Adieu, Europa?
25 anni dopo la firma del trattato di Maastricht ci si interroga sul futuro del Vecchio Continente fra Brexit ed elezioni imminenti
Oggi l’Europa diventa un bel giovanotto in carne. Sono passati esattamente 25 anni da quel 7 febbraio 1992 quando, a Maastricht, vennero stabiliti criteri e parametri per l’ingresso di nuovi Paesi nella Comunità Europea, si iniziò a parlare di Banca Centrale Europea e Parlamento Europeo.
Il problema è che da quando è stata pensate l’Europa ha cambiato spesso maschera. L’ultima che indossa, più o meno da circa dieci anni, porta il nome di Grande Recessione. Non come quella del ’29 a Wall Street: più cattiva, quella; più globale, questa. Con l’orizzonte ben visibile in un’Unione Europea che rischia di perdere pezzi in favore dei populismi a distanza di 25 anni da sua nascita, a partire dal voto sulla Brexit: ad aprile le elezioni in Francia, entro l’autunno in Germania e Italia. Dinamiche politiche che potrebbero aprire nuovi scenari all’interno del palcoscenico europeo, con Donald Trump seduto a gambe conserte a godersi lo spettacolo. L’Europa si sta sgretolando? Vediamo nazione per nazione.
In Francia è Le Pen contro tutti.
“Se sarò eletta convocherò entro sei mesi un referendum per la Frexit”. In programma anche l’uscita dalla Nato e dall’euro. Insomma, se non è una dichiarazione di guerra questa… Il Front National di Marine Le Pen fa dell’euroscetticismo e del nazionalismo i suoi cavalli di battaglia. Nelle elezioni presidenziali del 2012 ha conquistato 6 milioni di voti; 4 milioni nelle europee del 2014; 6 milioni nelle regionali del 2015. I suoi avversari nella corsa all’Eliseo saranno Benoit Hamon per il Partito Socialista, François Fillon per il Partito Repubblicano (travolto da uno scandalo “familiare”) e Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia per un partito indipendente. Si vota il 23 aprile.
In Germania la Merkel per il quarto mandato.
Dopo il 2005, il 2009 e il 2013, Angela Merkel ci riproverà. Per la quarta volta consecutiva sarà lei a guidare la campagna elettorale della coalizione CDU (Unione Cristiano Democratica)-CSU (Unione Cristiano-Sociale). Lo sfidante sarà Martin Schulz, leader del Partito socialdemocratico (SPD) ed ex presidente del Parlamento Europeo. Un voto che potrà ribadire l’impegno della Merkel in Europa oppure dare un nuovo volto allo scenario politico internazionale. Urne aperte a settembre.
In Italia vige l’anarchia.
Ognuno fa quello che vuole. Chi si prepara alle elezioni e chi le scongiura. Chi prova già ora a tirare fuori dall’armadio vecchie coalizioni mascherate con nuovi abiti e chi invece si fa la guerra interna al partito da solo. Insomma, la questione italiana è un marasma senza precedenti. Sta di fatto che la legislatura è terminata il 4 dicembre (clicca qui per l’approfondimento nel nostro numero I) e da quel giorno in poi di elezioni si parla a correnti alternate. Il voto (dopo l’estate?) segnerà un Paese diviso: si voterà anche per una determinata visione di Europa. La vittoria elettorale rinvigorirà uno o l’altro schieramento.
In Gran Bretagna è sempre più Brexit.
Il primo sì è arrivato. Si tratta di quello della Camera dei Comuni ed era relativo al passaggio parlamentare sulle procedure di Brexit. La May si era dovuta inchinare alla sentenza della Corte Suprema sulla necessità del voto del Parlamento ma le tempistiche rimangono le medesime: attivazione dei negoziati per l’uscita dall’Europa entro fine marzo. Camera dei Lord permettendo. Nel nostro numero I tutte le tappe che hanno portato alla Brexit.
Sguardo dall’America.
Donald Trump lo ha già detto: la Nato è “obsoleta” e ha molto apprezzato il gesto dei cittadini britannici di voltare le spalle all’Europa (clicca qui per l’approfondimento nel nostro numero I). Confermata, però, la presenza del neo-presidente americano alla conferenza della Nato in programma a maggio. Trump arriverà in Europa e il Vecchio Continente è pronto ad accoglierlo con diffidenza: lui, l’Europa, la vuole dividere; l’Europa, per lui, ha pronto un nuovo accordo.
“La necessità di un’Europa diversa da quella vista fino ad ora inizia a diventare un’idea collettiva. Meno numeri e bilanci, più politiche concrete. I populismi nei prossimi sei mesi tenderanno la mano più volte: ci vorrà un’Europa ricca di risposte convincenti. A 25 anni si inizia a pensare al proprio futuro da adulti: l’Europa deve farlo concretamente”.