iteR#08 | Huxley

Laura Lalune Décroche
iteR - Reloaded
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4 min readJul 9, 2018

Poe stava ancora trafficando con l’elettrosaldatore. La sera precedente avevamo messo a punto un prototipo del nostro Prometeo: un interferometro modificato con un geo-localizzatore e uno speciale modulo di comunicazione. È andato in cortocircuito appena acceso. Deve essere andato lungo con le riparazioni, il che vuol dire che non ha chiuso occhio.

D’altro canto nemmeno io ho dormito: ho studiato tutta la notte, oggi è il grande giorno.

“Poe”

“Huxley” si alza in piedi, dopo il saluto formale, dirigendosi verso di me con uno strascico di cavi e fili a stagno “amore mio, buongiorno!”

“Che succede?”

“Tutto apposto. Tu sei pronta? Studiato anche quel testo sul XX secolo?”

Illustrazione di Diego Gabriele

“Anche quello.” Annuisco in silenzio, voglio conservare la voce per dopo. Ho un nodo allo stomaco. Dev’essere per tutte le sostanze che ho peso per tenermi sveglia: in effetti, sì, potrei aver sviluppato qualche dipendenza. Non vedo l’ora di poter tornare alla routine: un po’ di D e qualche caramella ogni tanto. O forse è semplicemente l’agitazione da esame.

“Mangiamo qualcosa” Poe afferra un pentolino e la scatola degli zolfini. Si accinge a scaldare una zuppa con carne e funghi. La colazione dei grandi eventi…

“mmf”

“Si?” batte la testa negli utensili appesi, nel girarsi.

“Non so se riuscirò a ingerire la zuppa… un po’ pesante?”

“Posso darti solo il brodo, se vuoi. No, eh?” si guarda intorno.

Io mi guardo il piede, chiuso nello stivale, mentre scava un po’ sul tappeto consunto. Ormai si vede il suolo sottostante. Il suolo del sottosuolo.

“Andiamo fuori, ti compro qualcosa. Ieri era giornata di raccolto all’idroponica, troveremo qualche verdura, e forse anche del pane!” tira fuori i risparmi da una scatola di latta, trionfante. Nel farlo fa cadere tutti i pacchetti di erbe per il tè. Poe è un artista dell’elettronica, per il resto è un po’ imbranato, ma non gli va fatto notare. Nelle missioni più pericolose con gli altri mentre io sto nel gruppo d’azione, lui si auto-assegna il ruolo di vedetta. Ovvero fa il palo, non senza un certo timore.

Usciamo.

Oggi i nostri tunnel sono illuminati più del solito, o forse è una mia impressione. Ci infiliamo nel suq, gremito di gente che neanche sapevo esistesse. Sempre così i giorni vicini al raccolto: c’è la frenesia dell’accumulo e tutti escono fuori dai loro cunicoli.

I mercanti di verdura sono in fondo. Solo i più ricchi si addentrano laggiù: l’idroponica funziona ma non è certo economica. Alcuni venditori hanno qualche frutto sotto chiave: non ho mai capito come certa gente possa preferire un arancia stantìa o un tubero rinsecchito a una bella manciata di vitamine sintetiche. Stavolta Poe ci tiene a comprare un’insalata.

L’odore di marcio che ti accoglie appena varcato l’arco di pietra delle macellerie si mescola agli odori della gente, così non capisci nemmeno da dove provenga e dopo un po’ ti puoi convincere che sia soltanto nella tua testa, o nel tuo naso. I ratti non sono male, ma molti non vogliono mangiarli perché li tengono come animaletti da compagnia. Qualcuno non vuole proprio nessun tipo di carne: mangiano solo la costosissima verdura, qualche prodotto di fermentazione batterica e un paio di funghi. Alcuni mangiano addirittura gli insetti, pur di non toccare un coscino di ratto. Non mi è mai capitato di parlare per due volte con qualcuno che avesse questo tipo di dieta.

Personalmente, gli insetti mi fanno schifo. Per attraversare quel quadrante mi tappo occhi e naso, tengo uno spiraglio di visuale e cammino dritta verso il settore del pane e dei dolci, il paradiso. Più simile al purgatorio se vieni qui senza soldi.

“Aspetta qui” Poe si fa largo pestando qualche piede, mano o testa per ottenere una pagnotta e qualcos’altro che non distinguo.

“Ecco qua” mi porge un po’ di pane e una manciata di frutta secca.

“Questa?”

“Un regalo, mangia. Ho pensato che è meglio questa dell’insalata.”

La frutta secca è meno costosa di quella fresca, ovviamente, ma non meno preziosa. A volte è meglio mangiarla senza vedere la cesta dalla quale proviene, o senza fare caso allo sfarfallio intermittente che circonda i venditori in controluce: una volta sotto i denti, il sapore di una noce o di una mela essiccata ti rimette al mondo. Tutto diventa improvvisamente più colorato, e più profumato.

“Andiamo, finisco camminando” spezzetto poco alla volta il mio pane.

La nostra meta è vicina: il tunnel diventa una grotta semibuia. La volta è così alta che rimane nascosta nell’oscurità. Al centro sorge un edificio bello e antico, interamente costruito in muratura, crollato per metà. La superficie esterna è ricoperta di lastre di pietra liscia, del colore della terra. Ci sono cornici di marmo in altri colori: rosa, bianco e verde, che decorano gli ordini delle finestre, mentre alcune statue ne sostengono gli architravi.
I primi di noi decisero di raccogliere qua dentro i volumi in nostro possesso: alcuni erano già presenti all’interno, altri sono stati raccolti nel tempo, scambiati con gli erranti ai mercati con l’esterno o trovati tra gli scarti dei consumatori. Mentre in superficie la gente si disfaceva dei libri, ritenuti primitivi rispetto alle tecnologie e noiosi da leggere, noi nel sottosuolo li raccoglievamo facendone tesoro.

“Pronta?”

“Pronta.”

“Hux” mi afferra le spalle e si avvicina alla mia fronte: la cosa più tenera che abbia mai ricevuto in vita mia, i bacini sulla testa di Poe “Uscirai con quel libro, lo so.”

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Laura Lalune Décroche
iteR - Reloaded

Deals with Experiences and Design as a job. Archer with astonishing cooking skills, writer for fun, got a physical chemistry degree.