del commercio on-line, gli e-book non hanno ancora avuto un impatto significativo sul giro d’affari e molte riviste disdegnano persino la necessità di un sito web. Per qualche ragione, i giapponesi sono rimasti molto più legati alla carta stampata rispetto agli americani.

Più tempo passavo girovagando per gli scaffali pieni di riviste, più mi sono convinto che questo negozio è la chiave per capire quel legame più profondo. Ho anche ritrovato io stesso l’amore per la carta stampata, che è stato una sorta di rivelazione shock per me: sono un tipico geek, amante dei viaggi e della tecnologia, con tanto di doppia SIM e al mio settimo Kindle. La mia reazione non è stata il momento di nostalgia di un luddista, ma una risposta a cinque principi specifici che mi sono diventati sempre più chiari man mano che vagavo per il negozio, sfogliando, leggendo e riflettendo.

1. Scrivere e leggere sono attività fondamentalmente fisiche

Il T-Site Tsutaya ha fatto ben più che accumulare una collezione formidabile di libri e riviste: ha anche capito come celebrare la fisicità della scrittura e della lettura. Prendete le decorazioni dell’Anjin, il luminoso spazio bar caffetteria al secondo piano: le pareti sono piene di volumi rilegati di riviste visivamente stimolanti degli ultimi decenni, tutte liberamente disponibili da sfogliare mentre addenti un panino o sorseggi un whisky.

Si tratta di quelle rilegature con copertina rigida verde che chiunque abbia visitato una biblioteca pubblica in America prima del 1990 si ricorderà come il metodo pre-microfiches e pre-digitale di archiviare le vecchie riviste. Sembravano così brutte – sgraziate e utilitaristiche – a vederle stipate sugli scaffali della biblioteca in centro a Manhattan quando andavo al liceo, ma qui assumono un nuovo significato, come vestigia di una cultura in via di estinzione. Hanno una bellezza inquietante, proprio perché sappiamo che non ci sarà mai più niente di simile.

In un angolo del negozio c’è una serie di vetrine che contengono quella che probabilmente è la più vasta collezione al mondo di strumenti di scrittura e fungono anche da mini-museo con oltre mille penne, ognuna esposta come se fosse un’opera d’arte. L’effetto è quello di far apparire questi oggetti molto eleganti, sexy e desiderabili, piuttosto che reliquie del passato.

Pensare al negozio nel suo insieme, e al modo in cui volumi di tutti i tipi sono esposti ovunque con splendido gusto estetico, mi ha fatto capire qualcos’altro che mi era sfuggito. Il design grafico delle copertine dei libri, che una volta era la decorazione predominante nella maggior parte degli appartamenti dei miei amici, offre un diverso tipo di conforto rispetto a quello derivante dal sapere che tutti i testi che hai letto vivono nel cloud. Le copertine non sono solo oggetti decorativi; sono ricordi esterni, tangibili, di qualcosa che forse ti ha trasformato a un livello interiore, emotivo, intellettuale. Essere in grado di consultare i libri in ogni momento sul tuo iPad non è lo stesso che averli intorno a te – lì a ricordarti sempre, quando li intravedi, delle moltitudini contenute all’interno di ciascuno.

2. Anche gli esseri umani sono potenti fonti di informazioni

Durante una delle mie visite alla libreria Tsutaya, ho chiesto a un commesso delle informazioni su una rivista di cucina e mi ha indirizzato al “concierge dei libri di gastronomia”, un esperto del settore la cui conoscenza approfondita di tutta la raccolta sul tema, inclusi sia i libri sia gli arretrati delle riviste, mi ha ricordato i bibliotecari della mia infanzia, che fungevano da guide intellettuali a un bambino fastidiosamente curioso come me.

Il “concierge” mi ha raccontato di un suo recente viaggio a Berkeley per incontrare l’icona americana della cucina naturale, Alice Waters. Mentre era in vacanza per conto suo? No: il viaggio è stato pagato da Tsutaya, come ricerca per una mostra che il negozio aveva in programma sull’autrice.

Non riuscivo a crederci: vi immaginate il Barnes & Noble di una qualsiasi città americana che manda un dipendente in Giappone a scopo di ricerca, o gli consente anche solo di prendersi il tempo per approfondire una materia particolare, per poter poi condividere le conoscenze con i clienti? (Certo, le librerie indipendenti incoraggiano spesso questo tipo di approccio, ma non hanno le generose risorse finanziare dei negozi Tsutaya.)

Questo tipo di interazione mi ha fatto riflettere su quanto, nel fare ricerche sia per interesse personale che per lavoro, mi sia abituato a cercare tutto da solo online, invece di chiedere consigli di persona a qualcuno. Ovviamente ci sono enormi vantaggi nell’usare i potenti strumenti digitali ora a nostra disposizione. Ma parlare con l’esperto di Tsutaya mi ha ricordato quanto sia importante – e divertente – avere anche un punto di vista umano. Gli è venuto in mente subito il collegamento tra le idee di cui gli parlavo e articoli che aveva letto in riviste di anni e anni fa (e ancora in vendita in negozio). E ha subito afferrato un concetto, su un certo tipo di innovazione nella cucina giapponese, che si era rivelato difficile da definire attraverso ricerche online. Sì, ha usato il suo computer per trovare più dettagli su queste idee e per scovare le fonti; ma non le avrei mai trovate da solo senza il suo contributo.

3. La stampa combina parole e immagini in un modo unico e potente

Sfogliare le riviste in vendita in questo negozio mi ha aiutato a capire meglio perché il Giappone venera ancora la carta stampata. La sezione riviste, progettata per esporre non solo gli ultimi numeri ma anche gli arretrati, si estende attraverso tre degli edifici interconnessi del negozio, non solo su scaffali ma anche su diversi tavoli, ed è quasi sempre affollata dai clienti.

La sensibilità per il design tipica di queste pubblicazioni è totalmente diversa da quella americana: foto, illustrazioni e grafici si alternano su quasi ogni pagina con brevi paragrafi di testo. Un amico editore di una rivista mi ha spiegato che, siccome il giapponese scritto è più denso dell’inglese, è più stancante leggere un’intera pagina di sole parole. Abbondanti foto e illustrazioni sono essenziali per spezzare il testo, almeno in una rivista.

È impossibile scorrendo del testo sul tablet ottenere lo stesso piacere di quello che provo sfogliando queste pagine spesse, lucide, con un design curato e ricche di elementi grafici. E i livelli di ingegno e creatività in mostra su ogni pagina ti portano a perderti anche negli argomenti più oscuri e specifici, dai ristoranti dove assaggiare la migliore frittata di Osaka all’influenza di Lee Marvin sulla moda per uomo.

I media digitali facilitano un certo tipo di navigazione, in base a un tema o agli interessi di un gruppo sui social media, ma devono ancora creare un’esperienza parallela a quella di sfogliare una rivista basata quasi interamente su elementi visivi – lasciando che particolari foto, titoli o impaginazioni catturino la tua attenzione, ignorando altri elementi e semplicemente seguendo le immagini, piuttosto di dirigere tu la ricerca.

È ironico che abbiamo adottato il termine “navigazione” per descrivere il modo in cui si navigano i siti web, quando il vero significato originale della parola descrive un’attività che il digitale non riesce affatto a replicare.

4. A volte, vagare senza meta è molto meglio di avere una guida

Navigare, naturalmente, significa anche vagare senza una meta precisa per gli scaffali di questo posto – ottimizzato per esporre la bellezza dei suoi prodotti – e lasciare che sia il caso a decidere quello che troverai.

Anche se apprezzo il modo in cui la cultura digitale mi può indirizzare verso quello che potrebbe piacermi (pubblicità mirate a parte), dà molta più soddisfazione, qui, semplicemente girare e curiosare. Il layout del negozio Tsutaya crea la possibilità di piacevoli scoperte che non avresti mai pianificato o previsto.

Questo girare e curiosare è incoraggiato anche dalle eleganti vetrine e dagli scaffali allestiti con cura, che ti sorprendono a ogni angolo e di nuovo ti ricordano la bellezza dei libri come oggetti: un angolo con la letteratura Beat, ad esempio, ha un bancone di vetro pieno di prime edizioni e manoscritti di volumi seminali di Kerouac e Ginsberg.

Tutto questo mi ha ricordato un’altra occasione in cui il vagabondare senza meta mi aveva ricompensato. Anni fa, nell’epoca pre-Kindle, stavo trascorrendo così tanto tempo in viaggio per lo Yemen, l’Eritrea e l’Etiopia che a un certo punto ero rimasto senza cose da leggere. Un giorno uscendo dall’ufficio postale di Sana’a ho visto un piccolo e sottile tascabile usato in vendita per strada. Era A Sense of Where You Are di John McPhee, il suo libro sulla carriera di Bill Bradley nel basket a Princeton.

Era un titolo che di suo non avrebbe mai attirato il mio interesse in quel momento della mia vita. Ma non c’erano altre opzioni. A malincuore acquistai il libro, lo aprii e... lessi tutto d’un fiato, scoprendo uno dei più magistrali scrittori di saggistica che mi fosse mai capitato di leggere.

5. I libri stampati ti aiutano a diventare quello che sei

Ci sono, naturalmente, altri modi di vedere la questione. Per alcuni, Tsutaya rappresenta solo un’altra delle stravaganze della società giapponese, come il fatto che la maggior parte della gente acquista ancora musica su CD. O peggio: si potrebbe considerarlo addirittura un trionfo del feticismo, del materialismo, del consumismo su quello che dovrebbe essere il potere assoluto della parola pura.

Ne dubito, però. Per i lettori più voraci che conosco e che sono cresciuti nell’epoca dei libri fisici, quella fisicità non era marginale rispetto all’esperienza di lettura, ne era un elemento centrale. Forse è il motivo per cui ogni volta che entro in questo strano e scintillante tempio dedicato alla lettura provo qualcosa di simile al piacere primordiale che sentivo, molti anni fa, toccando, leggendo – e acquistando – libri veri.

E ora che leggo quasi tutto su un dispositivo elettronico di qualche tipo, Tsutaya mi ricorda quello che mi manca. Quando inizi a leggere molto, i libri diventano il tuo mondo e condividono il tuo spazio, un riflesso della loro importanza nella tua vita. Perdiamo qualcosa quando sono ridotti a dati, invece che beni che sono davvero nostri e che ci ricordano costantemente ciò che contengono. Una volta, i libri in una casa erano uno dei modi principali per farsi un’idea su una nuova conoscenza o un nuovo amore, uno spunto per scambiare opinioni e capirsi meglio con quella persona. Ora avresti bisogno della sua password su Amazon per farlo.

È ironico che ci sia voluto un viaggio in Giappone, con una visita a una libreria che per lo più espone letteratura e riviste in una lingua che non so nemmeno leggere, per farmi ricordare, e apprezzare di nuovo, una delle cose fondamentali che mi hanno reso quello che sono oggi.

Fotografie di James Whitlow Delano.

Il Ritz-Carlton è parte del portfolio Marriott International.

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Monica Cainarca

Translator, editor, dreamer • formerly translator and editor for Medium Italia