Jesse Owens ha vinto di nuovo

O della storia che si ripete

Gabriele Rosso
John Doe
3 min readJul 16, 2018

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Quello nella foto è Jesse Owens, straordinario atleta statunitense (velocista e lunghista) in grado di vincere quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Per chi non lo sapesse, nel 1936 a Berlino spadroneggiava un certo Adolf Hitler, il tizio coi baffetti buffi alla Charlie Chaplin, che storicamente è noto per non aver mai apprezzato quelli appena un po’ diversi da lui. Owens era nero, come si può vedere. Molto diverso dal vero americano, quello bianco, di sangue anglosassone e di religione cristiano-protestante. L’americano di Donald Trump, per intenderci, e poco importano le storielle sugli indiani d’America che calpestavano da più tempo quella terra o sui WASP (bianchi, anglosassoni, protestanti) che pure loro erano immigrati. Owens era discendente di africani prelevati dal proprio continente e portati negli Stati Uniti a far gli schiavi. Quindi, se ragionassimo col sangue, potremmo dire che a vincere quelle quattro medaglie fu l’Africa, no? E che chi difende la natura statunitense di quelle quattro medaglie difende lo schiavismo, no?

E poi? Poi c’è la storia che si ripete, con il Mondiale di calcio in Russia nel bel mezzo dell’esplosione del sovranismo nazional-razzista, con Vladimir Putin che tira le fila di questa nuova forma di fascismo a livello globale, con una finale tra una formazione che rappresenta la speranza dei sovranisti nazional-razzisti e un’altra che è il simbolo di tutto ciò che questi figuri disprezzano. La Francia bianca ma non troppo, in realtà nera e mulatta, sudafricana, medioafricana, nordafricana. La Francia colonialista, la Francia del multiculturalismo riuscito solo a metà, la Francia delle banlieu, la Francia degli attentati terroristici tra cittadini francesi che odiano altri cittadini francesi. La Francia del pallone in cui diventano più bravi quelli che hanno meno da perdere, i figli degli immigrati, i figli degli emarginati, i figli delle colonie. La Francia delle contraddizioni e delle sfumature, la Francia nemica di chi vede o tutto bianco o tutto nero.

La finale dei Mondiali l’ha vinta la Francia, alla fine.

I complottisti di professione sospetteranno che sia colpa di George Soros, il tizio della foto qui sopra. Questo mostro della finanza internazionale, globalista ed ebreo, che alcuni vorrebbero discendente dei Savi di Sion (mai sentita la storia dei Protocolli?) deve aver tramato contro i sovranisti nazional-razzisti. Per forza. Deve aver corrotto Mario Mandzukic, costringendolo a segnare il primo gol nella propria porta, e se così non fosse avrà comunque corrotto gli arbitri, che alla Francia hanno concesso, anche se verrà da dire regalato, il rigore decisivo.

Altri invece capiranno una cosa, ma forse saranno in pochi: capiranno che questa Francia del pallone, che già in passato ha dimostrato che per vincere bisogna essere bravi a insegnare a giocare a calcio ai propri bambini — e non importa di che colore hanno la pelle — , è un po’ come Jesse Owens. E anche se a noi italiani, rimbambiti da un nuovo ducetto, i francesi stanno ancora un po’ sulle palle dopo la finale degli Europei di calcio persa ad Amsterdam nel 2000 e quella dei Mondiali vinta a Berlino nel 2006, anche se la Crozia, la Cenerentola che ruba il principe a tutte le dame favorite, non poteva non esaltarci, i pochi superstiti che credono in un mondo aperto e solidale devono gioire: Owens ha vinto di nuovo, mentre a Hitler gli rode un po’ il culo.

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Gabriele Rosso
John Doe

Editor & copyeditor, mi interesso e scrivo di gastronomia, libri, politica e cultura. Ph.D. in Studi Politici.