Gif by Nicolas Monferrat

Future Perfect: 10 (nuove) idee per i prossimi 10 anni

“The past is always tense,
the future perfect”, Zadie Smith

nicola bruno
7 min readJun 15, 2015

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di Nicola Bruno

Quando si parla di futuro non ha molto senso essere ottimisti o pessimisti. Anche perché, come diceva Marshall McLuhan, non abbiamo ancora le categorie giuste per poterne comprendere a pieno gli effetti .
E, quindi, spesso lo leggiamo con gli occhi sbagliati, come chi guarda nello specchietto retrovisore ed è convinto che il mondo scorra davanti, quando invece lo sta lasciando alle spalle.

Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada
Rainer Maria Rilke

Allo stesso tempo, però, il futuro non è un evento inaspettato, che un giorno arriverà all’improvviso e ci sorprenderà. Il futuro è fatto di tanti segnali che stanno già entrando dentro di noi e ci stanno già trasformando.

Gif by Nicolas Monferrat

Sono stati proprio questi segnali (alcuni deboli, altri più forti) su cui si è concentrata la Special Edition di Meet the Media Guru tutta dedicata ai Future Ways of Living (#FutureWays): un programma densissimo, con speaker provenienti da ogni parte del mondo, che è raro trovare tutti insieme a un evento sulla cultura digitale. Soprattutto in Italia.

Grazie ai loro interventi, in due giorni è stato possibile abbozzare una prima roadmap dei prossimi 10 anni, cercando appunto di leggere i segnali di lunga portata, quelli che vanno al di là del singolo gadget, tecnologia o tendenza.
Ho raccolto nel mio taccuino degli appunti (no, non ne ho uno di carta, ma ho utilizzato Storify Day 1 Day 2) le 10 idee più interessanti sentite in Mediateca.

1. Hyperself
2. Non-opticon
3. Publi-cy
4. Superfici (e schermi)
5. Shapelessness
6. Crypto-design
7. Data Artist
8. Robo-etica
9. Fotonica
10. Inclusione (ed eguaglianza)

1. Hyperself

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La definizione è arrivata da Keiichi Matsuda, artista e regista che da anni indaga il tema della realtà aumentata (o hyper-reality). Anche qui, non è una questione di quale visore di AR o altro wereable indosseremo, ma fare i conti con un cambiamento che investe le nostre esperienze, relazioni, passioni.
Matsuda ci ha dato un assaggio con i suoi fantastici video che fanno comprendere alla perfezione come l’hyperself sia prolungamento del nostro sé con altri mezzi. Una estensione che comporta molte perdite, ma anche un potenziamento che mette i brividi.

2. Non-opticon

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Il Panopticon è l’esempio perfetto di profezia che ha intuito qualcosa del futuro, ma l’ha fatto con le categorie del passato. E’ l’effetto specchio retrovisore di cui parlava McLuhan.

Guardiamo il presente in uno specchietto retrovisore.
Andiamo a marcia indietro verso il futuro.
Marshall McLuhan

Al posto del Panopticon, il futuro ci ha invece consegnato un (peggiore) Non-opticon (definizione di Siva Vaidhyanathan). Come ha spiegato Derrick de Kerckhove a #FutureWays:

Con il Non-opticon nessuno sa mai se è osservato o no, da chi, quando e per cosa.
Questa condizione rinforza l’autocensura

Basti pensare allo scandalo NSA o, ancora, ai fenomeni di human flesh search engine e tutto diventa più chiaro.

3. Publi-cy

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Dal Non-opticon alla sorveglianza diffusa il passo è breve. Ma, come è emerso in molti interventi, questo non vuol equivale affatto alla morte della privacy. Anzi, il desiderio e il bisogno di riservatezza si sta rafforzando, tanto che sta per nascere un ricco mercato della privacy (basti pensare a Apple e ai suoi piani di trasformare la privacy in un prodotto da vendere).
Ma tra sorveglianza di massa, Big Data, hyper-reality e self-tracking, c’è forse bisogno di fare tabula rasa e ridefinire da capo ciò che è pubblico e ciò che è privato.
Benvenuti nell’era della Publi-cy (altro bel neologismo presentato da De Kerkhove, una crasi di Public + Privacy): il pubblico e privato si fondono in una nuova dimensione in cui bisognerà rinegoziare di continuo quali informazioni vogliamo condividere e quali no.

When did the future switch from being a promise to a threat?
Chuck Palahniuk

4. Superfici e schermi

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Surface” è il titolo dell’ultimo saggio pubblicato negli Stati Uniti da Giuliana Bruno. In uno degli interventi più cristallini di #FutureWays, la studiosa l’ha presentato anche al pubblico italiano, sottolineando l’importanza che le superfici stanno assumendo nelle nostre vite digitali.
Gli schermi sono sempre più dispositivi di comunicazione, proiezione, memoria. Anche per questo motivo, nei prossimi 10 anni — con buona pace delle opposizioni reale vs. virtuale — la dimensione materiale e tangibile diventerà sempre più centrale.

5. Shapelessness

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Un termine difficile da pronunciare(e per me nuovo) che però ci dice tanto sulle prossime sfide del design. A #FutureWays l’ha introdotto Mark Rolston di Argodesign, secondo cui (qui una sua bella presentazione) la storia del design tecnologico può dividersi in 3 ere:
- l’era del computer, in cui noi eravamo semplici operatori dei computer fissi (come una sorta di operaio nelle fabbriche del secolo scorso);
- l’era mobile, in cui noi siamo i baby-sitter dei nostri cellulari e tablet;
- l’era dell’internet delle cose, in cui i dispositivi tecnologici perderanno del tutto la loro identità fisica: la tecnologia sarà costretta a diventare sempre più assente e invisibile. Senza forma, appunto. E questa è una sfida non da poco per i designer.

Life is a series of collisions with the future;
it is not the sum of what we have been, but what we yearn to be.
Jose Ortega y Gasset

6. Crypto-design

L’emergere delle valute alternative è ormai un fenomeno inarrestabile. E, come è già successo con la musica (tutti guardavano a Napster, quando la vera rivoluzione era il peer-to-peer), la vera tecnologia dirompente non è tanto Bitcoin, quanto del meccanismo che sta alla base: la blockchain, un meccanismo in grado di garantire fiducia in un sistema estremamente decentralizzato.
Come ha sottolineato Patricia de Vries, la fiducia diventerà il prossimo tema caldo in materia economica. Proprio per questo nei prossimi anni avremo bisogno di crypto-designer in grado di progettare sistemi valutari liquidi, estremamente ramificati e al tempo stesso con altissimi livelli di sicurezza.

7. Data Artist

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Altra idea di Mark Rolston. Se è vero che i Big Data e l’Internet delle Cose faranno crescere in maniera esponenziale il numero di dati scambiati, avremo bisogno di una nuova figura professionale: il Data Artist. Di cosa si tratta?

A new kind of designer: one proficient in the meaning, form, movement, and transformation of data. I believe this Data Designer will turn out to be the most important new creative role of the next five years. (Fonte)

Anche qui (come nel caso del concetto di “shapelessness”), si tratta di fare un salto dal designer come ideatore di prodotti o di interfacce utente, a uno in grado di manipolare i dati per produrre non solo visualizzazioni, ma anche esperienze.

8. Robo-etica

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Nei prossimi dieci anni andremo oltre il dibattito uomo vs. macchine. E finalmente riusciremo a mettere meglio a fuoco la differenza tra noi e loro: gli umanoidi non sono qui (solo) per sostituirci, ma anche per potenziarci in quei lavori che ora svolgiamo poco e male. E’ il cosiddetto effetto cyborg: uomo+robot è più forte di robot da solo.
Quando lo capiremo meglio, il boom dei robot diventerà inarrestabile. E questa rivoluzione, come ha ricordato Emanuele Micheli, ci porterà anche a dover scrivere una nuova etica per l’era dei robot.

Our anxiety does not come from thinking about the future,
but from wanting to control it
Kahlil Gibran

9. Fotonica

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Il 1900 è stato il secolo dell’elettricità. Il nuovo millennio sarà quello della fotonica. A ricordarlo sono stati sia Freddy Paul Grunert che Carlotta de Bevilacqua (vice-presidente di Artemide), sottolineando il ruolo cruciale che la luce sta assumendo nelle nostre vite. Non solo nel design, ma anche nell’intrattenimento, la medicina, le telecomunicazioni.

10. Inclusione (ed eguaglianza)

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Non è una coincidenza se due degli interventi più applauditi della Special Edition abbiano avuto una conclusione simile. E questo nonostante in uno (quello di Paola Antonelli) si parlasse di cultura museale e in un altro (quello di Larry Lessig) di politica.
Fatto sta che entrambi i guru hanno lanciato un forte appello affinché il futuro sia anche più inclusivo e uguale. Un piano, questo, che secondo Antonelli e Lessig diventerà un campo di battaglia nei prossimi dieci anni (soprattutto nelle forme di protesta e disobbedienza civile).

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Credits immagini: tutte le Gif utilizzate in questo articolo sono di Nicolas Monferrat

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nicola bruno

Journalist @effecinque — Founder of @Dataninjait and @Factcheckers_it — Former fellow at the @risj_oxford - Author La Scimmia che vinse il Pulitzer