Essere Luke Skywalker (all’anagrafe)

Stefano Pace
L’economia di Star Wars
4 min readJul 2, 2016

Nel 2008, l’inglese Laura Matthews, con un atto legale, decide di aggiungere “Skywalker” al suo nome, diventando Laura Elizabeth Skywalker Matthews. Da quel momento, ogni documento che sottoscrive ha la firma “L Skywalker”. Ogni documento, dalla carta di credito alla patente di guida, ha la firma ispirata al personaggio di Star Wars. Laura lo fa “for a bit of fun”, per sfida con gli amici, per passione verso Luke Skywalker.

Nel 2014, al momento del rinnovo del passaporto, l’ufficio preposto al rilascio del documento si oppone. Il nome L. Skywalker è protetto dalle norme del diritto commerciale e d’autore, è un trademark. Non è quindi disponibile. Impiegano otto settimane per prendere la decisione. Due mesi dopo l’iniziale decisione dell’ufficio, dopo ricerche legali e l’intenzione di Laura affidarsi a un avvocato, il passaporto arriva con il nome desiderato da Laura. Successivamente, contrordine: l’ufficio dichiara che il rilascio è avvenuto per errore e che il passaporto è revocato. La mitica Laura Elizabeth Skywalker Matthews torna a essere la cittadina Laura Elizabeth Matthews (almeno per l’ufficio passaporti…). Lo scorso febbraio, Laura ha chiesto di consultare gli atti che hanno condotto alla decisione di revocare la validità del suo passaporto… stellare. La vicenda potrebbe quindi avere ulteriori sviluppi, dato che l’ufficio ha l’obbligo di rispondere all’istanza di Laura.

Lo straordinario del fandom, l’ordinario della vita

LaLa tergiversazione burocratica e le incertezze legali sulla vicenda mostrano la difficoltà di inquadrare nella normalità (legale e di vita comune) i casi che si pongono al limite della cultura pop moderna. Il mondo comune e i fandom sono mondi che intrattengono relazioni complesse e a volte ambivalenti. Mondi che possono divergere improvvisamente su dettagli apparentemente minori, come un blooper in un film, un dettaglio di giocattolo non in linea con lo stile dell’universo narrativo, come la firma di Laura. Da un lato, la standardizzazione della burocrazia e la normalizzazione. Dall’altro la passione che vuole essere riconosciuta ufficialmente rimanendo però in una posizione con una piccola deviazione rispetto al mainstream. Riconoscimento che nasce per gioco, ma si applica alla serietà di un documento dal valore internazionale, come un passaporto. Nel provare a capire perché l’ufficio passaporti ha deciso di non riconoscere la firma, Laura nota: “It’s a signature, not a printed name, and I’m not a good or service which is the dictionary definition of a trademark”. In questa frase si riassume la divergenza fra 1) il contesto commerciale dei brand e delle storie hollywoodiane (printed name, trademark) e 2) l’identità personale del fan (signature, “I’m not a good or service”).

La vicenda della sorridente Laura mostra fino a che punto può spingersi la cultura fandom nell’identificazione con i personaggi amati. Laura si sente Luke Skywalker o almeno sente di dover tributare a Luke un’identificazione talmente piena da essere legalmente certificata. Forse cambiar nome ispirandosi a Star Wars non è un suo diritto disponibile, ma questo non riduce il suo senso di connessione col mondo Star Wars (anzi, potrebbe persino stimolarlo ulteriormente, in una disputa personale col mondo burocratico esterno alla galassia di Star Wars). La piccola sfida di Laura è meno appariscente di un fan che si veste da Chewbacca. È però sfida più profonda perché riguarda un dettaglio come la firma con la quale può produrre atti legali. Laura è contestualmente dentro la normalità e fuori da essa, in un movimento che caratterizza i fan: gente comune che ha un guizzo speciale su aspetti che altri considerano irrilevanti.

Chi è Luke Skywalker? Una persona? Un personaggio? O la moltitudine di fan?

Il caso di Laura pone anche la questione di chi possa definirsi proprietario di un brand. Per l’ufficio passaporti il proprietario è da ricondurre agli autori di Star Wars. Forse neanche l’ufficio passaporti può affermare esattamente chi sia tale proprietario: George Lucas? La Disney? E Mark Hamill può vantare una qualche forma di controllo sul nome che l’ha reso un simbolo? L’ufficio tenta di stabilire un rapporto 1:1 fra brand e autore (persona, società o autore multiplo) del brand. Laura, invece, propone un rapporto 1:fandom. Laura è persona identificata(well… non ancora completamente), ma la sua richiesta vale per tutti gli appassionati della galassia Star Wars che, ipoteticamente, potrebbero fare altrettanto.

Questa immagine è un simbolo del fandom moderno: Laura è una persona come tutti, ma ha un po’ di Skywalker dentro. L’esteriorizzazione non è più l’unico modo per vivere una passione; il fandom tocca l’identità interiore [Image source].

Laura non è Luke Skywalker, è Laura Elizabeth Skywalker Matthews. Un’identità ibrida che apre a Tizio Solo Rossi, Sempronio Chewbacca Bianchi. Apre al fandom e il brand diventa contaminazione delle identità singole. Il mondo di Star Wars resta identico a sé, ma si declina nelle personalità di ciascuno. È il sogno di ogni brand.

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Stefano Pace
L’economia di Star Wars

Kedge Business School (assoc. prof.) | Bocconi University (adj. pr.) | Mktg/Consumer Culture | All views are my own | RT≠endorsement