Roma e lo stadio: tutte le tappe di una storia complicata

La Roma, prima società calcistica della Capitale, avrà il suo stadio. Una ricostruzione della vicenda nel suo complesso a partire dai momenti chiave.

La Bilancia
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4 min readFeb 27, 2017

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È arrivata la fumata bianca. Dopo giorni e giorni di discussioni e dibattiti, la sindaca Raggi ha trovato un accordo con la società calcistica AS Roma e il costruttore Luca Parnasi per la realizzazione del nuovo stadio della capitale. Trattandosi di una genesi piuttosto delicata e tortuosa, ripercorriamo con questo articolo tutte le tappe che hanno portato al raggiungimento di una decisione storica.

Da sinistra: James Pallotta, Presidente dell’A.S. Roma, e Virginia Raggi, Sindaca di Roma dal 2016.

— La cordata americana

La costruzione di un nuovo stadio, ad uso esclusivo dell’ AS Roma, è stata fin da subito uno degli obiettivi principali di James Pallotta (presidente della Associazione Sportiva Roma dall’ agosto 2012) e di tutta la nuova dirigenza americana della società, indicandola come un punto cruciale per lo sviluppo economico e calcistico della società.

Il lavoro congiunto tra il Comune di Roma e la società sportiva è dunque iniziato diversi anni fa: era il 2012, e a governare la città di Roma c’era la giunta Alemanno. È in questa fase che la Cushman&Wakefield, società di consulenza immobiliare, decide di utilizzare l’area di Tor di Valle per la realizzazione dell’opera e incarica Luca Parnasi di Parsitalia per la realizzazione del lavoro. Iniziano dunque i primi lavori di progettazione.

— La giunta Marino

Ignazio Marino, Sindaco di Roma dal 2013 al 2015.

Dopo le elezioni comunali del 2013 la palla passa alla giunta Marino che, dopo lunghe trattative relative soprattutto alla funzionalità dell’opera per l’interesse pubblico, trova un accordo con l’AS Roma e firma quindi una delibera per la realizzazione. Essa prevede che la costruzione dello stadio sia vincolata dalla realizzazione di opere utili all’interesse dei cittadini romani: il potenziamento del trasporto ferroviario, il miglioramento della viabilità del Grande Raccordo Anulare, la realizzazione di un ponte per adeguare il collegamento con l’aeroporto di Fiumicino e interventi per la messa in sicurezza di tutta la zona, da sempre sottoposta a rischio esondazione). Il tutto a carico esclusivamente del privato. I lavori sembravano poter iniziare a breve, tanto che venne inizialmente indicato il 2017 come possibile anno di inaugurazione dello stadio.

— L’arrivo di Virginia Raggi: si riparte da zero

Uno dei bozzetti grafici del futuro stadio di Tor di Valle.

Procedendo di ritardo in ritardo si giunge al 2016, anno in cui Virginia Raggi diventa la Sindaca di Roma. È la terza amministrazione a dover occuparsi della questione. Ed è anche quella che meno di buon occhio vede tutto il progetto, con la conseguenza di dover ripartire quasi da zero nella trattativa per un accordo comune.

Iniziano dunque le discussioni tra la giunta e le compagnie realizzatrici, ma anche tra i singoli componenti della giunta e gli esponenti del M5S. Ne derivano contrasti interni che portano, ad esempio, alle dimissioni dell’ormai ex Assessore all’Urbanistica Berdini, dichiaratamente espostosi contro il progetto in toto. Questo scenario apriva uno spiraglio di luce per la realizzazione dell’opera. Sì, un semplice spiraglio dal momento che le questioni su cui trovare un accordo erano ancora molte, ed iniziava a profilarsi perfino la possibilità di una serie di ricorsi e controricorsi tra Comune e AS Roma se il progetto non fosse andato in porto (ipotesi poi bocciata dall’avvocatura).

— Il progetto 2.0

Dopo quindi una serie di batti e ribatti si arriva al 24 febbraio 2017, il fatidico giorno in cui l’Amministrazione Comunale riesce a trovare l’accordo in tutto e per tutto con l’ AS Roma e Parsitalia. Quello che viene fuori da questo accordo è un piano di gran lunga ridimensionato, un “progetto 2.0” citando le parole di Virginia Raggi. Se all’inizio il progetto prevedeva oltre allo stadio un grande Business Park caratterizzato dal cosiddetto “trilogy” (un complesso di tre grattacieli realizzati dall’ archistar Libeskind), nel nuovo progetto 2.0 questo trilogy sparisce — dato il parere negativo dalla giunta pentastellata anche a causa del suo impatto visivo. Rimane in ogni caso il Business Park, le cui cubature (la quantità di volume occupata da un qualsiasi edificio) diminuiscono di circa il 60%; riduzione che, insieme ad altre modifiche, porta ad un dimezzamento delle cubature complessive dell’impianto costruttivo.

La giunta ha lottato per far sì che il progetto fosse anche più “green”: tutti gli edifici dovranno rispettare lo standard energetico di livello 4A (il più alto al mondo) ed essere costruiti secondo le regole della bioarchitettura (utilizzo di materiali ecocompatibili).

Rimane solo da dare il via libera all’opera in Consiglio Comunale, approvazione che necessiterà dell’appoggio di almeno una parte della minoranza (PD su tutti). Un paio di consiglieri del M5S si sono dichiarati contrari alla realizzazione del progetto, anche se quest’ultimo ha subìto diverse modifiche rispetto al piano iniziale, ma sembra che finalmente la Roma avrà il suo stadio. Le conseguenze del progetto dal punto di vista urbanistico e sul tema dell’utilità pubblica verranno verificare dalla prova dei fatti, al di là delle parole confortanti dei protagonisti.

Marco De Vincenzi

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