“Le rose di Eliogabalo” di L. Alma-Tadema

Omosessualità nella Roma antica: l’errore del confronto.

Lorenzo Quadrini
L’Ornitorinco Elegante
6 min readFeb 23, 2016

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In questo periodo così travagliato in Italia, a causa del trambusto dovuto alle innumerevoli discussioni su Cirinnà, diritti civili ed adozioni tra coppie omosessuali, anche l’antica Roma è stata più volte chiamata in causa per perorare (o denigrare) le parti coinvolte. Questo piccolo e modestissimo scritto ha come unico scopo quello di dare un contributo più chiaro, ed esclusivamente storico, al concetto di omosessualità nell’impero romano, senza entrare nel merito di una discussione al contrario contemporanea e per forza di cose molto diversa.

Ci tengo poi a precisare, a margine, che è giunto il momento che l’Italia si aggiorni e si metta a pari con ordinamenti che da tempo hanno capito la fondamentale importanza del riconoscimento di diritti spettanti, in quanto tali, a qualsiasi essere umano (ed a qualsiasi combinazione sessuale dello stesso).

Tornando a Roma, i nostri social si sono riempiti in questi giorni di baruffe mediatiche di varia natura, tra le tante molte hanno coinvolto anche la storia dell’Urbe. Ho trovato sinceramente difficoltà a reperire le immagini ed i post, i quali comunque spesso giocavano sulla maggiore tolleranza degli antichi nei confronti dei rapporti omosessuali, riportando stralci di scritti latini piuttosto fuori contesto.

La “coppa Warren” rappresenta quasi un unicum nell’iconografia erotica omosessuale romana. Ancora oggi è oggetto di studi e dubbi sulla sua originalità (è datata 5–15 d.C.)

Una prima avvertenza generale deve essere ben chiara a chiunque voglia avvicinarsi alla conoscenza del mondo antico: mai correre troppo con i parallelismi tra la nostra società e quella dei popoli che furono. La storia ovviamente può insegnare sempre molto — come dice il famoso motto latino — ma allo stesso tempo non deve confondersi e mescolarsi con la contemporaneità. Le differenze sociali, politiche, economiche e di pensiero che intercorrono già a distanza di 50, 60 anni sovente sono ostacoli difficili da superare, si pensi quindi quanto ciò pesi se aumentiamo il raggio di azione a più di un millennio. Nello specifico poi questo stesso ragionamento è applicabile all’interno di quello che è stato uno degli imperi più longevi della storia dell’uomo (e che di conseguenza ha subito notevoli cambiamenti sociali lungo la propria storia).

Una seconda raccomandazione è di leggere le fonti antiche in maniera appropriata, contestualizzata e magari coadiuvandosi con il commento e le traduzioni di storici affermati in dottrina (o comunque considerati tali dalla comunità scientifica). Il rischio di mistificare è gigantesco, credo sia sufficiente un sintetico esempio:

In questo articolo piuttosto datato di gay.tv vengono menzionate fonti storiche concrete. Allo stesso modo però la loro lettura è parziale e deviata rispetto alla realtà dei fatti. Quando si afferma che Nerone sposò un uomo di nome Sporo, sottintendendo l’estrema frequenza e normalità dell’unione omosessuale per l’epoca, si disattende completamente il contesto dal quale è stato estrapolato il passo ed il suo significato. Parliamo di un brano di Svetonio, in particolare il paragrafo XXIX del libro sesto (dedicato appunto a Nerone):

Suam quidem pudicitiam usque adeo prostituit, ut contaminatis paene omnibus membris novissime quasi genus lusus excogitaret, quo ferae pelle contectus emitteretur e cavea virorumque ac feminarum ad stipitem deligatorum inguina invaderet et, cum affatim desaevisset, conficeretur a Doryphoro liberto; cui etiam, sicut ipsi Sporus, ita ipse denupsit, voces quoque et heiulatus vim patientium virginum imitatus.

Prostituì la propria pudicizia (termine latino molto forte, stante a significare la morale sessuale e la rettitudine di un uomo) a tal punto che, esposte ad infamia tutte le parti del suo corpo, alla fine escogitò questo nuovo gioco erotico: ricoperto con una pelle di fiera, balzava fuori da una gabbia, avventandosi sugli organi sessuali di donne e uomini costretti ad un palo ed una volta saziatosi abbondantemente, si faceva possedere allo sfinimento dal liberto Doriforo; che egli aveva sposato assumendo la parte della moglie, così come Sporo aveva fatto con lui, imitando durante quelle nozze le grida ed i gemiti delle donne che vengono sverginate con violenza.

Dalla lettura del testo (e dalla biografia dell’autore) si evincono molti punti di particolare interesse, diametralmente opposti alla tesi avanzata sopra:

  • Svetonio è repubblicano convinto, nonché scrittore del periodo di Adriano. La sua antipatia nei confronti del principato, unita all’esigenza di mettere in cattiva luce i predecessori della dinastia Giulio-Claudia, sono elementi evidenti dei suoi scritti. Partendo da questo presupposto è chiaro che gli episodi citati debbano essere analizzati con cautela.
  • Il comportamento omosessuale di Nerone infatti viene dipinto come una prostituzione della propria pudicizia. Il momento dell’amplesso con Doriforo risulta essere denigrante ed umiliante agli occhi dello scrittore.
  • Sul peso ed il valore del termine nupsit (inequivocabile nel suo significato di matrimoni) una dottrina autorevole ha riscontrato forti analogie con i più frequenti culti misterici, durante i quali, a seconda della tipologia, le iniziazioni e le affiliazioni agli stessi venivano sottoposte a riti matrimoniali (il cui valore era però esclusivamente religioso e lontano da una inesistente accezione giuridica).

Svetonio è forse uno degli autori più cari ai lettori disattenti che, travisandone le intenzioni, estrapolano i brani più espliciti dipingendo alcuni famosi imperatori come avanguardisti d’epoca. Di Cesare ancora viene spesso menzionato l’appellativo paelicem reginae o Bithynicam reginam, omettendone l’utilizzo fortemente dispregiativo, confermato dall’insistenza con la quale numerosi oppositori politici del divino Giulio premevano sul suo femmineo omoerotismo. Tra questi anche Cicerone, che interruppe Cesare durante una sua arringa in difesa della figlia dell’amante Nicomede, del quale egli stava enumerando i benefici ricevuti:

Remove istaec, oro te, quando notum est, et quid ille tibi et quid illi tute dederis.

Lascia stare quest’argomento, ti prego: è ben noto che cosa egli ha dato a te e che cosa tu a lui.

Riassumere cosa sia stata e come sia stata percepita l’omosessualità nel mondo romano è affare che occupa ben più di qualche paragrafo di questo spazio web. Si parla di un rapporto travagliato, lungo migliaia di anni. Abbastanza sicuro però rimane il fatto che il mondo del diritto non fu mai vicino alla tutela dei diritti omosessuali. Il concetto di famiglia romana era e rimase (con numerosi rigurgiti tradizionalistici, basti pensare alle leges Iuliae ed alla lex Papia Poppaea di Augusto) strettamente legato ad una accezione patriarcale e maschilista.

Giulio Cesare, ritratto di età Giulio-Claudia. Musei Vaticani

La sessualità, anche essa con numerosi cambiamenti, pur se piuttosto liberale — se non addirittura libertina, per usare un termine impreciso ma calzante — fu di conseguenza ancorata ad una figura virile del maschio. Addirittura la posizione “attiva” o “passiva” in un rapporto faceva sì che da questa derivasse l’accettazione sociale o il pubblico biasimo. Il periodo tardo imperiale poi, in concomitanza con gli influssi cristiani (sebbene sul punto non tutta la storiografia è d’accordo nell’accollare la totalità del fenomeno alla sola politica cristiana) e con le riforme legali di Costantino, del codice Teodosiano e di Giustiniano rappresentò un momento di forte avversione nei confronti non solo del rapporto omosessuale, ma dello stesso omoerotismo.

Consiglio comunque, per un approfondimento ulteriore e per un punto di vista se non completo quantomeno ordinato della questione, la pagina Wikipedia riguardante l’omosessualità nell’antica Roma. Nonostante il contenuto generalista del testo si evince subito della differenza di pensiero tra il nostro mondo e quello romano. L’accettazione di diverse forme sessuali, la libertà di appagamento dei bisogni erotici, la centralità del vir e della sua mascolinità sono elementi che nulla hanno a che vedere con le esigenze di tutela e diritto del mondo di oggi. Il consiglio quindi è di leggere e comprendere la Storia nella giusta cornice. Il confronto con essa è necessario ed utile, in quanto bagaglio inestimabile di esperienze umane, stando sempre bene attenti a non rimanere costretti nelle maglie dei preconcetti e della mistificazione di ideologie che appartengono alla nostra epoca.

Letture

  • Svetonio: “De vita Caesarum’’
  • Antonio Virgili: “Culti misterici ed orientali a Pompei”, Gangemi Editore
  • Danilo Dalla: “Omosessualità e diritto nel mondo romano”, Giuffré, 1987

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