Star Wars: La Saga della Spada

Stefano Pace
L’economia di Star Wars
5 min readFeb 2, 2016

Questa è una spoiler-free zone, per cui non scrivo nulla di specifico sulla trama palese del Risveglio della Forza, anche a distanza di tempo dall’uscita. Se però siete puristi e non volete neanche possibili spoiler della sottotraccia, abbandonate comunque ora e che la Forza sia con voi.

Propongo un’indicazione di gioco (fra le varie possibili). Non essendo uno StarWarsologist della prima ora come altri ben più preparati cultori (e non avendo mai indossato il casco di Darth Vader…), a un certo punto del film questa chiave di lettura mi è servita per non perdermi fra laserate e navi spaziali che si impennano fra le stelle.

Se andate a vederlo o rivederlo, per Il Risveglio della Forza partirei dal presupposto che — più che in altri film — le sceneggiature sono pezzi di teoria applicata. Bello o brutto che sia, quando uno screenplay viene limato da dozzine di teste per anni, inevitabilmente — come una rete nel lago — raccoglie le teorie che circolano in quel momento nelle redazioni dei giornali, negli uffici di management, nelle torri di controllo, nei tribunali, fra gli scaffali di un supermercato, nelle aule. Raccoglie le teorie che si stanno testando in quei posti. Teorie non ancora abbastanza provate da diventare pensiero comune. Le saghe e le storie servono proprio a metterle a punto, a proporcele in modo narrativo e a verificare se funzionano. Al di là del merito artistico, se è la Disney a schierare le sue teste a fare la sceneggiatura, quelle teorie sono le più aggiornate in circolazione.

Una delle teorie correnti e dibattute (non certo nuova, ma ha un suo revival, ad esempio in ambito ecologico) è trattare gli oggetti come attori, esseri a loro modo viventi.
(Per gli addetti ai lavori: Actor-Network Theory, practice theory, assemblage ecc. Quella roba lì, ma scritta dalla Disney in modo da generare una storia sottile, disinnescando l’astrusa forma di teoria-ago che bucherebbe invece il pallone di un bel racconto).

Secondo questo approccio, gli oggetti sono allo stesso livello degli esseri umani. Concetti come volontà, intenzione, azione sono applicati a entità inanimate. A un primo strato, la teoria sembrerebbe applicabile in modo palese a BB-8, il droide sferico. Un oggetto elettronico che esprime, a suo modo, una volontà propria. Ma è troppo semplice. In fondo un robot è programmato e disegnato per essere antropomorfo (nelle caratteristiche interiori, anche se esternamente è tondeggiante). Inoltre, dall’epoca della lampadina della Pixar (Luxo, Jr.), oggetti comuni sono già viventi. Ne sono esempio il WALL-E e i giocattoli di Toy Story.

Quello di BB-8 e dei suoi precursori è il livello palese (preparatorio?). Non è una novità. Il passo avanti si compie se si propone come vivente — non in modo evidente, ma in controluce — un oggetto che è essenzialmente inerte, un oggetto che sta fermo, che non ha sembianze umane, che non fa nulla che non sia eterodiretto da un’intenzione detta essere umano. Un utensile.

Il Risveglio della Forza è forse scritto con dentro (e intorno a) un tale oggetto.

Well… la spada, signore e signori, la spada.
(La lightsaber — mi correggono quelli veramente dentro Star Wars, con un sorriso di sufficienza — la lightsaber).

Il passo avanti compiuto dal Risveglio della Forza è pensare come vivente la spada e porla come l’equivalente della punta di lancia in selce dei primi esseri umani. Ci stanno dicendo che quella scheggia di migliaia di anni fa non solo è viva, ma lo è sempre stata. Non l’abbiamo disegnata noi, ma si è disegnata in modo da essere usata da noi, lasciandoci il compito più difficile, più umano: sciogliere il dilemma morale di come usare la spada vivente (dark side, light side; spada rossa, spada azzurra).
Ora si capisce perché il futuro di Star Wars ha sempre avuto un’estetica retro: era l’aggancio a quella radice antica. Un testo unico, distribuito fra diversi registi, che parte da “2001:Odissea nello Spazio”.

Provate a leggere la lightsaber non come oggetto nelle mani di persone, né come elemento estetico classico della saga, bensì come essere che ha una sua intelligenza. Provate a non considerarla una spada, ma come un attore che chiama, sceglie, si affida, sfida, tradisce, vince e perde esattamente come un essere umano. Tramite un essere umano. Una spada in particolare, ma per affinità anche le altre che si vedono nel film. A quel punto il film assume uno spin interessante e tutta la saga compie un passo evolutivo.

[Fonti lightsaber e reperti]

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Stefano Pace
L’economia di Star Wars

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