burp! — rassegna di gastroscritti/04

L’ultima (così pare) da queste parti.

Gabriele Rosso
John Doe
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6 min readApr 11, 2020

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Gli articoli gastronomici più interessanti degli ultimi giorni, commentati.

Prima di entrare nel dettaglio del quarto episodio di burp! c’è un cerchio da chiudere. Un mesetto fa, quando presi la rubrica Per un pugno di link da piattoforte.it per portarla da queste parti, spinto dal blocco del sito che la ospitava, promisi che avrei pubblicato quattro numeri della stessa su Medium, cambiandogli un po’ faccia ma rimanendo fedele all’impostazione originaria. Era chiaro che burp! cercava casa, e oggi posso finalmente dire che una casa l’ha trovata: dalla prossima settimana ci si sposta ancora per planare su Gastronomika, nuovo progetto web-gastronomico, appunto, di Linkiesta. Qui è dove ne parla brevemente il direttore di Linkiesta Christian Rocca, annunciando l’uscita del sito per martedì 14 aprile. Io ringrazio lettrici e lettori che mi hanno seguito durante queste continue capriole, e le/li invito a leggermi di là, da venerdì 17 aprile. Cambia il giorno di pubblicazione (dal sabato al venerdì), e becchiamo subito una data che gli scaramantici dalle mie parti guardano con una certa dose di orrore. Ma di questi tempi già particolarmente sfortunati mi convinco che fa poca differenza e vado avanti a testa alta, sfidando anche la cattiva sorte. Prima di lasciarvi alla lettura degli articoli più interessanti della settimana, però, devo spendermi in un altro doveroso ringraziamento, e lo rivolgo ad Anna Prandoni, che dirigerà Gastronomika e ha voluto credere in questa mia piccola cosa.

The Farm-to-Table Connection Comes Undone

Lo sappiamo bene, ormai: le conseguenze di questa pandemia si stanno riversando su tantissimi settori, colpendo particolari nodi delle filiere produttive che ne usciranno con le ossa rotte. Tra questi nodi ce n’è uno particolarmente critico. Se infatti da un lato l’agricoltura e il mondo della produzione di cibo nel suo complesso vanno avanti a lavorare per continuare a sfamare tutti, com’è ovvio che sia, cionondimeno la chiusura dei ristoranti in buona parte del mondo colpisce quegli agricoltori, allevatori e trasformatori che avevano basato la loro economia proprio sull’essere fornitori della ristorazione. Spesso si parla di ristorazione di qualità, e nello specifico di questo articolo firmato da Kim Severson del cosiddetto farm-to-table (dal campo alla tavola), il movimento nato negli anni Settanta sulla scia del progetto Chez Panisse partorito dalla mente di Alice Waters, e che oggi ha nel cuoco newyorchese Dan Barber uno dei suoi rappresentanti più noti. L’articolo è naturalmente da leggere per intero, anche perché enumera una serie di esperienze e le strategie messe in campo per reinventarsi. Da parte mia concordo con Randy Stannard e Sarah McCamman, che a Sacramento stanno tentando di riconvertire la propria attività inserendola in modo capillare nel tessuto commerciale locale. Abbiamo a lungo demonizzato il dogma del chilometro zero come qualcosa di antistorico, ideologico e stupido. Preso dogmaticamente lo è, ma se questa pandemia ci sta insegnando qualcosa è che le filiere alimentari dovrebbero riorganizzarsi profondamente a partire da un forte radicamento locale.

The New York Times — 9 aprile

Leggi anche: “We’re Good in Mayhem”: Why — And How — The Coronavirus Outbreak Has the World’s Chefs Springing Into Action di Lisa Abend su Vanity Fair.

C’è una relazione tra allevamenti intensivi e nuovo coronavirus?

Questo articolo di Laura Spinney è uscito sul Guardian a fine marzo, ma visto che Internazionale lo ha tradotto in italiano e lo ha riproposto solo nei giorni scorsi lo condivido qui. Si è fatto un gran parlare nelle ultime settimane di pipistrelli e mercati cinesi, con tutto il codazzo di riflessioni a metà tra il complottismo e il razzismo su presunte responsabilità cinesi, per l’appunto, nella diffusione della pandemia. Tuttavia, e credo di averlo già detto più volte anche nelle scorse edizioni della rubrica, uno degli aspetti più evidenti di quanto ci sta succedendo è che stanno venendo a galla tutte le contraddizioni sulla sostenibilità e sull’intelligenza del sistema produttivo che abbiamo costruito, anche (mi viene da dire soprattutto) sul versante alimentare. Qui si spiega in modo chiaro il ruolo degli allevamenti intensivi nel causare epidemie di questo genere, che viaggiano da specie animali all’uomo. E no, non è (solo) colpa dei pipistrelli.

Internazionale — 8 aprile

Leggi anche: Le pandemie sono una delle conseguenze della perdita di biodiversità di Silvia Granziero su The Vision.

No for Real, What Is Yeast Exactly

Visto che di recente il lievito pare essere scomparso dagli scaffali di molti supermercati e delle botteghe alimentari, ecco una breve e chiara guida che racconta quali sono le varie tipologie in commercio, come si possono usare, e che “conseguenze” hanno sulla nostra pagnotta o pizza casalinga. Ah, Jenny G. Zhang spiega anche cosa fare se ne avevate dimenticato un po’ in fondo a un vecchio barattolo.

Eater — 8 aprile

Monseigneur Le Vin: The Art of Drinking Wine

Per spezzare un po’ l’inevitabile monotonia coronavirus-centrica della scrittura gastronomica degli ultimi tempi, può essere utile leggere questo estratto di un vecchio libro sul vino (del 1927) che verrà riedito negli Stati Uniti a maggio.

Planet of the Grapes — 3 aprile

Ritorno al presente

Riflessioni sul menu degustazione, prima e dopo il coronavirus

Direttamente dal passato, cioè da una visita a un ristorante pre-covid19, Giorgia Cannarella trae spunti per ragionare sul futuro della ristorazione, e nello specifico sul menu degustazione. Personalmente non scelgo quasi mai questa formula, perlomeno laddove vedo che la carta dà maggiori possibilità. Certo, finisco per spendere qualcosina in più, ma almeno mi posso compiacere della libertà ricevuta in cambio. E se c’è una tendenza, forse meglio dire “uno spirito dei tempi”, con cui la ristorazione futura, compresa quella di alta fascia, dovrà fare i conti, è quella a una maggiore flessibilità delle formule. Sperèmm, direbbero a Milano.

Munchies — 9 aprile

Capitolo libri

Pare che stiano per riaprire le librerie, e a me sembra un’ottima notizia. Anzi, siccome io ritengo i libri beni di prima necessità, mi chiedo perché mai siano state chiuse. Oltretutto, vista la nostra (di noi italiani) proverbiale allergia per la lettura, non credo che ci saranno pericoli di assembramento, anzi. Certo le case editrici sono ferme, le nuove uscite idem. Ma nello “storico” c’è molto di bello da pescare, o forse ce n’è più lì che nella sezione novità, visto che ormai si pubblica qualsiasi stronzata (scusate il francesismo).

Quindi mi sento in dovere di consigliarvi un libro che probabilmente online faticherete a trovare (nel caso sull’e-commerce di Guido Tommasi Editore c’è), ma che potrebbe essere rimasto tra gli scaffali polverosi di qualche libreria, meglio ancora se indipendente. Si intitola Il pedante in cucina, l’autore è Julian Barnes, sommo romanziere inglese, e mi pare molto adatto per questi tempi, visto che racconta il rapporto di Barnes con la cucina, una cosa che noi stiamo forzatamente riscoprendo. Non solo, racconta anche il suo rapporto con i libri di cucina, ed è un avvitamento bellissimo.

A chi è arrivato fin qui spiego un’ultima cosa. In queste quattro uscite di burp! su Medium ho scelto come immagini-copertina quattro foto di scrittori che mi hanno pesantemente condizionato e che rappresentano il mio olimpo letterario: Charles Bukowski, Albert Camus, Paul Auster e Beppe Fenoglio. Non si tratta di scrittori gastronomici, come ben sapete. Ma io credo che la scrittura gastronomica non possa più vivere in una bolla isolata, quasi fosse un’appestata. “Ah, scrivi di cibo”, dicono guardandoci storto. Sì, scrivo di cibo, e credo sia arrivato il momento di dare a questa scrittura la dignità letteraria che merita, che a volte ha avuto e che oggi sembra perlopiù aver perso. Per farlo servono giovani penne ispirate: in giro ce n’è qualcuna, vale la pena provare a raccoglierle e dare loro la possibilità di esprimersi compiutamente.

Grazie per l’ascolto, ci vediamo qui tra sei giorni.

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Gabriele Rosso
John Doe

Editor & copyeditor, mi interesso e scrivo di gastronomia, libri, politica e cultura. Ph.D. in Studi Politici.