You are a pro when you are a pro (Marco Bonvini, Solda, Italia)

Mysterious Ways e il freeride

Come spiegare Mysterious Wyas con il freeride. E viceversa.

Lorenzo
Jack Swann e altre storie
6 min readJan 24, 2017

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Mysterious Ways è una hit degli U2. L’album è Achtung Baby, del 1991. Suona in 4/4 e 99 battute al minuto.

I motivi per i quali associo Mysterious Ways a quanto sto per descrivere non li conosco. Ma so che non riuscirei a farlo senza la canzone. Ovviamente dovete conoscerla. Meglio ancora se la fate partire mentre leggete queste righe. Vi dico più avanti quando.

Disentis, Grigioni, Svizzera. Inverno non so più quale. Primi di gennaio. Quota 3.000 e rotti. Freddo. Non freddissimo ma freddo. Poca neve nel senso che se vai in quello che viene definito uno dei paradisi del freeride ti immagini metri e metri di polvere. Anche in pieno agosto.

L’ultimo skilift l’abbiamo lasciato al suo posto più o meno mezz’ora fa. Abbiamo messo le pelli e ci siamo trovati sul crinale verso la vallata sul lato opposto. Ok. Abbiamo sbagliato. Volevamo andare all’Oberalpstock ma non abbiamo capito niente del tracciato. Abbiamo seguito altre tracce e siamo qui. Nel posto più fetido del mondo. Dritti sul pianerottolo dell’inferno e pronti a suonare il campanello. Stiamo guardando giù. Vediamo il vallone che porta a Sedrun, 1.500 metri più a valle. Il problema è che è almeno 300 metri sotto di noi ma non vediamo come ci arriviamo. Cioè. Lo intuiamo. Ma non lo vediamo. Perchè? Perchè sotto di noi è troppo ripido. Vedo rocce. Guglie. Colatoi. Neve dura e compatta. Intuisco dove il mio corpo potrebbe rimbalzare sino ad arrestarsi senza segni di vita qualche centinaio di metri più in basso. Ma niente che possa far pensare a piacevoli sciate fuori pista. Che è il motivo per cui siamo, saremmo, qui.

Scendo qualche metro con gli sci in mano per raggiungere una specie di minuscolo spiazzo. Con infinita cautela metto gli sci. Maledico il momento in cui ho scelto gli attacchini. Quando finalmente mi tiro dritto e impugno le racchette, realizzo che indietro non posso tornare. E’ il preciso istante in cui parte Mysterious Ways. Potete farla partire anche voi [link a You Tube].

Una serie di scariche di adrenalina risalgono dai piedi a ondate regolari Quando una scarica raggiunge la testa ne parte una nuova. Come in quei film di fantascienza dove lo scienziato pazzo è al centro di cerchi luminosi, in genere rossi, che vanno verso l’alto in un flusso ininterrotto. Avete presente? Ok. Quello è il momento in cui parte il riff di Edge.

Quando Bono attacca al minuto 0:20 con “Johnny, take a walk with your sister the moon” sono improvvisamente calmo. Guardo il colatoio appena più largo dei miei sci. Sbatto le racchette tra loro come se fossi al cancelletto. Lascio che gli spigoli allentino la presa e a “It’s alright, it’s alright, it’s alright” sto saltando per fare la prima curva.

Questo non è sciare. E’ lasciare che la forza di gravità faccia il suo dovere, sporgersi verso il basso, puntare la racchetta a valle sperando che tenga e darsi una lieve spinta verso l’alto. In quel momento girare gli sci nel vuoto e atterrare sugli spigoli. E via di nuovo. Devi crederci. E incredibilmente ci credi. Perché è l’adrenalina ti sta dicendo che it’s alright, va tutto bene. Puoi lasciarti andare. Puoi sporgerti verso il baratro. Se non lo fai, se rimani sulle lamine, prima o poi perderai contatto e per la paura commetterai l’errore di appoggiarti con la mano a monte, impedendo agli sci di essere abbastanza inclinati per fare presa. A questo punto incomincerai a scivolare verso il basso con gli sci che non toccheranno la neve e niente, niente, ti rimetterà in piedi. Non puoi vincere la forza di gravità. Puoi solo sfruttarla. It’s alright, it’s alright, it’s alright. Dammi retta. Va tutto bene. Se hai dei dubbi, sei spacciato.

Dicono che la canzone parli della sottomissione dell’uomo verso la donna. Non lo so. Nel senso che ho l’impressione che il messaggio sia: se ti dicono che va tutto bene allora è il momento di preoccuparti. Il problema è che se sei sottomesso forse lo intuisci. Ma non lo realizzi veramente. Un po’ come quando sei sotto anestesia e il dentista ti dice che va tutto bene. Tutto bene cosa? Cos’è che non va?

Quando a 0:40 Bono canta “She’s slippy, you’re sliding down. She’ll be there when you hit the ground” penso che stia parlando di me. Durante i 5 secondi del riff al minuto 1:10 realizzo che gli adduttori delle cosce stanno diventando di marmo dallo sforzo. Dovrei riuscire a non curvare per qualche secondo se voglio prender fiato. Ma non c’è né tempo né spazio. A meno che non voglia conoscere da molto vicino i sedimenti rocciosi delle alpi urane, devo sbrigarmi a girare di nuovo.

A 1:15 il colatoio incomincia ad allargarsi. Impercettibilmente ma si allarga. Le curve sono meno ravvicinate, i movimenti più ampi. Non devo più saltare. A “Lift my days, light up my nights” sono uscito. E’ il minuto 2:15. La pendenza è sempre sostenuta ma le rocce sono finite. La neve è improvvisamente polverosa. Lo scarsa esposizione al sole e la posizione al riparo dal vento ne hanno impedito la trasformazione.

A 2:40 Bono canta “One day you will look…back And you’ll see…where”. La canzone entra in una specie di ralenty ma la mia velocità aumenta. Sento gli sci che sprofondano nella neve. Se resto sugli spigoli, a questa velocità sarà impossibile girare. Se rallento troppo mi pianto in 2 metri di neve fresca. Posso fare una sola cosa. Dar retta all’irlandese e lasciarmi andare. Questa volta non si tratta di saltare ma di acquistare velocità e molto dolcemente — ma altrettanto decisamente — distendersi e lasciare che il busto anticipi la curva rivolto verso valle, in modo che tutto ciò che è al di sotto della linea di cintura segua per inerzia. Come la sfera nel lancio del martello.

Abbassarsi lentamente e poi altrettanto lentamente alzarsi di nuovo per curvare ancora. Il problema è farlo mentre stai scendendo a 20/30 km all’ora. Nessuna decelerazione. Gli sci stanno letteralmente volando sulla neve. Devi fidarti. Se freni, se rallenti, la magia scompare.

It’s alright…it’s alright…it’s alright

Lo sci è un mistero. Stai surfando su montagne di acqua cristallizzata. Stai sfruttando l’energia di queste onde immobili. Lo stai facendo. Credici. E’ meglio per te.

Il tempo in cui percepisci che gli sci stanno cominciando a girare sembra lunghissimo.

Non

finisce

mai

In realtà dura il tempo di sentire il riff e poi cantare

One day you’ll look back

And you’ll see Where

You were held how

By this love While You could stand

There

You could move on this moment

Follow this feeling

Sono i 20 secondi che vanno dal minuto 2:40 al minuto 3:00. Quando Bono riattacca con “It’s alright” capisci che è finita. Che non ci sono più pericoli. Adesso stai sciando senza nessuna paura. Intuisci il significato più profondo della parola ^piacere^. Ti vedi dall’alto, come in una ripresa da un elicottero. La velocità diminuisce. La pendenza anche. E le curve sono sempre meno chiuse. Hai voglia di gridare e pensi che questo è sciare.

All’ultimo giro di “She moves with it / Lift my days, light up my nights” lasci che gli sci vadano finalmente dritti. Ti godi quegli istanti meravigliosi in cui vedi le punte che attraversano i cristalli di neve. Poi lasci che il mondo si fermi. E ti giri indietro a vedere da dove sei sceso. Un classico.

La canzone sta finendo. Prima che succeda, negli ultimi 16 secondi senti solo i bongos che probabilmente ci sono sempre stati, sommersi dal riff di Edge. Sono come i battiti del cuore dopo uno sforzo. Capisci che quelli erano il problema, il campanello d’allarme. “She moves in mysterious ways”. E tu le andavi dietro. Ma se torni al minuto 0:02 scopri che i bongos si sentono chiaramente. Erano lì a gridarti “Hey, amico! Siamo qui! Ce l’hai il fegato di scendere?”. Se li avessi sentiti non saresti sceso. Ma Bono ci ha montato sopra la panna. E tu ci sei cascato.

Il richiamo della montagna contiene anche il suo anestetico. Non te ne sei accorto. Non te ne ricorderai la prossima volta. Ma va bene così.

It’s alright…it’s alright…it’s alright

Lo sci è mistero.

Lo sci è potere.

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