Venezuela, esautorato il Parlamento: viaggio nel Paese senza speranza

La Bilancia
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3 min readMar 30, 2017
Nicolas Maduro, presidente del Venezuela dal 14 aprile 2013.

Immaginate che Paolo Gentiloni si svegli una mattina e decida di poter emanare provvedimenti governativi senza dover passare dal Parlamento: un aumento alle tasse di qua, un favore all’amico imprenditore di là, una spesa personale con soldi pubblici. Il risultato sarebbe la guerra civile contro il Premier. Adesso pensate che questa è la situazione che si potrà vivere a Caracas da oggi: al posto di Gentiloni c’è Nicolas Maduro, al posto dell’Italia c’è il Venezuela.

Un Parlamento esautorato.
Il Venezuela non esiste più la democrazia. La Corte suprema del Paese ha votato per esautorare da ogni funzione il Parlamento, che dalle ultime elezioni del 2015 è a grande maggioranza (112 deputati su 167) in mano all’opposizione. Una decisione arrivata dopo che la Corte aveva definito come “ribellione ed oltraggio” la volontà del Parlamento di mettere in stato d’accusa Maduro, ritenuto dall’opposizione il principale responsabile della gravissima crisi che il Venezuela attraversa oramai da anni. Così facendo, Maduro avrà carta bianca e non dovrà più rispondere al Parlamento, ma solamente informarlo delle decisione che prenderà. Un chiaro segnale verso la deriva autoritaria che il Paese latino-americano sta assumendo da quando la crisi umanitaria ha messo in ginocchio la popolazione venezuelana.

Scontri a Caracas: il Paese dal 2007 attraversa una profonda crisi globale.

La “dieta Maduro”.
L’hanno rinominata così, ironicamente, i venezuelani. E’ la crisi, non solo economica, che attraversa il Paese. Non manca solamente la legalità e la democrazia: scarseggiano anche cibo e medicinali, la gente è costretta a fare cinque ore di fila per poter reperire materie prime a prezzi faraonici. E così spesso si saltano i pranzi e la “dieta Maduro” sta mettendo in ginocchio il Venezuela. Un paradosso se pensiamo che il sottosuolo del Paese latino-americano contiene la materia prima più preziosa del pianeta: il petrolio. Eppure le proteste sono all’ordine del giorno e il Venezuela è un Paese vicino al collasso: troppo alto il costo della vita per la popolazione, troppo costose le materie prime per le fabbriche che vedono nel governo il primo nemico da combattere. In tutto questo, illegalità e corruzione divampano nel Paese e la soluzione sembra solamente una rivolta popolare.

Gli scenari.
Formalmente la decisione di esautorare il Parlamento è arrivata su richiesta del governo per un provvedimento riguardo la costituzione di aziende miste pubblico/privato, per la quale sarebbe stata necessaria l’autorizzazione del Parlamento. Ora non serve più perché Maduro ha in mano in paese. Le opposizioni hanno annunciato che si batteranno in ogni istanza nazionale e internazionale per evitare che la deriva autoritaria si porti a compimento. La strada, però, rimane tutta in salita.

La sensazione è che la crisi venezuelana si possa risolvere solamente con un bagno di sangue. E sarebbe l’ennessima sconfitta per le democrazie occidentali, incapaci di trasportare nel mondo quel sentimento di ugualità che contraddistingue — seppur a fasi alterne — quest’altra parte del globo. Nei mesi scorsi sono state già numerose e collettive le manifestazioni di opposizione contro Maduro ma ora che neanche più il Parlamento non può più mettere i bastoni fra le ruote al governo, Caracas è pronta ad alzare di nuovo la voce.

Simone Basilico

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