Il declino di Flint

“La mia più grande paura? Che tutti si dimentichino di noi”

Monica Cainarca
7 min readDec 2, 2016

Di Matt Black, The Development Set
Traduzione di Monica Cainarca

Flint, Michigan, dopo una nevicata. Oggi la popolazione si è più che dimezzata rispetto agli oltre 200.000 abitanti di un tempo. Più del 40% vive sotto la soglia di povertà.

Nota dell’editor: Matt Black ha fotografato più di 100 città in 39 stati americani per il suo progetto The Geography of Poverty. Di recente è stato a Flint, nel Michigan, per The Development Set. Tutte le fotografie sono di Matt Black/Magnum Photos.

Un tempo era una fiorente città industriale con quasi 250mila abitanti, molti dei quali lavoravano in qualche modo per l’industria automobilistica. Dopo la chiusura degli stabilimenti di produzione negli anni Ottanta, la popolazione si è più che dimezzata scendendo sotto i centomila abitanti. Nell’ultimo decennio sono state demolite più di cinquemila case abbandonate. Oggi non c’è più nemmeno un singolo negozio di alimentari all’interno della città.

La città di Flint nel Michigan, dove fu fondata la General Motors, oggi è una delle più povere di tutti gli Stati Uniti: il tasso di povertà supera il 40% e quello di criminalità e omicidi è tra i più alti a livello nazionale. Paralizzata dai debiti e da una grave crisi economica, ha cambiato la fonte di approvvigionamento per la rete idrica da quella condivisa con Detroit alle acque del fiume Flint, trascurando però di sottoporle a un adeguato trattamento e di ristrutturare la vecchia rete di tubature deteriorate.

Eruzioni cutanee dolorose, perdita di capelli, avvelenamento da piombo e almeno 91 casi di legionella sono solo alcune delle conseguenze segnalate fino ad oggi. I bambini di Flint mostrano segni di intossicazione da piombo, che può avere effetti a lungo termine sull’apprendimento e sul comportamento. Ad oggi sono stati attribuiti alla legionella dodici decessi. Organizzazioni e privati hanno donato e distribuito migliaia di litri di acqua in bottiglia, ma gli abitanti non possono ancora cucinare o lavarsi senza rischi per la propria salute e quella dei loro figli.

Di recente è stato aperto un procedimento penale contro tre funzionari pubblici per il loro ruolo nella crisi. Le accuse, tra cui negligenza colposa, inadempienza di pubblico ufficiale e inquinamento delle prove, arrivano tre mesi dopo la dichiarazione dello stato di emergenza a Flint.

“Non sappiamo ancora quando finirà tutto questo”, ha dichiarato Darnell Ishmel, direttore dell’agenzia umanitaria locale Flint H2O. “Ci sono i lavoratori poveri e poi ci sono i poveri e basta. Noi siamo i poveri”.

Tim Monahan ritratto a casa sua.

Tim Monahan, 58 anni, falegname, ha contratto la legionella nel giugno del 2014. “Usavamo l’acqua del fiume Flint da due mesi”, racconta. “Era il quattro di luglio quando mi hanno portato in ospedale. Stavo malissimo, avevo la febbre a 40, praticamente cuocevo. Sono veri e propri assassini e la stanno facendo franca”.

ReDonna Riggs fa il bagno a suo nipote.

“Sono troppo debole per andare a prendere l’acqua non contaminata”, dice Cynthia Grant, 57 anni. “Devo cucinare, lavare, trasportare l’acqua, è tutto una fatica. E chi è stato punito per tutto questo? Per me l’incubo non finirà mai.”

Tiantha Williams con suo figlio Taylor.

Qui sopra, Tiantha Williams, 38 anni, fa il bagno al figlio Taylor in una vasca piena di acqua in bottiglia. A Tiantha è stata diagnosticata la listeria durante la gravidanza e suo figlio è nato due mesi prima del previsto. “È un miracolo che sia sopravvissuto”, dice. “Non respirava nemmeno appena è nato”.

“Mi ha visitato uno specialista di malattie infettive e mi ha detto che avevo la listeria”, racconta Tiantha. “Ho usato quell’acqua per cucinare e per bere e mi ha fatto male. Ha quasi fatto morire il mio bambino. Dobbiamo risolvere questa situazione. Mio figlio continua a essere esposto a quell’acqua contaminata, perché la usiamo per lavare i vestiti. Vorrei potermi trasferire da un’altra parte, ma non ho i soldi per permettermelo”.

La sede di quello che un tempo era chiamato “Buick City”, un enorme stabilimento di produzione automobilistica che dava lavoro a più di 80.000 persone a Flint.
La neve cade fuori da un supermercato K-Mart chiuso.

“In pratica ci siamo creati da soli la nostra Hiroshima”, dice Chris Gibson, 29 anni. “Ne subiranno le conseguenze anche le generazioni future”.

Deborah Hayman.

“Ho così tanta paura, sono terrorizzata”, racconta Deborah Hayman, 58 anni, nata e cresciuta a Flint. Suo nipote è nato nel 2013 e ora è in attesa dell’esito degli esami per la contaminazione da piombo. “C’è sempre quel timore. Circa un mese fa non ho più retto, ho avuto una crisi vera e propria. Ho pensato di aver bisogno di parlare con uno psicologo. Sai qual è la mia più grande paura? Che tutti si dimentichino di noi”.

Il fiume Flint, in centro.

“Se questa città non fosse per il 60 per cento nera e per il 40 per cento povera, il problema sarebbe già stato risolto”, dice Darnell Ishmel.

Un complesso di case mobili abbandonate.

“Questa comunità ha avuto molti problemi. La povertà, la criminalità, l’alto tasso di incarcerazione – quelle sono le cose difficili da affrontare”, racconta Chrissy Cooper, specialista dello sviluppo per la fondazione cattolica di beneficenza Catholic Charities.

Una donna tiene in braccio la sua nipote adottiva.

“Nessuno capisce quello che stiamo passando”, dice Deborah Hayman, che si occupa di adozione e licenze per Catholic Charities. “Nessuno sa cosa vuol dire finché non lo vive sulla sua pelle”.

Bonnie Hammond, 87 anni, si è trasferita a Flint nel 2004.

Qui sopra, Bonnie Hammond, 87 anni, lava la pelle infetta sulle gambe. Si è trasferita a Flint nel 2004. “Nessuno sceglierebbe mai di trovarsi in una situazione come questa”, dice.

Due mesi fa ha iniziato a perdere i capelli e a sviluppare un’infezione cutanea. “Il medico ha detto che è colpa dell’acqua contaminata che usavo per lavarmi. È una sensazione costante di formicolio alla pelle, come quando hai una scottatura”, spiega.

Le rive del fiume Flint. Una dei residenti, Aresha Moore, racconta: “Non possiamo dare l’acqua da bere nemmeno ai cani”.

“La gente aveva notato che l’acqua aveva un cattivo sapore e un cattivo odore e un colore strano”, racconta Chrissy Cooper. “Ma le autorità comunali dicevano che era tutto a posto, che non c’era nessun problema con l’acqua. E poi all’improvviso da un giorno all’altro hanno iniziato a dire che l’acqua poteva ucciderci”.

La distribuzione dell’acqua alla fondazione Catholic Charities. “Ne ho dovuti usare trenta litri solo per la cena di Pasqua”, dice Deborah Hayman.
Il centro di Flint.

“Questo è un luogo di povertà”, dice il pastore Maurice Horne. “Chi ci fa caso? A chi interessa? È una lunga lotta, cercare la speranza in una città dove non c’è più fiducia”.

Stabilimento di assemblaggio della GM.

“Flint è un caso uscito allo scoperto ma ci sono tante altre città con lo stesso problema”, dice Horne. “Sono convinta che Flint potrà farcela e recuperare”.

LaToya Jordan.

“Non ci puoi fare il bagno. Non puoi usarla per cucinare. Ora dicono addirittura che non devi usarla nemmeno per tirare lo sciacquone in bagno”, racconta LaToya Jordan, 23 anni. “Dicono che non va bene nemmeno l’acqua in bottiglia. Ho due bambini piccoli. Non li lavo con l’acqua: il più delle volte uso solo le salviettine detergenti per pulirli. Tutto il governo è responsabile. Voglio andarmene da Flint. Sono incinta di sei mesi e ho paura di far nascere qui il mio bambino”.

Un quartiere nel nord di Flint.

“Abbiamo le nanotecnologie e siamo andati sulla luna, ma non riusciamo a risolvere questo problema dell’acqua contaminata? Ma stiamo scherzando?”, dice Darnell Ishmel, direttore di Flint H20. “Si vede che non è una priorità”.

Il centro di Flint.

“Non avrei mai immaginato che una cosa del genere potesse succedere proprio qui”, dice Chrissy Cooper. “Questa città un tempo era enorme. La crisi l’ha ridotta sempre peggio e oggi abbiamo davvero toccato il fondo.”

The Development Set è finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation. Mantiene l’indipendenza a livello editoriale.

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Monica Cainarca

Translator, editor, dreamer • formerly translator and editor for Medium Italia