Genius Loci. La mia storia d’amore con la street art, illustrata

Adoro il modo che ha di sorprenderti materializzandosi all’improvviso nei posti più impensati

Giulia Blasi
6 min readApr 1, 2016

--

Di Giulia Blasi

(Questa storia è già apparsa in inglese su Panel & Frame. L’ho tradotta per renderla accessibile anche ai lettori italiani).

“Albert”.

Comincia tutto qui. Si chiama Coffee Break, ed è stato realizzato da Etam Cru, un duo di artisti polacchi, in una delle strade meno belle del Pigneto, a Roma Est. Ho sorpreso gli artisti al lavoro durante la mia corsetta quotidiana: non finito, era già stupefacente.

Per un sacco di tempo non ho saputo come si chiamasse. L’ho battezzato “Albert”, perché mi ricordava un po’ Albert Einstein da giovane, e “Albert” è ancora il modo in cui lo chiamo. Ogni volta che vado a correre faccio in modo di passarci vicino, camminando o correndo (quando riesco effettivamente a farmela tutta di corsa fino a casa sulla strada del ritorno). Lo amo quanto è possibile amare un oggetto inanimato, quindi moltissimo. Albert è mio.

Il mio rapporto con la street art è viscerale e privo di complicazioni. La adoro, adoro il modo che ha di sorprenderti materializzandosi all’improvviso nei posti più impensati. Adoro il fatto che non serve saperne di arte per apprezzare la street art: Coffee Break parla a tutti. La sua bellezza è diretta, il suo significato soggettivo e quindi universale. Non ha bisogno di spiegazioni. Amo il fatto che non possa essere né venduto né comprato, che ne possa godere chiunque, in qualsiasi momento. La street art è un dono, e in quanto tale non ha prezzo.
Non mi importa neanche moltissimo di sapere chi ha fatto cosa: a dire la verità, preferisco non sapere chi ha fatto cosa.

Mi piace pensare alla street art come a un genius loci, lo spirito di un luogo che si manifesta sui suoi muri.

Il Pigneto, il quartiere figo e sgangherato dove vivo, non è il genere di posto che potesse fare la sua figura come sfondo de La Grande Bellezza. E in quanto tale, è il posto perfetto per la street art. Ho aspettato un giorno di sole, preso la macchina fotografica del mio fidanzato e ho cominciato a camminare. Solo una parte di quello che ho fotografato è finito dentro questa storia.

Alcune opere di street art nella zona pedonale del Pigneto. Come si potrà notare, era giorno di mercato.

Una delle cose che amo di più è vedere quanti modi creativi gli artisti riescano a trovare per aggirare i limiti dello spazio che utilizzano, e usarli a loro vantaggio. Il Pigneto, com’è noto, è stato molto amato da Pier Paolo Pasolini; negli anni in cui Pasolini viveva a Roma, gran parte della zona era poco più che una collezione di baracche, rifugio dei poverissimi. Proprio qui, dov’è stato girato Accattone, Pasolini è ricordato in diverse opere che omaggiano la sua eredità intellettuale e artistica.

Serve davvero che io conosca la storia di ogni murale per apprezzarlo? È bello, ma non è fondamentale.

Sono tutti mozzafiato anche così.

L’occhio di Pasolini sorveglia via Fanfulla da Lodi. (Opera di Maupal)
Questo bellissimo dipinto di Mr . Klevra è basato sulla Vergine Maria de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, interpretata da Margherita Caruso.
“Io so i nomi”: leggetelo per intero qui. (Art by Omino71)

Alcuni dei lavori che ho fotografato durante la mia camminata sono pervasi di tristezza. Questi bellissimi affreschi, ora in parte deturpati, sono dipinti sui muri esterni del fu Circolo degli Artisti, il cuore della scena indipendente romana, che è stato chiuso e sequestrato nel marzo del 2015. Visto da oltre il gigantesco portone di ferro, il Circolo mi ha fatto pensare al giardino segreto di Mary Lennox nel romanzo di Frances Hodgson Burnett. Chissà se qualcuno si starà prendendo cura delle rose.

Tristezza. (Opera di Alice Pasquini)

Vicino al Circolo degli Artisti c’è l’Init, un altro locale da concerti. Questi graffiti, la cosa più vicina all’arte più tradizionalmente hip hop, ricoprono tutto il muro accanto all’entrata.

Non credo di averli mai visti di giorno prima d’ora. Sono bellissimi. (Sono stati realizzati da 180 Crew, grazie a mcalamelli per la segnalazione!)

Il Pigneto e l’adiacente Tor Pignattara ospitano una vasta comunità di persone provenienti dal Bangladesh. A dispetto di tutti gli sforzi compiuti dai media nazionali per dipingere la zona come un covo di propaganda Islamica e violenza urbana, la vita qui è per lo più pacifica. La mia amica Nadia Terranova, che mi ha portata a vedere questo murale, lo chiama “La Madonna del Bangladesh”. È a pochi passi da Albert, ma non l’avevo mai visto.

Sapete chi l’ha dipinto? Lasciate una nota!
Semplice, ma efficace.

Alcune delle opere sono esplicitamente politiche. Questi dipinti, realizzati in protesta contro l’ignobile trattamento riservato all’Europa alla crisi dei rifugiati, sono stati realizzati sui muri della scuola dove vado a votare.

Non sono riuscita a evitare l’ombra, ma non potevo non fare questa foto. (Opere di #cancelletto# e Alleg)

Il Mandrione è una zona idilliaca del Pigneto, incorniciata dalle rovine dell’antico acquedotto romano. Qui non c’è molto, a parte quest’opera straordinaria.

Opera di Mr. Timo and Saibot.

Mi è piaciuta moltissimo anche questa creatura aggraziata e malinconica dipinta (o meglio, applicata) su un muro lì vicino. Non l’avevo mai notata prima, anche se ovviamente è lì da un po’.

Opera di 4loh4

Mi sono tenuta la parte migliore fino alla fine. “Vieni, ti porto dalla volpina” ha detto Nadia. “È deliziosa.”
Ed eccola qua, anche se (come ci ha fatto notare Istranzu su Twitter) non è una volpina ma un panda rosso. Gli alberi in fiore che le stanno davanti le conferiscono una delicata profondità, come un sogno in un manga giapponese.

Non riesco a smettere di guardarla.

Grazie Dulk. Neanche la mia incapacità come fotografa è riuscita a rendere questa immagine meno bella.

È un’altra giornata di sole. Forse esco di nuovo.

Ancora grazie a Nadia Terranova per aver camminato con me.
Seguite
Panel & Frame!

--

--

Giulia Blasi

Writer, teacher, public speaker, in that order. Nerd when it wasn’t cool. Bookworm.