Scene di provincia, viaggio in bici

Francesco Pagano
5 min readJun 6, 2015

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in Repubblica Ceca

In bicicletta da Brno a Vranovice, tra sapori
e dissapori moravi

Che bello quando la signora-controllore di České Dráhy mi fa il biglietto in treno senza maggiorazione e con faccia comprensiva, sapendo che la biglietteria era chiusa. Ancor più bello quando non mi chiede nemmeno se ho una bici con me, che mi costerebbe altre 25 Corone.

Mi accascio sul sedile e do sguardi continui a quel meraviglioso panorama che, finalmente, ho appena ammirato con tutto un altro ritmo; non più quello degli innumerevoli treni e autobus che ho preso da quando vivo qui, ma quello più lento e sentito di una pedalata controvento tra i campi.

Quello è sempre stato il mio ritmo preferito; mi piace viaggiare lentamente, e leggermente. Eppure, quando mi trasferii in Repubblica Ceca, ormai due anni e mezzo fa, mi portai dietro un bagaglio pesantissimo, fatto di malumori, e lasciai via soltanto quello a cui più tenevo: la mia passione per la bicicletta. Oltre a due gambe discretamente allenate.

Ho poi pian piano riprovato a mettermi in sella, e mi hanno fregato due biciclette. Dunque, ulteriori malumori che hanno richiesto ancor più tempo per essere finalmente abbandonati, coperti dal grasso e dalla polvere che ora, come una volta, mi porto appresso collezionando altre vecchie biciclette in un altro garage.
Inoltre, ora condivido tutto questo con la mia metà, Katya, che fino a qualche mese fa sapeva appena pedalare, e ora mi segue ovunque. Oggi lei non c’è, e io pianifico questo giro in totale autonomia.

Decido di ripercorrere la cyklostezka nazionale numero 5, che è anche un tratto quasi terminato del percorso Eurovelo 9. Ho pedalato qui appena sei giorni fa con Katya, solo con meno vento, e stavolta voglio arrivare più lontano, fin dove davvero non ce la farò più, e poi prendere un treno per tornare a casa; voglio testare bene questo percorso, prima di realizzare il mio / nostro sogno di pedalare fino a Vienna!
Rispetto a domenica scorsa, stavolta ci sono meno pattinatori. A Brno si vede sempre più gente sui pattini, sembra quasi un’epidemia: gente che un giorno s’è svegliata in una metamorfosi, e al posto dei piedi, si è ritrovata dei pattini. Bisogna condividere la ciclabile con loro, la convivenza è alquanto pacifica, ma quando allungano il “passo” quasi fino a mettere il piede sotto le mie ruote, non li amo più. Per fortuna, poco dopo Olympia — il tempio del consumismo degli adolescenti locali — si fermano tutti a un chiosco di bibite, e non se ne vede quasi più nessuno.

Scendo per attraversare un sentiero sterrato che mi porta su un ponte provvisorio in costruzione. Proseguo su un ampio marciapiedi, e grazie al vento che soffia da sud, contrario al mio passo, sento già quell’olezzo di letame con il quale si lascia definitivamente Brno. Oltre ai pattinatori, non ci sono nemmeno ciclisti di cui sfruttare un po’ la scia. Faccio più fatica della volta scorsa sull’unica, vera salita di tutto il percorso, che sale su fino al primo paesino dopo la città, Rebešovice. Decido di non fermarmi a comprare dell’acqua e mi lancio subito giù per la bella discesa.
L’entusiasmo e la marcia più pesante mi portano subito a Rajhradice, ma devo frenare perché la strada è attraversata da donne in costume d’epoca e banda paesana al seguito. Supero anche Opatovice dopo un breve istante di smarrimento per i campi, e inizio a sentire la fatica e il caldo, ma sono sempre più motivato, perché da qui in poi non conosco il paesaggio.
Una serie di svolte, qualche sterrato, supero anche Blučina (nome simpatico), e mi godo tratti sempre più incantevoli nel verde estivo della splendida Moravia, piatta regione di vigneti.

A Židlochovice non resisto più al caldo, e devo fermarmi a comprare dell’acqua. Per fortuna i potraviny vietnamiti sono sempre aperti anche qui, in quello che sembra un villaggio rimasto indietro di un secolo, e che invece, appena riparto e svolto a destra, rivela un elegante centro storico e un ponte futuristico, seppur sproporzionato, sul fiume Svratka.

Dopo un’ora esatta e la prima sosta, sono deciso a proseguire ancora finché ce la faccio, nonostante il vento riduca le mie aspettative.
Questo percorso ciclabile nella natura è tutto ciò che immaginavo mentre scrivevo la mia tesi di laurea sul cicloturismo e su ipotetici sentieri protetti fra gli uliveti del Salento. Qui stanno investendo egregiamente in questa forma di turismo; non tutto il percorso è protetto dal traffico né è interamente asfaltato, ma in generale funziona ottimamente, la segnaletica non ti abbandona mai, e mentre le mie ruote scorrono con facilità nel silenzio dei campi, io ripenso a chi scorrazza in auto appena lavate per le polverose strade di paese e crede che me ne sia andato in una nazione “sottosviluppata”.

Vranovice potrebbe essere l’ultima tappa, visto che solo da lì posso prendere il treno, oppure potrei proseguire fino alla ridente Pasohlávky, terra di laghi e di AquaPark, per poi ritornare un po’ indietro. Decide per me l’unico tratto di strada sterrato, decidono le sue buche, facendomi sobbalzare e bestemmiare.
Fermo il cellulare che sta misurando la mia prestazione e inizio a vagare per Vranovice in cerca di cibo. Niente. Un villaggio fantasma in un afoso sabato pomeriggio. Incrocio solo la taverna U Sokola, ma se quello che ricordo della parola sokol non bastasse, ci pensa l’aspetto esteriore a farmi passare oltre. Almeno trovo la stazione. Biglietteria ovviamente chiusa, ma tanta aria condizionata per tutti (non c’è nessuno).
Ho poco più di mezz’ora per intrattenermi al pub lì di fronte. Non oso nemmeno chiedere se hanno da mangiare, nel migliore dei casi mi porterebbero un salsicciotto trasudante; faccio alla ceca: mi riempio lo stomaco con una birra, il “pane liquido”. Solo in questi posti puoi pagarla ancora 22 Corone (80 centesimi di Euro) e sentirne il vero sapore; una Starobrno così buona e così economica, a Brno, non te la serve nessuno, e anche qua in realtà non te la servono, devi andare a prendertela.
Mi riposo mandando ad amici una descrizione della scena: tante sigarette e uomini in tenuta da ciclista con l’occhio alcolizzato, di cui un gruppetto si diverte al bancone, un altro osserva le tenniste alla tv.

Sono questi i dettagli che amo di questo paese! I suoi mille contrasti, gli scenari sempre diversi, una bettola puzzolente e una pista ciclabile moderna, la pace nella natura, e il chiasso di questa umanità mai contenta, mai gentile, sempre scontrosa e sospettosa.

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