sgomberare o smembrare?

Su CasaPound, scritte e occupazioni.

Gabriele Rosso
John Doe
2 min readAug 7, 2019

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C’è un aspetto singolare nelle ricorrenti polemiche su CasaPound e sullo stabile occupato dal partito dichiaratamente fascista a Roma. E no, non riguarda il fatto che la sindaca Virginia Raggi si sia premurata di far togliere la scritta CasaPound dalla facciata vendendola come una grande conquista. Riguarda piuttosto il fatto che lo sgombero è un passaggio totalmente inutile per affrontare di petto il problema rappresentato dallo sdoganamento dell’organizzazione di estrema destra. E lo è per due motivi.

Primo, se si inneggia allo sgombero di CasaPound si inneggia allo sgombero di tutti gli altri edifici pubblici occupati, se si vuole essere coerenti. Per quanto mi riguarda le occupazioni di edifici pubblici non vanno demonizzate tout court, perché innanzitutto la casa è un diritto, e quando questo diritto viene negato è cosa buona e giusta lottare duramente, se necessario anche al limite dei confini della legalità, per riaffermarlo; e poi le occupazioni quasi sempre sono germogli di socialità, attività culturali, dissenso (ben venga), solidarietà reciproca tra occupanti, iniziative di quartiere.

Secondo, CasaPound non andrebbe sgomberata, andrebbe semmai smembrata in quanto organizzazione fascista e anticostituzionale. Urlare allo sgombero equivale a pensare che sbianchettare la scritta dalla facciata serva a qualcosa. Lo sgombero serve a liberare un edificio pubblico occupato, non serve a indebolire CasaPound (anzi). Quindi smettiamola di grattare in superficie, che non serva a nulla. Alziamo il coperchio e guardiamo cosa c’è sotto, una volta tanto.

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Gabriele Rosso
John Doe

Editor & copyeditor, mi interesso e scrivo di gastronomia, libri, politica e cultura. Ph.D. in Studi Politici.