THERE WILL BE DRAGONS: PICCOLO ATLANTE CARTOGRAFICO.

Fabbì
karthago
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6 min readMar 29, 2017

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EPISODIO 1.

Ci sono tanti modi per raccontare pezzetti di storia del mondo, il mio preferito in assoluto sono le mappe.

Dentro ci trovi intere culture, contesti storici, modi di pensare ed interpretare il mondo e a volte il paese in cui sei nato.

Disegni su un fazzoletto di carta la strada più veloce per arrivare dal bar a casa e stai tracciando un ritratto di te, di come ti muovi, della farmacia in cui compri le aspirine e della strada in cui la mattina si sente l’odore di pane.

Ogni mappa è il ritratto di noi nel mondo e del mondo attraverso noi:

Maps hold a clue to what makes us human. Certainly, they relate and realign our history. They reflect our best and worst attributes — discovery and curiosity, conflict and destruction — and they chart our transitions of power. Simon Garfield in “On the Map”.

Non so di preciso quando e chi abbia avuto l’idea di disegnare il mondo, le incisioni rupestri in Val Camonica ci raccontano di un tempo in cui si disegnavano i campi coltivati, ma rimangono per me, rappresentazioni della lunghezza di uno sguardo, mentre le mappe hanno il potere di estendersi sopra sui confini, sugli argomenti e sulle superfici.

Mappa infatti deriva da tovaglia o tovagliolo, perché all’inizio nasceva su teli di lino facilmente trasportabili.

Una mappa infatti non è solo una rappresentazione, ma soprattutto uno strumento che serve a noi –– e agli altri –– per orientarci e muoverci nello spazio e per questo le mappe sono anche interpretazione, “mind reading”.

Già, perché se la comunicazione è anche la condivisione e l’interpretazione di codici, allora le mappe, come tutti i contenitori di segni, sono comunicazione. Se non c’è comunicazione non c’è strumento: non posso utilizzare –– almeno in maniera corretta –– la tua interpretazione del mondo per muovermici dentro.

Ed ad un certo punto della storia qualcuno ha detto: “ecco questa è quello che sappiamo del mondo, ammiralo, usalo per spostartici, sogna di attraversarlo o solo.. trovati!” e quell’omino che ha trasformato la rappresentazione in strumento si chiamava Eratostene di Cirene.

194. a.c. Eratostene di Cirene, l’inventore della “geografia”.

Eratostene di Cirene era un matematico ed un astronomo, nonché il primo cartografo della storia, inventore del termine “geografia” che vuol dire letteralmente “descrizione della terra”.

Eratostene è il primo “cartografo” perché applica la matematica allo studio del mondo, tanto da calcolare in maniera sorprendentemente accurata le dimensioni della terra.

La sua mappa più famosa sarà a lungo la migliore rappresentazione della terra per come era conosciuta 200 anni prima della nascita di Cristo: in essa compaiono il Nilo — dalla sua nascita alla sua confluenza con il Mar Mediterraneo — le Isole Britanniche, l’Europa e l’Asia.

Immagine 1: “Mappa di Eratostene” di Bunbury, E.H. (1811–1895)

Il suo lavoro cartografico, fatto di dissertazioni scientifiche e di disegni geografici, dà forma ad un trattato in tre volumi chiamato, appunto, “Geografia”.

Eratostene è il primo esempio di come le mappe possano essere il frutto della “pura conoscenza”: il sapere è la materia principale con cui plasmare il mondo intorno a noi, ed Eratostene, come uomo di sapere, è in grado di disegnare una mappa così accurata senza nemmeno lasciare la Biblioteca di Alessandria.

Dobbiamo quindi ad Eratostene non solo la nascita del termine “geografia”, ma la definizione dell’essenza stessa della cartografia: una elaborazione razionale di ciò che possiamo osservare.

Poi, è arrivato Tolomeo con i suoi spazi bianchi.

90 e 170 d.c. Tolomeo e gli “spazi bianchi”.

La sua una rigorosa visione del mondo in otto volumi è il “catalogo” della terra abitata — oikumene — con coordinate geografiche, città, fiumi e catene montuose.

Tutto ciò che si conosce fa parte dell’ oikumene e compare di diritto nelle pagine della “Geografia” Tolemaica e ciò che è sconosciuto lascia sulla mappa uno spazio bianco.

Tolomeo, in pratica, sa di non sapere e quello che non sa lo usa come un foglio bianco: riempie gli spazi sulla mappa con concezioni teoriche, teoremi scientifici e dissertazioni. Horror vacui insomma.

Immagine 2: “Ptolemy World Map” di Jacob d’Angelo

Il bisogno di “riempire gli spazi bianchi”, di aggiungere conoscenza su una rappresentazione visiva già carica di “senso”, è un elemento che ricorre in tutta la storia della cartografia, fino a palesarsi negli ultimi decenni con le collaborazioni cartografiche “dal basso”, in cui le persone aggiungono informazioni rilevanti su mappe incomplete in maniera collaborativa e attraverso strumenti Wiki.

I Romani, invece, avevano una visione molto pragmatica delle mappe, che servono all’Impero e in esse solo le strade dell’Impero e delle sue province sono rappresentate.

Itineraria: passa da Roma la strada per il Medioevo

Gli itineraria erano una sintesi di una serie di percorsi, stabilita sulle principali vie romane. In essi la rappresentazione geografica viene sostituita dalla presenza ben segnalata di città e stazioni di posta, così che si possa tracciare facilmente un tragitto con un punto di partenza, delle tappe intermedie ed un punto di arrivo.

Gli itineraria erano visibili lungo le strade principali o acquistabili in forma ridotta su pergamena. Il loro utilizzo ideale era il viaggio — non la conoscenza geografica del mondo — e il loro pragmatismo è evidente: a chi le usa non interessa la geografia, ma il nome della prossima città sul suo cammino.

La Tabula Peutingeriana è uno degli esempi più maestosi di itinerarium, nonché una delle mappe più sorprendenti di questa serie, per la sua rappresentazione geografica e la disposizione spaziale di interi continenti.

Nell’immagine sottostante — distesi sulla carta — L’impero Romano, L’Oriente, L’India (con il Gange e lo Sri Lanka) e la Cina perdono ogni riconoscibilità immediata, mentre l’itinerarium mantiene il proprio valore comunicativo.

Se confini e territori si confondono, nella Tabula Peutingeriana emergono distintamente: 555 città, 3.500 riferimenti come fari e santuari.

Due case rappresentano le città mentre un medaglione segnala le capitali dell’Impero: Roma, Costantinopoli, Antiochia.

Immagine 3: “TabulaPeutingeriana” di Conradi Millieri — Ulrich Harsch Bibliotheca Augustana.

Un particolare di Lucca e Pisa:

Immagine 4: “Tabula Peutingeriana Pisa Lucca Luni”.

Le coste dei Balcani, la Puglia, la Calabria, la Sicilia e le coste Libiche.

Immagine 5:”Part of Tabula Peutingeriana” Conradi Millieri — Ulrich Harsch Bibliotheca Augustana- Bibliotheca Augustana

L’uso figurato dello spazio anticipa di fatto quello utilizzato oggi nei trasporti: arrivando praticamente inalterate sino al medioevo sono utilizzate, come la mappa della “Tube” londinese di Harry Beck, nelle Crociate e nei pellegrinaggi.

Il Medioevo sarà una vera e propria rivoluzione cartografica, non solo in termini di rappresentazione, ma anche di produzione, commercio, diffusione, cultura, politica e –– perché no –– spionaggio internazionale.

Ma di questo spostarsi, di singoli ed eserciti, per mare, per terra o semplicemente scorrendo le dita su una carta ci sarà modo di riparlarne.

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