La musica sul podio

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3 min readNov 21, 2017

Quando i compositori gareggiavano alle Olimpiadi

“Come nell’antica Grecia, le nostre Olimpiadi dovranno avere esibizioni atletiche ed esibizioni artistiche in egual misura. E’ questa la differenza rispetto alle normali competizioni sportive.”

Queste le parole di Pierre de Coubertin, padre delle Olimpiadi moderne, come descritto nel libro The Forgotten Olympic Art Competitions di Richard Stanton, uno dei pochi scritti dedicati a questo aspetto dei primi giochi olimpici dell’era moderna.
Inizialmente infatti erano state previste medaglie per esibizioni artistiche come pittura, scultura, architettura e musica.
Unica regola: il soggetto di queste opere doveva essere sportivo.
Dal 1912 al 1952 furono consegnate ben 151 medaglie in queste discipline artistiche. De Coubertin era infatti convinto che un vero atleta avrebbe dovuto avere anche capacità più “raffinate” e fece il possibile per integrare la pratica delle arti fin dalle prime olimpiadi moderne del 1900, ma non con poche difficoltà.

Solo nel 1912 potè garantire abbastanza partecipanti e giudici per l’assegnazione di medaglie e così si presentarono casi come quello di Walter Winians, medaglia d’argento nel tiro al bersaglio e medaglia d’oro in scultura a Stoccolma nel 1912.
La ricerca di una formula che comprendesse vari aspetti di queste discipline artistiche portò a diversi esperimenti più o meno riusciti, come il dividere la categoria letteraria in lirica, drammatica ed epica nell’edizione del 1932, per poi ritornare ad una sola categoria nel 1936.

Lo Stadio Olimpico di Amsterdam, medaglia d’oro in architettura alle Olimpiadi del 1912 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=465265

Musicalmente non ci fu spazio per composizioni di genere moderno, un pò per il periodo storico (il jazz e il bebop erano considerati troppo impuri, mentre il rock era solo un esperimento) un pò perchè le composizioni classiche racchiudevano di per sè quella solennità adatta a competizioni mondiali come le Olimpiadi.

Accadde così che la prima medaglia d’oro in ambito musicale andò all’italiano Riccardo Barthelemy per la composizione orchestrale Marcia Trionfale Olimpica, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912.
La curiosità è che inizialmente i giudici dovevano basarsi esclusivamente sulla partitura scritta, non essendo prevista alcune esibizione pubblica delle opere in gara. Un compito decisamente difficile, dato che è umanamente impossibile immaginare un’intera orchestra leggendo uno strumento alla volta dallo spartito.
Il giudizio quindi era per lo più basato sullo stile di scrittura e sugli strumenti utilizzati. In molti casi non vennero assegnate medaglie, come nelle prime Olimpiadi dopo la Seconda Guerra Mondiale (1948) quando si assegnò solo una medaglia di bronzo nella categoria “Musica per voce solista”, ottenuta da Gabriele Bianchi con Inno Olimpico, non reputando degni di argento e oro i brani in gara.

“Corner”, a sinistra, e “Rugby”, con cui Jean Jacoby vinse l’oro ad Amsterdam nel 1928 (Collezione Museo Olimpico di Losanna)

Gli artisti italiani ottennero molti riconoscimenti in queste prime edizioni delle Olimpiadi, come Oreste Riva (argento ad Anversa nel 1920) e Lino Liviabella (argento a Berlino nel 1936) oltre ai sopracitati Barthelemy e Bianchi.

Nel 1952 l’ultima edizione, dato che sempre più artisti preferivano evitare figuracce mondiali ed esprimersi in contesti più consoni al carattere creativo rispetto ad una manifestazione riconosciuta esclusivamente come sportiva.
L’idea iniziale di De Coubertin non riuscì ad affermarsi, anche se dall’edizione del 2012 una apposita commissione giudica opere artistiche dal tema sport, lealtà e amicizia; non sono assegnate medaglie ma premi in denaro.
Lo spirito originale delle Olimpiadi non è andato perduto.

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