Competenze e procurement pubblico: un problema irrisolto

Alfonso Fuggetta
La bella terra
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3 min readNov 6, 2017

Le amministrazioni pubbliche del paese devono rilanciare e accelerare il percorso di crescita e di innovazione di cui il paese ha assolutamente bisogno. Perché ciò avvenga, è vitale che la qualità dei processi di procurement pubblico facciano un deciso salto di qualità e maturità. Se le amministrazioni “comprano male”, si sprecano risorse sia dal punto di vista del mancato miglioramento dei processi e delle attività operative delle amministrazioni stesse, sia dal punto di vista dell’effetto sistemico che il dispiegarsi di una domanda matura potrebbe avere sullo crescita dell’offerta di servizi IT di qualità a beneficio dell’intero paese.

1. Le competenze sono un elemento cardine per produrre una domanda di innovazione che sia realmente di qualità, ma le hanno tutti?

No, purtroppo. Il problema ha carattere generale e coinvolge tutto il paese, e ovviamente ha riflessi gravi e rilevanti nel mondo delle amministrazioni pubbliche. Ad aggravare questa situazione è una continua e incessante opera di complicazione e irrigidimento delle procedure di gestione del personale da un lato e, dall’altro, dei processi di procurement pubblico. Il ricorso quasi ossessivo a gare (spesso con base d’asta assolutamente improponibili), l’estrema litigiosità che porta a ricorsi infiniti, la sostanziale impossibilità di operare direttamente sul mercato anche per attività preliminari di progettazione e indirizzo, limitano le possibilità delle amministrazioni di ricorrere in modo veloce e agile a competenze esterne che possano aiutarle nel definire e sviluppare la strategia complessiva di procurement. Per di più l’innato individualismo di troppe amministrazioni impedisce di convergere su strategie e modalità condivise di acquisto e soprattutto di progettazione e sviluppo.

In sintesi, l’esasperazione del controllo preventivo (dovuto ad una più che legittima attenzione alla lotta alla corruzione) e la spesso sterile anarchia tecnico-progettuale delle amministrazioni sta da un lato bloccando i processi di procurement (a partire da quelli relativi all’acquisizione delle risorse umane!) e dall’altro frammentando e depotenziando l’azione di innovazione del sistema pubblico visto nel suo complesso.

Dobbiamo interrompere questo circolo perverso se vogliamo velocizzare e armonizzare i processi di acquisizione di nuove competenze e di progettazione delle nuove soluzioni. Il piano triennale varato dal Team Digitale offre un primo quadro di coordinamento e di allineamento tra le diverse amministrazioni. Ma serve operare anche sul fronte di una semplificazione delle norme di procurement e del codice degli appalti: il procurement dei servizi IT non può essere gestito come gli appalti della Salerno-Reggio Calabria.

2. Le piccole realtà come posso ovviare al problema della mancanza di competenze che spesso li riguarda?

È vitale che le amministrazioni di riferimento (ministeri e enti centrali, regioni, grandi comuni) sviluppino strategie condivise di settore (gli ecosistemi del Piano Triennale). D’altro canto sarebbe utile che si valorizzassero soluzioni standardizzate invece di enfatizzare in modo quasi maniacale differenze e specificità di ogni singola amministrazione. Certamente, andrebbero superate sia le contrapposizioni di carattere politico, sia quelle legate a rivalità e conflitti storici tra amministrazioni più piccole e strutture di livello intermedio e centrale.

3. C’è sufficiente cultura digitale? Ci sono risorse adeguate?

Il paese produce pochi specialisti rispetto ai bisogni sia del settore pubblico che privato. Peraltro, stiamo perdendo anche molti giovani che emigrano in altri paesi europei (e non solo!) visto il livello salariale che viene loro proposto in Italia. Indubbiamente, il procurement pubblico ha gravissime responsabilità su questo fronte. Le amministrazioni non sono in grado e spesso rifiutano di assumersi la responsabilità di scelte progettuali e contrattuali complesse. Per di più, la corruzione percepita e reale nelle attività di procurement ha portato, in modo a mio giudizio irresponsabile, a processi e modelli di procurement basati esclusivamente sul prezzo. Così certamente i decisori si spogliano di qualunque responsabilità, affidandosi a elementi numerici ritenuti non contestabili, con l’illusione di aver anche contrastato qualunque forma di corruzione o indebita interferenza. Purtroppo, l’effetto complessivo è in realtà un altro: gare aggiudicate con tariffe improponibili, fuori mercato e al di sotto delle medie salariali del settore, che si traducono o in rendicontazioni poco credibili o in una compressione insostenibile dei salari del lavoratori del settore. Basti osservare le tariffe a mio parere del tutto irrealistiche con le quali sono state aggiudicati i lotti delle gare relative a SPC (http://www.consip.it/media/approfondimenti/gare-spc-consip-e-agenda-digitale-italiana-contributi-servizi-contenuti-e-date).

4. Si sta investendo in formazione? Eventualmente di che tipo?

È necessario investire sugli insegnati dei primi tre cicli della scuola (elementari, medie e superiori). È necessario inoltre inserire docenti con competenze digitali che possano contaminare e animare i percorsi didattici classici. Certamente, non basta (e forse non serve) assegnare qualche bonus una tantum per comprare un PC o un tablet.

Pubblicato in due puntate su AgendaDigitale.eu il 30 Ottobre 2017.

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Alfonso Fuggetta
La bella terra

Insegno Informatica al Politecnico di Milano e lavoro al Cefriel. Condivido su queste pagine idee e opinioni personali.