In memoria di Franco Citti

L'asino vola
The Critic as Artist
3 min readJan 16, 2016

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di Letizia Gatti

Secondo Pier Paolo Pasolini Franco Citti, “come tutti coloro la cui psicologia è infantile”, aveva “un profondo senso della giustizia” ed era “sempre pronto a dibattersi, difendersi, aggredire, per proteggere la sua intima indecisione: il senso quasi di non esistere che egli covava dentro di sé”.
Ricordiamo l’attore, morto il 14 gennaio all’età di 80 anni, con le parole di PPP, che lo immortalò in alcune delle sue più celebri pellicole (Accattone, Mamma Roma, Porcile, Il Decameron, Edipo Re…).

“Un giorno Sergio [Citti], mentre camminavamo, lì, al semaforo della Marranella, per la Casilina, mi presentò suo fratello Franco che era un ragazzetto di diciassette anni. Ancora cucciolo, timidissimo, con gli occhi d’angoscia della timidezza e della cattiveria che deriva dalla timidezza, sempre pronto a dibattersi, difendersi, aggredire, per proteggere la sua intima indecisione: il senso quasi di non esistere che egli cova dentro di sé. Per contraddire questa sua ingiusta incertezza d’esistenza, egli non ha altri strumenti che la propria violenza e la propria prestanza fisica: e ne fa abuso. […] Come tutti coloro la cui psicologia è infantile, Franco ha un profondo senso della giustizia. Sente profondamente la propria colpa quando commette qualcosa di ingiusto e non sa ammettere che altri compiano qualcosa di ingiusto. Questa consacrazione, avvenuta nella sua infanzia, di un fondamentale senso di giustizia, e quindi di colpa, fa sì che tutta la sua vita sia pervasa da qualcosa di mitico, di rigido, di immodificabile (come in tutte le consacrazioni). Ha dovuto costruirselo da sé questo senso di giustizia (nelle strade della Maranella, negli istituti di educazione), e l’ha fatto male. […]

Quando mi sono deciso a scrivere Accattone e ho dovuto scegliere il protagonista, ho pensato che lui poteva andare benissimo e ho ricostruito il personaggio di Accattone su di lui. In realtà, ora, lui e Accattone sono la stessa persona.

Accattone naturalmente è portato ad un altro livello, al livello estetico di un “grave estetismo di morte”, come dice il mio amico Pietro Citati, ma in realtà Franco Citti e Accattone si assomigliano come due gocce d’acqua.

[…] Franco Citti è uno di quegli uomini che devono combattere contro il serpente grande. La sua enorme carica vitale lo costringe ad una lotta incessante contro se stesso, a un tipo di vita eccezionale, speciale, fuori dalla norma — che io fra l’altro comprendo benissimo. È la lotta contro questa carica vitale che coloro che devono combattere contro una carica vitale piccolissima condannano. I signori che passano le loro serate davanti alla televisione a vedere gli ambigui sorrisi perbene delle presentatrici o la barba ricattatrice di Padre Mariano, sono coloro che combattono contro una carica vitale poco più grande di un vermiciattolo ed è quindi per loro facile condannare chi perde ore e ore del suo giorno e della sua notte a combattere contro la dolce violenza della tentazione».

— Il testo è tratto da Diario al registratore. La voce di Pasolini e Anna Magnani sul set di ‘Mamma Roma’, a cura di Carlo di Carlo, maggio 1962 —

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