Come essere un leader

Cosa può insegnarci Plutarco su come diventare un buon comandate e politico? Molto.

L’Ornitorinco Elegante
9 min readMay 22, 2024

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Nota: Questo articolo è stato pubblicato in origine su OrnitorincoElegante.it, la nuova casa dell’Ornitorinco, e ri-condiviso qui per completezza.

Salvo alcune particolari e limitate eccezioni, tutte le società umane complesse sono organizzate secondo qualche forma di struttura gerarchica; e dove c’è gerarchia c’è qualcuno con il compito di guidare e comandare gli altri. Che sia il capo reparto di un azienda, o il coordinatore di un team di sviluppo, o il Presidente del Consiglio, o un Re, o l’Imperatore dell’Impero Romano fa poca differenza. Tutte queste figure devono (dovrebbero) porsi la stessa domanda: come si diventa un buon leder? Quali sono le qualità che distinguono il buon governante da quello cattivo? Quali sono i principi a cui aspirare nell’ottenere e mantenere il ruolo di leadership?

Queste domande fanno parte della natura umana da sempre. Possiamo leggerne nel Principe di Machiavelli, o nel Leviatano di Hobbes, o nelle lettere di Egidio Romano, o ne La Repubblica di Platone: la discussione sulle proprietà del buon governo sono vecchie quanto l’idea stessa di governo.

Tuttavia, sembra che abbiamo collettivamente smesso di porci il problema. Quand’è l’ultima volta che abbiamo valutato un politico per le sue qualità etiche, per il suo senso di giustizia, per il coraggio di fare ciò che è giusto anche quando difficile, per la “saggezza pratica” (come la chiamavano gli antichi) della propria azione politica?

Sembra che la cosa abbia perso importanza. Molti vedono la politica come una competizione in cui vincere ha più importanza di ogni altra cosa.

In realtà, sarebbe incauto affermare che questi temi, in passato, fossero seguiti dai comuni cittadini. Erano sempre discussioni di “elite.” La differenza con oggi è che la democrazia ha allargato a tutti il potere decisionale, e quindi, la responsabilità di selezionare buoni governanti. Quindi, forse oggi non se ne parla meno che in passato, ma di certo è più importante che mai.

Il buon leader secondo Plutarco

Questo articolo prende spunto da uno dei volumi della collana di classici “Ancient Wisdom for Modern Readers” (Saggezza antica per lettori moderni) pubblicata dalla Princeton University Press; una meravigliosa collezione di libretti con traduzioni moderne di opere e stralci di autori classici. Ogni volume affronta un particolare tema (la libertà, il buono stato, la poesia, ecc) con un taglio da finto libro di auto-aiuto — come evidenziato dallo “How to” con cui comincia il titolo di ogni volumetto.

In particolare, oggi parliamo di How to be a Leader (Come essere un leader) di Jeffrey Beneker. Il libro racchiude tre selezioni dalle Moralia di Plutarco sul tema di cui discutevamo in precedenza: come si diventa buoni leader?

Plutarco — scrittore, biografo e filosofo — nasce a Cheronea, nella periferia della Grecia centrale, intorno al 50 d.C. Nonostante ciò, ottenne anche la cittadinanza romana e svolse alcuni incarichi amministrativi per l’Impero.

È da queste esperienze nella gestione della cosa pubblica che Plutarco sviluppa un affilato pensiero politico. E poiché gli scrittori hanno questa pulsione incontenibile di scrivere, egli scrive.

I tre testi inclusi in “How to be a Leader” vengono scritti presumibilmente nella seconda parte della sua vita, intorno al 100 d.C. e includono:

  • Sulla non educazione del leader
  • Come essere un leader
  • Sui vecchi in politica (o, meglio, “Deve un uomo anziano partecipare alla vita politica?”)

Il pensiero di Plutarco sul tema può essere sintetizzato dal motto che più volte esplicita nei suoi testi: la città prima di sé. Plutarco non solo sottolinea che, fra le due alternative, il buon leader deve scegliere quella che fa il bene di tutti, ma propone un argomento più forte: non c’è differenza fra ciò che beneficia la collettività e ciò che beneficia il governante. Le due cose coincidono e la cosa è evidente per il leader che segue la Ragione. O come dirà Marco Aurelio qualche decennio dopo: “Ciò che è nocivo per l’alveare è nocivo per l’ape.” (A sé stesso, Libro 6–54)

Il concetto ricalca le idee socratiche secondo le quali nessuno fa del male consapevolmente e che alla base di un buon governo c’è soprattutto il carattere del politicante.

Poiché è il carattere del leader a fare la differenza, Plutarco elenca tutta una serie di qualità etiche che distinguono un buon governante da uno cattivo. Un buon leader, ad esempio:

  • Corregge il proprio spirito così da desiderare solo ciò che è buono per la collettività.
  • Rispetta le istituzioni dello stato.
  • È motivato dalla giustizia e dalla voglia di migliorare lo stato.
  • Distribuisce il suo potere su molteplici collaboratori e soggetti politici.
  • Non considera nessun particolare cittadino come nemico, anche se in disaccordo.
  • Conosce e rispetta i propri limiti.
  • Non ricerca onori personali.

Il cattivo leader, d’altro canto:

  • Pensa che il principale beneficio del governare è la libertà dall’essere governati.
  • Entra in contrasto con le istituzioni dello stato.
  • È motivato dall’ambizione e dai benefici personali che può ottenere.
  • Accentra il proprio potere.
  • Considera gli avversari politici come nemici.
  • Si spinge ben al di la di ciò che può fare.
  • Si nutre e ostenta onori e riconoscimenti pubblici.

Ci sono due commenti che vengono alla mente scorrendo queste due liste (seppur parziali). La prima è che sono principi apolitici, non sono ciò implicitamente “di destra o di sinistra” o “liberali o conservatrici.” Manifestano cioè un’aspirazione universale.

La seconda è che se passiamo in questa specie di setaccio morale i leader del mondo moderno, quanti passano indenni fra le maglie della lista delle qualità del buon leader? Quanti invece toccano molte, se non tutte, le corde del cattivo leader? Non mi metterò di certo a fare la lista, siete benissimo in grado di vedere da voi, ma mi limiterò a dire che la situazione è senz’altro deprimente.

Il ruolo dell’esperienza

Nel terzo trattato (Sui vecchi in politica), invece, Plutarco tratta un tema che sembra particolarmente attuale: qual è il ruolo degli anziani in politica?

Parlo di attualità perché l’aumento della vita media porta anche a classi dirigenti più anziane e, soprattutto, in novembre gli USA dovranno scegliere fra due dei candidati presidenti più vecchi di sempre e il tema dell’età è già da tempo al centro dell’arena politica e del dibattito pubblico.

Comincio però con il dire che quando Plutarco parla di “anziani in politica,” si riferisce agli over-50. Mentre governanti over-70 non erano certo una cosa insolita (Augusto e Tiberio governarono fino a 75 e 77 anni rispettivamente), non credo fossero il principale problema dell’epoca.

In ogni caso, alla domanda “devono gli anziani impegnarsi in politica” la risposta di Plutarco è un sonoro . Lo storico ci dà tre grosse motivazioni:

  1. Esperienza. La prima motivazione è scontata. Esiste una certa arte pratica della politica la cui maturazione richiede necessariamente del tempo. Sarebbe poco saggio rinunciare a tale esperienza e sostituire completamente la classe dirigente con giovani. Esempi di tale esperienza possono essere la conoscenza dei meccanismi istituzionali e dei processi con cui le leggi vengono promulgate; oppure il bandolo di conoscenze e pratiche utili a raggiungere mediazioni complicate.
  2. Essere Mentori. La seconda motivazione è complementare: se l’esperienza di cui sopra è importante, i giovani devono pur apprenderla da qualche parte. Se un politico “anziano” accetta il suo ruolo di mentore per le giovani generazioni (e non si mette in competizione diretta con esse) lo stato non può che beneficiarne.
  3. Meno Pulsioni. La terza motivazione, secondo Plutarco, è che i politici “anziani” hanno meno pulsioni e meno vizi. Non hanno l’ambizione ardente dei giovani, non hanno la smania di farsi notare ed emergere, e la saggezza dell’età ha affievolito le pulsioni carnali e concesso più controllo dei vizi. Su questo punto, immagino, avrete alzato numerose sopracciglia: Plutarco appare piuttosto ottimista in tal senso. Non mancano, infatti, esempi di politici attempati devastati da ambizione e vizi; anche al tempo di Plutarco. Sicuramente, però, la situazione odierna è completamente saltata ed è pieno di persone che rifiutano di aderire al ruolo che l’età dovrebbe dar loro (ma questa è un’altra storia).

Citazioni

Chiudo con qualche citazione e qualche breve commento. Nota: le citazioni sono tradotte da me a partire dalla traduzione inglese (con qualche aiuto dal greco per disambiguare qualche parola).

Molti leader non lo capiscono e pensano invece che il più grande beneficio del governare è la libertà dall’essere governati. (Sulla non educazione dei leader — 2)

Una delle caratteristiche più evidenti di un cattivo leader è cercare di utilizzare il proprio potere per sfuggire alle regole. È evidente ora come lo era quasi duemila anni fa.

C’è un grande pericolo, quindi, quando le persone che sono in grado di realizzare ciò che desiderano finiscono per desiderare cose inadeguate. (Sulla non educazione dei leader — 6)

Nella vita di tutti i giorni siamo sempre pronti a valutare le qualità morali delle persone, tuttavia, nello scegliere le cariche pubbliche sembra che la questione del carattere passi in secondo piano. Eppure in questo caso dovremmo prestare maggiore attenzione; non meno. Perché una cattiva persona al comando può fare molto più danno di chi, per esempio, ci taglia la fila al supermercato.

È perciò impossibile che i vizi passino inosservati quando le persone ricoprono posizioni di potere. […] Quando le anfore sono vuote non si riesce a distinguere tra quelle integre e quelle crepate, ma una volta riempite appaiono evidenti le perdite. Allo stesso modo, le anime crepate non possono contenere il potere politico, ma trasudano desiderio, rabbia, vanteria e volgarità. (Sulla non educazione dei leader — 7)

Mi è piaciuta le metafora delle giare crepate, sia perché evocativa, sia perché auto-evidente. A volte non serve nemmeno che le persone ricoprano ruoli di potere, basta che si avvicinino ad essi. Quante volte uomini e donne in cui riponevamo speranze hanno mostrato crepe nel momento stesso in cui ottenevano i primi successi elettorali?

Ancora una volta, Plutarco implicitamente assume che è impossibile che i vizi passino inosservati agli uomini che seguono la Ragione. Perché è altrettanto evidente che il mondo è stato ed è tuttora governato da giare molto crepate, spesso prive addirittura di fondo, che continuano ad avere stuole di elettori.

Il che da un lato è deprimente, ma dall’altro ti fa apprezzare di più le giare integre che abbiamo la fortuna di avere.

Non è opportuno che il politico imiti i costumi della gente. È opportuno invece comprenderli e adottare l’approccio più efficace per conquistare ciascun individuo. (Come essere un buon leader)

Questo passaggio è interessante. Plutarco spiega come il buon leader deve saper comprendere e adattarsi alla popolazione che intende servire. Plutarco, non è scemo: sa che il potere politico, alla fine, deriva dall’appoggio delle popolazioni e delle varie classi sociali e, per questo, un buon politico deve saper conquistare tale appoggio con un po’ di zucchero. Questo potrebbe sembrare un appoggio al “populismo,” alla conclusione che è giusto ciò che il popolo desidera e che un politico dovrebbe limitarsi a fare ciò che la maggioranza vuole, non curandosi se tale volontà sia “virtuosa” o meno.

Invece, no. Plutarco ci tiene a precisare che c’è una differenza fra l’adattarsi e comprendere i comportamenti di una popolazioni e imitarla in tutte le sue pulsioni. Il buon leader deve conquistare la fiducia del popolo e, con tale fiducia, sterzare il carattere dello stesso verso comportamenti più giusti. Non il contrario.

Ma molte persone che hanno raggiunto una grande gloria hanno scelto la strada lenta e costante; per esempio, Aristide, Focione, Pammene da Tebe, Lucullo da Roma, Catone il Vecchio e Agesilao lo Spartano. Come l’edera si intreccia con gli alberi robusti e con essi si arrampica verso l’alto, così ciascuno di questi uomini, quando era ancora giovane e sconosciuto, si avvicinò a un uomo più anziano e di buona reputazione, ed essendo gradualmente elevato dall’autorità dell’uomo più anziano e aumentando di statura collaborando con lui. lui, si fissò e si radicò saldamente nella vita politica. (Come essere un buon leader)

Qui Plutarco fa alcuni esempi di politici e leader e generali che hanno ottenuto il potere gradualmente, imparando da uomini più anziani di “buona reputazione.” Bisogna diffidare, quindi, da chi ascende a posizioni di potere all’improvviso e senza la necessaria gavetta.

Infatti, così come la suddivisione della mano in dita non la rende più debole bensì ne fa uno strumento utilizzabile e pratico, così coloro che condividono con altri il potere politico rendono più efficace l’opera di governo attraverso la loro cooperazione. (Come essere un buon leader)

Un altra categoria di leader di cui diffidare è quella di chi cerca di accentrare il potere su di se. Plutarco elogia invece chi è in grado di collaborare e accetta di dividere i poteri dello stato fra più persone. Ho trovato la metafora della mano molto efficace.

E così Catone il Vecchio, in un’epoca in cui Roma era già piena di statue, rifiutò che se ne facesse una dedicata a lui, dicendo: “Preferirei che ci si chiedesse perché non c’è nessuna mia statua, piuttosto che chiedersi perché ce ne sia una.” (Come essere un buon leader)

Un magnifico aneddoto che ci mostra un’altra categoria di persone di cui diffidare: quelle che cercano vanità e onori. Riconoscimenti, premi, grandi parate, medaglie, onorificenze militari, ritratti equestri e così via. Tutte cose che spostano l’attenzione sulla persona piuttosto che sulla carica e su ciò che si è fatto.

In altre parole: lasciate che siano le vostre azioni a parlare.

Nota

Per onore di cronaca, o preso ispirazione per questa serie dal mio mentore virtuale Massimo Pigliucci che, nella sua notevole newsletter, pubblica, fra le altre cose, brevi commentari su questi libretti (ahimè, con molto più contesto e profondità dei miei, per ovvie ragioni)

Tuttavia, anche se non sono un professore di filosofia, trovo giovamento nello scrivere questa serie. È un modo per assorbire veramente il contenuto di ciò che leggo. Nulla solidifica ciò che leggiamo quanto metterlo in pratica, rielaborarlo e cercare di spiegarlo agli altri.

Come tradizione da queste parti, ho deciso di farlo in pubblico.

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L’Ornitorinco Elegante

Ph.D in Artificial Intelligence. Game Developer. AI Lover. Hardcore Gamer.