La Cassazione dice sì alla stepchild adoption

In Italia alla coppia di persone dello stesso sesso sarà consentita l’adozione del figlio del partner come alla coppia eterosessuale

CILD
6 min readJul 5, 2016

Di Roberto Vergelli, vice presidente di Rete Lenford — Avvocatura per i Diritti LGBTI

Foto di Joyce Pedersen, Flickr, (Creative commons)

Il ruolo delle corti nell’affermazione dei diritti LGBTI

La sentenza della Corte di Cassazione n.12962 del 26 maggio 2016 oltre a costituire, per le ragioni che vedremo, un importantissimo approdo giurisprudenziale, si pone, per il particolare momento storico in cui viene alla luce (a ridosso dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà) anche come espressione significativa del ruolo delle Corti di Giustizia nel percorso di affermazione dei diritti della comunità LGBTI.

Il caso

Due donne, legate da una relazione sentimentale, decidono, tramite procreazione medicalmente assistita, di dare alla luce una figlia. La gestazione viene portata a compimento dalla più giovane delle due, la quale per il nostro diritto, è la sola a potersi ritenere madre, con piena capacità genitoriale.

Tuttavia la bambina viene educata da entrambe ed entrambe svolgono ai suoi occhi il ruolo di genitore: la bambina, però, non può vantare alcun diritto nei confronti di una delle due, poiché per la legge sua madre è solo quella che l’ha partorita.

Nel nostro ordinamento l’adozione, cioè quell’istituto che consentirebbe alla bambina di assumere pieni diritti nei confronti della mamma che non l’ha partorita, è riconosciuta solo alle coppie unite in matrimonio e nei confronti di minori che si trovano in stato di abbandono, destinati, prima di essere adottati, ad un periodo di affidamento preadottivo; ma lei non è stata fortunatamente abbandonata da nessuno, è stata cresciuta in una famiglia felice da due mamme che in Italia non possono ancora unirsi in matrimonio.

Nella legge però esiste un’eccezione. È prevista una forma di adozione “minore”, con cui il figlio acquista meno diritti nei confronti del genitore adottante e che può essere pronunciata “in casi particolari” e fra questi vi è l’ipotesi in cui l’adottante sia un single e nei confronti dell’adottando “vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”.

Poiché la madre non biologica è, per l’appunto, un single per la legge e la bambina non può essere data in affidamento preadottivo perché non è in stato di abbandono, le due donne chiedono che venga riconosciuta la stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner.

Non si tratta di un diritto soggettivo della coppia, poiché, in ogni caso, l’adozione deve essere pronunciata nell’esclusivo interesse del minore: il giudice cioè, prima di pronunciare l’adozione, valuta se la famiglia di fatto nella quale la minore instaura rapporti genitoriali sia idonea a questa funzione.

Il Tribunale di Roma si esprime a favore dell’adozione ma il pubblico ministero impugna la decisione e la Corte di Appello conferma la sentenza di primo grado.

I criteri interpretativi della Cassazione

La Cassazione, chiamata a decidere in ultima istanza, fissa in via definitiva alcuni criteri interpretativi che possono essere riassunti in questo modo:

  • L’adozione “in casi particolari” va a costituire legami fra l’adottante e l’adottato più deboli di quelli che vengono instaurati con l’adozione maggiore detta, per l’appunto, “legittimante” ma questo è giustificato dalla necessità di consolidare i rapporti esistenti fra il minore ed i parenti o le persone che già si prendono cura di lui e giustifica il fatto che i criteri per l’adozione siano meno rigorosi di quelli previsti per l’adozione maggiore.
  • Per questo in tutte le ipotesi di adozione “in casi particolari” si prescinde dalla dichiarazione di adottabilità (e dunque dalla verifica dello stato di abbandono).
  • Tra le ipotesi di adozione “in casi particolari”, quella di cui alla lettera “d” dell’articolo 44 primo comma (cioè quando “vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”) non si riferisce solo al caso in cui l’affidamento preadottivo si sia dimostrato praticamente impossibile ma anche, e soprattutto, a quella in cui l’affidamento preadottivo sia giuridicamente impossibile perché, di fatto, non esiste alcuna situazione di abbandono.

La cassazione chiarisce una volta per tutte che, in presenza dei requisiti di legge, alla coppia formata da persone dello stesso sesso è consentito l’accesso all’adozione del figlio del partner esattamente come alla coppia eterosessuale.

  • Il fatto che l’adozione venga pronunciata all’interno di un coppia formata da persone dello stesso sesso, non rileva, a parere della Cassazione, perché non vi è alcuna prova scientifica che una coppia di persone dello stesso sesso esprima capacità genitoriali inferiori a quelle che si esprimono all’interno di un coppia formata da persone di sesso diverso e rimane demandato al giudice, caso per caso, verificare, fra le altre cose, l’idoneità affettiva dell’adottante, che prescinde, comunque, dal suo orientamento sessuale.
  • A corollario di questa impostazione i giudici della Suprema Corte affermano che, nei giudizi che vertono sul riconoscimento dell’adozione da parte di un componente della coppia non sposata nei confronti del figlio dell’altro, non vi è conflitto di interessi fra il genitore naturale del minore ed il minore stesso (ovvero — nel caso in specie — la madre della minore e la minore medesima) poiché la normativa richiede, in ogni caso, il consenso del genitore naturale all’adozione e ritenere che, nel rappresentare il minore in giudizio, questi faccia prevalere il proprio interesse al riconoscimento implicito della coppia omogenitoriale sull’interesse del figlio all’adozione, significherebbe dare per presupposto un giudizio di disvalore sulla capacità genitoriale della coppia omosessuale, non accettabile in mancanza di chiari riscontri scientifici sul punto.

“Non vi è alcuna prova scientifica che una coppia di persone dello stesso sesso esprima capacità genitoriali inferiori a quelle che si esprimono all’interno di un coppia formata da persone di sesso diverso”.

Dove non arriva la legge arrivano i giudici?

Con questa sentenza della Cassazione viene chiarito una volta per tutte che, in presenza dei requisiti di legge, alla coppia formata da persone dello stesso sesso è consentito l’accesso all’adozione del figlio del partner esattamente come alla coppia eterosessuale e che la natura omosessuale del legame non può costituire, di per se, un ostacolo alla pronuncia, stante la necessità, in questo come negli altri casi, di valutare, nell’interesse del minore, l’ambiente affettivo della famiglia in cui questi è destinato ad inserirsi e non l’orientamento sessuale dei suoi componenti.

La Cassazione ha fornito un’interpretazione definitiva dell’istituto dell’adozione, indicando nell’articolo 44 I° co. lett. d) la norma che consente l’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto della stepchild adoption ed impedendo una lettura di questa norma in senso discriminatorio verso le coppie formate da persone dello stesso sesso:

D’ora in avanti i giudici di merito non potranno fondare le proprie decisioni in ordine all’adozione del figlio del partner in una coppia formata da persone dello stesso sesso, sul mero dato formale della natura omosessuale del legame.

Si apprezza in questo modo il contributo che viene dai giudici in questa materia. In una prima stesura della legge Cirinnà era stata introdotta una norma che sanciva l’apertura dell’istituto della stepchild adoption alle coppie omosessuali; per problemi di natura politica la norma è stata stralciata ed al suo posto è comparso un inciso di sapore ambiguo: “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. Evidentemente il legislatore, che non ha avuto il coraggio di introdurre la norma suddetta, ha inteso demandare al potere giudiziario di decidere su questa questione.

Rimane, quindi, evidente che le sedi dove far valere i propri diritti erano e rimangono le aule giudiziarie che non solo, in mancanza di normative o in presenza di normative lacunose, si fanno carico della soluzione dei problemi concreti delle persone ma sono le sole nelle quali hanno applicazione i criteri sanciti dalle normative internazionali a tutela del principio di uguaglianza e, nel caso in specie, del superiore interesse del minore.

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Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili — Italian Coalition for Civil Liberties. Creator @open_migration e @nonmelaspacci Co-founder: @19mmproject