Eutanasia e libertà: la sottile linea rossa

Dopo la morte di Dj Fabo si riapre il dibattito su uno dei temi più caldi della storia recente.

La Bilancia
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6 min readMar 2, 2017

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Un’immagine simbolica: la vita nelle mani dell’uomo

Che cosa vuol dire esattamente “eutanasia”? Eutanasia è una parola che deriva dal greco e significa letteralmente “buona morte”. Essa descrive sostanzialmente la pratica di procurare una morte indolore — nel suo interesse — ad un individuo affetto da patologie particolarmente dolorose o invalidanti che non diano speranza di guarigione. In Italia non esiste una regolamentazione dell’eutanasia al momento, ma il tema è molto dibattuto e periodicamente tornano a galla le discussioni sulla possibilità di realizzare norme che appunto regolino questa pratica. Il dibattito si accende soprattutto quando vengono alla luce situazioni e casi drammatici, che coinvolgono persone il cui desiderio è quello di porre fine ad una serie di sofferenze che rendono la vita un calvario. È stato così per il “caso Englaro” o per la vicenda che ha coinvolto Piergiorgio Welby. Il caso più recente è però quello di Fabiano Antoniani, conosciuto come “Dj Fabo”, diventato persona tetraplegica e non vedente a seguito di un incidente in auto nel 2014. Fabiano le ha provate tutte, dalla riabilitazione alle cure sperimentali, ma nulla è stato in grado di riconsegnargli la propria vita. Dopo 1 anno e 9 mesi di sofferenze, Dj Fabo ha chiesto così che gli fosse data la possibilità di lasciare questo mondo, una richiesta che ha fatto rumore grazie all’intervento della trasmissione televisiva “Le Iene” e che come sempre ha riaperto la discussione su quanto possa essere legittimo decidere della propria vita, al punto di arrivare a lasciare questo mondo.

Fabiano Antoniani, conosciuto come “Dj Fabo”

Gli appelli di Fabiano sono rimasti inascoltati dallo Stato, così l’uomo per porre fine alle proprie sofferenze è stato costretto a lasciare l’Italia e ad andare in Svizzera dove la legge prevede la possibilità del suicidio assistito. Per farlo si è servito dell’aiuto di Marco Cappato, un politico italiano dei Radicali e Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. Una scelta, quella di Fabiano, resasi necessaria perché come lui stesso ha dichiarato se n’è dovuto andare «senza l’aiuto dello Stato». Ora Cappato rischia una condanna fino a 12 anni di carcere per aver agevolato il suicidio di Fabiano. Una possibilità di cui il politico è sempre stato conscio, motivo per il quale al rientro in Italia lui stesso è andato ad autodenunciarsi all’autorità competente. Un’azione forte che ha contribuito ad alimentare il dibattito sulla questione eutanasia. Ci si chiede se valga la pena dover affrontare tutto questo piuttosto che regolamentare una fattispecie. Se davvero non sia meglio prevedere la possibilità che una persona, a certe condizioni, possa porre fine alla propria esistenza nel proprio Stato, a “casa” propria.

Favorevoli e contrari

In Italia l’opinione pubblica è divisa sul tema. I partiti di centro-destra si dichiarano prevalentemente contrari all’eutanasia, una posizione assunta anche dai cattolici, i quali aderiscono a principi morali e religiosi specifici. D’altra parte invece si schiera la Sinistra radicale ed esponenti di altri movimenti come i liberali della coalizione di centro-sinistra. Quest’area caldeggia fortemente un dibattito sul tema e l’allineamento dell’Italia alle legislazioni europee più favorevoli all’eutanasia.

Carlo Giovanardi, ex ministro contrario alla pratica dell’eutanasia

Nel mezzo si trova invece un gruppo ampio di esponenti di centro-sinistra, principalmente appartenenti al Partito Democratico, il quale è favorevole alla discussione sul tema, ma si proporrebbe in sostanza di procedere per gradi passando prima da temi meno controversi come, ad esempio, la “dichiarazione anticipata di trattamento” detta anche “testamento biologico”. Si tratta dell’espressione della volontà da parte di una persona, fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell’eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una sia pur minima vita di relazione.

Cosa ci dice la legge in Italia

Ma cosa prevede la legge italiana al momento? In Italia dal punto di vista legislativo non vi è nulla che faccia esplicito riferimento all’eutanasia come pratica. Vi è tuttavia un quadro giuridico attraverso il quale è possibile individuare altre pratiche concernenti la fine della vita. Attraverso gli articoli 13 e 32 della Costituzione, in Italia si garantisce la libertà di cura e terapia. Dunque “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, ovvero nessuna persona capace di intendere e di volere può essere costretta a sottoporsi a trattamento sanitario anche qualora questo fosse indispensabile alla sopravvivenza. Inoltre non è da considerarsi eutanasia il rifiuto dell’accanimento terapeutico: il medico, in casi di morte imminente e inevitabile, è infatti legittimato — sia da un punto di vista legale sia dal proprio codice deontologico — ad interrompere o non somministrare dei trattamenti gravosi ed invasivi per il malato, che non otterrebbero in ogni caso i risultati desiderati. La legge italiana prevede poi la cosiddetta “terapia del dolore”, regolamentata dalla legge n. 38 del 15 marzo 2010, attraverso la quale si prevede la possibilità di somministrare al paziente farmaci analgesici che, seppur potrebbero condurre il malato a una morte prematura, hanno in realtà lo scopo di alleviare le sofferenze della persona. Infine va rilevato come siano presenti al momento 4 proposte di legge sull’eutanasia, il cui esame è iniziato da circa un anno. Una proposta di legge d’iniziativa popolare, “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”, presentata il 13 settembre 2013; una proposta di legge Di Salvo, “Norme in materia di eutanasia”, presentata il 24 marzo 2014; una proposta di legge Nicchi, “Norme in materia di eutanasia”, presentata il 19 marzo 2015 ed infine una proposta di legge Bechis, “Disposizioni in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari”, presentata il 30 settembre 2015.

Eutanasia e resto del mondo

L’Olanda, il primo Stato al mondo a rendere legale l’eutanasia

Se in Italia la situazione è ancora in fase evolutiva, esistono invece Paesi europei i quali prevedono già da tempo una normativa riguardante l’eutanasia. La prima Nazione nel mondo a dotarsi di una legge che legalizza l’eutanasia è stata l’Olanda nel 2002, anche se la pratica non era più perseguibile penalmente già a partire dal 1994. Tra Italia e Olanda si aprì inoltre un contenzioso diplomatico a causa di alcune forti dichiarazioni rilasciate dall’allora ministro dei Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi. Anche in Belgio l’eutanasia è legale dal 2002, mentre in Lussemburgo la pratica è stata depenalizzata dal marzo del 2009. In Svizzera è previsto invece il suicidio assistito, praticato al di fuori delle istituzioni mediche statali da alcune associazioni. Le richieste di suicidio assistito possono essere accettate indipendentemente dalla nazionalità del richiedente. In altri Stati come ad esempio Germania, Spagna, Francia e Svezia la legge prevede solamente l’eutanasia passiva, ovvero quella derivante dall’interruzione o dall’omissione di un trattamento necessario alla sopravvivenza dell’individuo. Nel resto del mondo, al di fuori dei confini europei, l’eutanasia è ammessa ad esempio in Cina, dove viene praticata negli ospedali. In Colombia è legale invece dal 1997. Nei paesi occidentali il più tollerante è l’Oregon, negli Usa, che l’ha ammessa anche in questo caso nel 1997 e la permette anche in casi più particolari, tipo situazioni di depressione dei pazienti. Successivamente hanno adottato legislazioni simili Vermont, Washington e Montana. Altri paesi, fra cui l’Australia, non ammettono l’eutanasia ma consentono il testamento biologico. In Giappone, quando un paziente vuole accedere all’eutanasia viene avvicinato da una equipe che lo aiuta a prendere una decisione.

Dunque eutanasia sì, eutanasia no. In Italia siamo probabilmente ancora lontani dal raggiungere un accordo sul tema, anche se casi come quello di Fabiano aiutano a scuotere l’opinione pubblica e a dare una spinta verso la regolamentazione. La Costituzione riconosce, attraverso l’articolo 13, la libertà personale come inviolabile. Quindi perchè non poter essere liberi di decidere fino in fondo?

Marco Sacchi

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