Santa Rosalillita, Baja Cal., Mexico

Santa Rosalillita

Se passi il confine, non voltarti indietro.

Lorenzo
Jack Swann e altre storie
13 min readJan 24, 2017

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Prologo

Joe Bigunripes, macho, blanco, estatura 1,89 m, peso 92 kg, masculino, blanco, nacido en Jackson, 18 de junio 1990, el físico masivo.
- Hai capito? El fisico masivo. Mica scherzano questi messicani. Hanno capito subito con chi avevano a che fare.
- Joe, guarda che ti sbagli, disse Aroon. In spagnolo masivo vuol dire massiccio, ma non nel senso che intendi tu.
- In che senso?
- Corpulento.
- Eh? Ma siamo scemi? Io torno indietro.
- Joe, per favore, ci siamo fatti un’ora di dogana. Non so di chi sia stata l’idea di entrare a piedi in Messico ma non é stata mia. In ogni caso non ho intenzione di stare qui ad aspettarti mentre discuti con il doganiere per farti cambiare il visto di ingresso.
- Era una grande idea. Ed era mia. Così affittiamo una macchina in aeroporto ai prezzi locali e non a quelli dei ladri di San Diego. A te cosa hanno scritto?
- Jack Swann, macho, blanco, estatura 1,76 m, peso 76 kg, masculino, blanco, nacido en Toronto, 6 de diciembre 1988, fisico regular.
- Fisico regular … Praticamente una mezza sega. E a te Aroon?
- Masculino, blanco, estatura 1,80, peso 74 kg, nacido en Nueva York, 15 de junio 1987, fisico regular.
- Due mezze seghe.
- Sì, ok, va bene. E tu sei l’Incredibile Hulk. Cerchiamo un taxi e leviamoci da ‘sto casino.

Capitolo uno

Superato il caos di venditori di immagini della Vergine di Guadalupe, sombrero e camice a fiori della dogana di San Ysidro, Jack, Joe e Aroon si infilarono in un taxi per l’aeroporto di Tijuana, il General Abelardo L. Rodríguez International Airport, dove presero in consegna una Chrysler Attitude dalle mani di una simpatica signorina della Hertz.
- Che razza di macchina … Non c’era niente di meglio? chiese Joe.
- C’era — rispose Aroon -. A parte il prezzo c’era sopra scritto “gringos-scemi-rubateci-l’auto.
- Un salto a Tijuana?
- Niente Tijuana, ragazzi. Troppo casino, turisti e mordida. Mazzette. Ce ne stiamo tranquilli e puntiamo dritti a Ensenada, dove il mio amico Bart ci porterà in un paio di spot facili da raggiungere. E poi vedremo.
- Sai tutto del Messico, tu. Qualche esperienza o sbaglio?
- Ho dei ricordi.
Poco meno di due ore più tardi sbarcavano nei pressi di Ensenada, in un resort per turisti americani, l’Estero Beach. Ad accoglierli c’era Bart, un tipico surfer della costa orientale, amico di Aroon, che aveva fatto in modo di tenergli un appartamento liberatosi all’ultimo momento per una prenotazione andata a buca.
- Non male — considerò Joe guardandosi intorno.
- Considera che lo paghi meno della metà. Diciamo che é un last minute. Era prenotato da tempo da una famiglia americana che ha avuto un imprevisto.
- Influenza?
- No. La figlia minore è rimasta incinta.
- Ah!
- Vengono qui da anni. Sembrava una tipa tranquilla. Ma con i ragazzini non si sa mai. Ci si vede domani mattina. Ho un paio di spot speciali nei dintorni. Aroon, come se la cavano in acqua i tuoi amici?
- Jack se la cava. Joe non lo so. Sei un amico della tavola, Joe?
- Amico é una parola grossa. Diciamo che resto fedele al mio programma. Io vengo. Se la cosa mi aggrada, ok. Altrimenti ho la sdraio e le birre a farmi compagnia. Al massimo farò un po’ di snorkeling.
- Ci vediamo più tardi a bordo piscina. C’è il solito party di benvenuto. Hasta luego, ragazzi.

Capitolo due

I giorni successivi li passarono a surfare e a discutere sul surf, la neve, la birra, sul rispettivo peso nella vita. Si parlò anche di ragazze e di università, con una certa prevalenza per le prime. Bart, che si era preso qualche giorno di ferie per stare in loro compagnia, li accompagnò in spot diversi. E ogni volta la scena era la stessa. Mentre Bart e Aroon davano spettacolo, con Jack a cercare di star loro dietro, Joe cercava di rappresentare i vari modi in cui era possibile procurarsi dei danni permanenti. Una volta erano gli scogli, una volta il reef, una volta la risacca, la sua preferita.
Fu alla sera del terzo giorno che Bart li invitò a partecipare a un cocktail all’Estero Beach. All’esterno enormi SUV americani e musica grunge ad alto volume. Cuando el río suena, agua lleva, Dove c’è fumo, c’é fuoco, sentenziò Aroon consegnando le chiavi al ragazzo del parcheggio. Tra la Corona e i superalcolici messicani, Jack scoprì che mentre i maschi americani affondavano nella prima, le loro consorti si abbandonavano a Tequila, Pulque e Mezcal senza ritegno. Con le ovvie conseguenze. Fu in mezzo a una animata discussione con alcuni californiani se fosse meglio la vita del surfista piuttosto che quella del freeride, che Joe si presentò con una tipa asciutta, alta, sui sessanta, curiosamente lucida e con un leggero accento inglese.
- Jack, la signora ti conosce.
- Sì? Non credo di ricordare il suo nome, signora …
- Rose. Eveline Rose. Lei è Jack Swann?
- Sì.
- Mister Swann, ho conosciuto sua madre. Era una mia collega, diciamo così. E ho conosciuto anche lei. Ma non può ricordarselo, aveva solo pochi anni. Lei mi è stato presentato a un concerto in memoria di Glenn Gould. Aveva un completino blu molto carino e un’aria molto più seria di quella che ha adesso, ovviamente.
- Jack è cresciuto signora. Glielo avevo detto che non avrebbe fatto fatica a riconoscerlo. Fisicamente è un adulto.
Jack incassò il colpo. Di fronte a lui un energumeno imbottito di birra con una assurda camicia hawaiana e una aristocratica signora inglese lo stavano chiaramente prendendo per i fondelli. Il motivo per cui ciò avvenisse andava al di là delle sue possibilità. Forse c’era una telecamera nascosta. Fu la signora inglese a toglierlo dall’imbarazzo.
- Come dicevo al suo amico, è stato mio marito a volermi portare in Messico. Trovo incredibile che abbia potuto incontrarla.
- Il marito della signora è uno tosto, Jack. Mai trovato nessuno così forte a biliardo. La signora è inglese, ma il marito è di Austin. Te l’ho detto che è forte a biliardo?
- Sì, Joe, me l’hai detto.
- Mi ha pelato 50 dollari. Con tutto il rispetto signora.
- Non si preoccupi, mister Bigunripes.
- Lei suona ancora, signora?
- No mister Swann, non più. Ho fatto l’ultima stagione poco dopo aver conosciuto Henry. Poi ci siamo sposati e ho scoperto che vivere con un facoltoso texano non era compatibile con la dura vita della pianista. Lei suona?
- Ehm, poco, quasi niente. Mia madre non ha mai insistito in questo senso.
- Che peccato. Anne aveva una mano deliziosa e un repertorio straordinario. Ma è vero che ha smesso presto. Lo sapeva che Gould sosteneva che nessuno suonava Gibson come lei? Eccetto Glenn, ovviamente. Che per sua madre aveva una predilezione particolare. Bene. La saluto mister Swann, devo recuperare mio marito. Mi saluti caramente sua madre. Le dica che quanto prima mi metterò in contatto con lei. Saluti anche a Lei, mister Bigunripes. Le suggerisco di non giocare a soldi con Henry. Prima di ricondurlo sulla retta via credo lo facesse di professione. A presto.

Capitolo tre

Il giorno dopo Jack e Joe si ritrovarono fianco a fianco con le rispettive tavole mentre aspettavano al largo che Aroon e Bart cavalcassero una serie di onde particolarmente impegnative.
- Jack, chi era la pazza di ieri sera?
- Non è pazza. È una pianista inglese. Come hai fatto a conoscerla?
- Me l’ha presentata il marito. Cercavo un bagno quando a un certo punto trovo una sala da biliardo. Sai cosa c’era dentro?
- Un biliardo?
- Mai sei scemo? Certo che c’era un biliardo. E un signor biliardo, con il panno nuovo.
- …
- Nuovo.
- Questo l’ho capito.
- Mi sa di no.
- No?
- I campionati di biliardo si giocano solo su tavoli con panni nuovi.
- Ah, ecco …
- Mentre ero lì che lo guardavo compare un tizio alto al massimo un metro e sessanta che mi dice: “Gran pezzo. Sa giocare?”. E io dico “Salve. Certo che so giocare. E non sa quanto mi piacerebbe fare due tiri su questo tavolo. Ma non credo che sia permesso”. “E perché?” mi dice il tizio. “Questo non solo non è fisicamente in grado di giocare, ma neppure ne capisce qualche cosa”, penso. “Perché il panno è nuovo. Vede? Potrebbe voler dire che il tavolo deve essere usato per un torneo”. Il nano mi guarda, guarda il tavolo e mi dice: “Non si preoccupi. L’albergo è mio. E quindi anche il tavolo. Prenda una stecca. Le va bene Palla 7 a 50 centesimi?”.
- Jack, tu lo sai. Sono pochissimi quelli che possono dire di avermi battuto a Palla 7. E comunque non in una serie. Ma questo tizio … Quando ha preso la stecca ho pensato avesse bisogno di uno sgabello per giocare. Poi ha cominciato a infilare una buca dopo l’altra. Sembrava una macchina! Praticamente non ho giocato. Capisci? Pochi minuti e ero sotto di 30 dollari. E ‘sto nano li ha pure voluti! Con tutto che è il padrone di casa …
- Poco elegante. Ne convengo, come direbbe milady.
- Ma davvero ti conosce?
- Sì. Conosceva mia madre. Al momento non l’avevo riconosciuta. Poi mi è venuto in mente chi fosse. Suonava quando suonava mia madre. Poi ha sposato questo tizio molto ricco e si è ritirata. Mia madre lo aveva già fatto. Mi sembra che milady avesso un repertorio classico. Sai, Chopin, Mozart, eccetera.
- E l’accenno a Glenn Gould?
- Ai tempi c’era questa voce, secondo cui Gould era innamorato di mia madre.
- Ma non era già sposata?
- Sì, ma sai com’era Gould. Il fatto che fosse sposata non significava nulla. E poi non credo fosse realmente innamorato. S’innamorava facilmente, diciamo così. Qualcosa del tipo I fall in love so easily di Chet Baker.
- Era veramente fuori di testa come si dice?
- Mah … Era un artista. E non credo avesse un carattere peggiore di altri. Diciamo che se lo confronti con mia madre il paragone non regge. Era un genio. Si è ritirato a 32 anni. Dopo di che ha solo inciso. Capisci?
- Magari sei il figlio di Glenn Gould.
- Magari sei scemo. È morto nel 1982.
- E con questo? La genetica fa miracoli.
- Dillo a mio padre. Sei pronto per la prossima serie? Sono in serie di cinque. Tu prendo la terza e io quella dopo. Ok?
- Ok. Spacchiamo tutto. Sento che mi farò del male. Eeeeeeee … vado!

Capitolo quattro

Fu al termine della giornata che Bart propose di cambiare zona per gli ultimi due giorni, un posto chiamato Santa Rosalillita a circa sei ore a sud, verso Guerrero Negro.
- Devo scrivere un pezzo per Surfer. Che ne dite di accompagnarmi? Mi sembrate pronti, é anche un’occasione per vedere l’interno.
- Per me è ok — disse Joe.
- Per noi anche — convennero Jack e Aroon.
Partirono il pomeriggio seguente. Usciti da Ensenada imboccarono la Mxc1, da allora in poi un normalissima strada a due corsie, in certi tratti diritta a perdita d’occhio, in altri tortuosa e piena di dossi. Superarono Vicente Guerrero, si inoltrarono nell’interno e dopo una sosta per rifornirsi di acqua e birra, in un punto imprecisato della Sierra deviarono a destra su una strada al limite del carrabile per Santa Rosalillita. Dopo un periodo interminabile, in cui le sospensioni sembravano dover esalare l’ultimo respiro, raggiunsero il paese, composto da un paio di piccoli ristoranti, due piccoli mercati, una chiesa, un meccanico e un impianto di imballaggio di pesce, anch’esso di modeste dimensioni (l’impianto, non il pesce). Le casette sul ciglio della strada reclamizzavano il noleggio di barche da pesca d’altura, la ricchezza del luogo. Lasciati i bagagli nell’unico motel, i quattro si fiondarono a cena, con l’unica incognita della scelta del posto.
- Ristorante A o B? Chiese Aroon.
- Boh … Saranno uguali.
- Propongo di puntare sul primo. Se butta male, prendiamo una birra e il resto della serata la passiamo nel secondo, disse Joe.
- Sempre che il secondo sia meglio del primo, disse Bart.
- Tesoro, la vita è fatta così. Non sempre i piatti migliori arrivano quando hai fame, sentenziò Joe.
- E questo cosa vuol dire?
- E cosa ne so? Andiamo.
Contrariamente alle aspettative, il posto non era male. Cucina messicana e, ovviamente, pescado. Piccoli tavoli a ridosso del bancone del bar, alle pareti foto di pesca d’altura e surf, locali e nessun gringo ai tavoli. Dopo un classico giro di Piña Colada, fu la volta delle enchiladas accompagnate da una caraffa di Margarita.
Un’ora e mezza dopo, complice il viaggio, i giorni passati in acqua e la simpatia della gestrice, i quattro erano al limite. Bart iniziò una lunga discussione con Aroon sullo shape delle tavole, mentre Joe si confrontava con Jack sul fatto se la discesa migliore l’avessero già fatta o se dovessero ancora farla.
- Dipende cosa intendi per migliore, disse Jack a un passo dal mettere la testa sul tavolo.
- La migliore è la migliore, Jack, replicò Joe. Non cercare di intortarmi. Sai benissimo cosa intendo. Sei in alto, guardi giù, senti i muscoli delle gambe pronti a guizzare come salsiccette appena insaccate e il cervello che dice ^Vai!^. Fruga nel tuo cervellino da dottore e dimmi la prima che ti viene in mente.
- Il cervello inganna, Joe. Non ci dice la verità, ma quello che vogliamo in quel momento. Sai come si dice: il cervello è un ottimo servitore, ma un pessimo padrone.
- Ok. Non vuoi dirmi niente. Va bene. Va bene. E allora, se non vuoi dire niente al tuo vecchio fratello, sai cosa ti dico? Sai cosa ti dico?
- Che ti ripeti. Voglio andare a dormire, sono in piedi dalle 6 di questa mattina …
- Sai che sei noioso? Devi smetterla di frequentare le tue amichette e venire un po’ in palestra. Quello che ti dico, e fammi il favore di aprire bene le orecchie, é che …
Joe non riuscì a terminare la frase. Dove prima c’era la testa di Joe, Jack, non senza meraviglia, vide i suoi piedi. Senza un grido, si era lentamente ribaltato e il pavimento di legno aveva attutito il colpo. Fu un attimo. Joe emise una specie di sbuffo ma non si rialzò. Jack appoggiò finalmente la testa sul tavolo, ringraziando il Signore che quella conversazione assurda fosse finita. La gestrice non fece una piega e passò sopra Joe con una vassoio di birre. Nel locale per un attimo si fece silenzio. Forse qualcuno pensava che Joe si fosse fatto male. Nessuno si avvicinò. In questo silenzio irreale, mentre dal retro della cucina arrivava un rumore di piatti, si levò una specie di suono basso, ancestrale, come se il Diavolo avesse deciso di far visita al locale aprendosi un varco nel pavimento. Era Joe che aveva cominciato a russare. I presenti scoppiarono a ridere e ognuno tornò alle sue conversazioni. Una ragazza mise un cuscino sotto la testa di Joe, e Jack, visto che qualcuno si occupava del suo amico, chiuse finalmente gli occhi.

Capitolo cinque

Jack e Joe passarono la giornata successiva prima a letto e poi sulla spiaggia, dove si erano trascinati accompagnati da un fastidiosa emicrania. Decisero che era il massimo che erano in grado di fare. E a quel paese Bart e Aroon con le loro fottute tavole. Niente a che vedere con lo sci. Desideravano entrambi infilarsi un paio di scarponi e sentire il suono degli attacchi che si chiudono. Fu a metà pomeriggio, nel mezzo di una lenta conversazione a proposito di quanto dovesse essere distante l’orizzonte per scorgere la curvatura terrestre, che Joe si decise ad accendere la radiolina FM che gli avevano prestato in albergo. Mentre Jack era al bar al di là della strada a recuperare altre due birre, sentì Joe urlare. Lo vide agitarsi in direzione del mare, sbracciandosi per catturare l’attenzione dei soci. Sembrava una scena del film Lo Squalo. Jack mollò le birre e attraversò la strada di corsa lasciando le infradito sull’asfalto.
- Che succede? C’é uno squalo?
- Ma quale squalo! Jack, senti qua! Senti la radio!
Tra il fruscio di fondo e un pessimo audio, Jack si mise all’ascolto. Alla Jackson Hole Radio c’era un tizio che stava parlando dei Grand Teton. Dopo un accenno alla popolazione dei grizzly nell’area di Yellowston, il conduttore passò la parola a un tale, che a Jack sembrò riconoscere nonostante la voce arrivasse a sprazzi.
- .. e allora Ander, com’é la situazione? disse il conduttore.
- Guarda … la situazione é … insomma, notevole. Sono … che … e abbiamo chiuso le … al passo.
- Ma c’é pericolo di …?
- Sicuramente … la situazione … ma con una buona guida non ci … problemi particolari.
- E’ quell’imbecille di Ander! Hai capito? disse Joe [*].
- Ho capito, ma di cosa sta parlando?
- Ma di cosa credi stia parlando? Ma di neve! E’ da quando siamo andati via che nevica!
- Ma se era prevista alta pressione per almeno sette giorni! E quando siamo partiti c’era anche poca neve.
- E invece si sono sbagliati! Stai a sentire.
- … insomma, sono … giorni che … Mai vista così tanta neve. E il gran freddo dei … consolidato il fondo esistente. Per cui, almeno sino a quando non ci sarà un rialzo della temperatura, la situazione …
- Grazie Ander e grazie alle guide … Naturalmente, amici all’ascolto, se volete … fuoripista come quelli che numerosi stanno …, contattate un guida. Meglio se locale, giusto Ander?
- Giustissimo!
- E allora, vai con la …! Grazie Ander … e … a tutti quelli là fuori … dateci dentro! Promette brutto ancora … quindi che la pace sia con voi, amici della polvere!
- Ma vai a quel paese, gran pezzo di *****! Neanche se mi pagassero. Jack, dobbiamo andare! Chiama i due fricchettoni e carica la roba. Se ci sbrighiamo domani sera siamo a casa.
Jack lo guardò. Aveva perso le infradito e sul banco del bar stazionavano ancora le sue birre. C’erano almeno 40° e aveva una barba lunga di due giorni. Bart e Aroon erano al largo a cavalcare onde di tre metri. La maglietta della North Face che indossava aveva urgente bisogno di una lavatrice e magari di amorevoli mani abili nel rammendo. E così anche quel che restava dei suoi pantaloncini da surf. Gli occhiali da sole avevano la tipica patina di salino di chi passa ore al mare. Di fronte a lui un pazzo di 1,90 m gesticolava fuori di sé per richiamare l’attenzione di due surfisti. Ponderò bene la situazione. Sentì la sabbia bruciare sotto i piedi e un forte desiderio di abeti, neve, odore di scioline, albe buie e fredde. Decise che la prima cosa da fare era prendere il controllo della situazione. Si girò, verificò che non arrivasse nessuno e attraversò la strada cercando di non affondare nell’asfalto reso molle dal caldo. Si avvicinò al bancone.
- Mi cerveza, por favor.
- Ahora, señor, rispose il ragazzino al di là del banco.
Valutò la distanza e il tempo per raggiungere il pazzo americano che continuava a gesticolare. Decise che era eccessivo rispetto al tempo di surriscaldamento delle birre. Si appoggiò allo sgabello e portò alle labbra la prima. La bevve, pagò e si avviò con calma da Joe con l’altra bottiglia in mano. Cuando el río suena, agua lleva, Dove c’è fumo, c’é fuoco, pensò. Forse il suo fratello gringo non aveva tutti i torti. Forse era proprio il caso di saltare in macchina e andare a dare un’occhiata. Con calma, però. In fondo il Messico non era niente male. Non avrebbe saputo dire perché, ma non era proprio niente male.

[*] N.D.A.

Ander è una guida co-protagonista di un altro racconto, Train in the distance.

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