CINEMA: The Oscar Diaries

La Boheme Redazione
La Bohème
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6 min readJun 7, 2023

di Ginevra Gioni

Lo scheletro di quest’articolo risale alla notte dell’11 marzo 2023, precisamente tra le 23:15 e le 4:52. Cosa sia avvenuto quella mistica notte è, ancora oggi, oggetto dei miei pensieri. O forse no, non esageriamo, penso di averlo ormai metabolizzato.

Ore 23:00. Arrivo a Milano dopo un (mezzo) fine settimana in montagna, mi apposto sul divano con copertina e computer, sono pronta.

Ore 23:15. A Los Angeles è ancora primo pomeriggio e su Sky Cinema Oscar ha inizio la diretta degli Oscar. Onestamente non so come sia passato il tempo, perché fino all’una la diretta alternava un piccolo talk show locale al collegamento con il red, o meglio, champagne, carpet, che mostrava le star nei loro outfit e qualche loro breve intervista. Tra i presenti anche Hugh Grant, Sigourney Weaver, Emily Blunt, The Rock… l’entusiasmo non manca.

È l’una. Inizia finalmente la cerimonia, presenta Jimmy Kimmel, noto conduttore statunitense dell’omonimo show notturno, che ospita spesso celebrità.

La prima categoria a essere premiata è il miglior film d’animazione, per il quale sono candidati cinque ottimi film. Vince Pinocchio, lungometraggio in stop motion diretto e prodotto da Guillelmo del Toro (evviva, approviamo). I premi successivi sono per i migliori attore e attrice non protagonisti: vincono Ke Huy Quan (il piccolo avventuriero che accompagna Indiana Jones ne Il tempio maledetto!), per Everything Everywhere All At Once, film molto bello già nelle sale italiane da febbraio 2023. L’inquadratura passa a Steven Spielberg, fiero come un papà, in quanto responsabile dell’inizio della carriera cinematografica di Quan.

Angela Bassett, protagonista in Wakanda Forever, ultimo rilascio MCU (Marvel Cinematic Universe), è la favorita, ma il titolo femminile va all’iconica Jamie Lee Curtis, sempre per EEAAO. Mmmhhh… Lo ammetto, iniziano i miei primi sospetti, a dire il vero, nemmeno più tali… siamo tutti al corrente, bene o male, delle dinamiche degli Academy Awards. Personalmente adoro la Curtis, ha recitato molto bene, ma, avendo visto le performance delle altre candidate, considero la sua vittoria come un premio “alla carriera”, sicuramente meritato, ma, ancora una volta, non esattamente consono alla performance in quanto tale.

Il tempo passa e i miei, bramosi del sonno di cui li stavo privando, danno forfait. Rimango sola, tocca alle categorie: fotografia, costumi, trucco, film internazionale e documentario. Per la migliore fotografia è premiato James Friend, per il dramma di guerra tedesco All Quiet On The Western Front, per i costumi vince Ruth E. Carter per Wakanda Forever, mentre The Whale, dramma psicologico presentato a Venezia, si aggiudica il premio per il trucco, con speciale ringraziamento dei premiati make-up artists all’interprete Brendan Fraser, candidato come miglior attore protagonista.

«Vorrei dire che avete un cuore da balena. Solo le balene riescono ad andare così in profondità».

-Brendan Fraser, miglior attore con “The Whale”

Si fanno quasi le tre e decido impulsivamente di cucinare e infornare dei dolci all’avena, chissà come verranno, lo scoprirò domani mattina, perciò a breve. Intanto All Quiet On The Western Front si aggiudica anche i titoli per la miglior colonna sonora e la scenografia.

Sforno i dolcetti e Avatar vince la statuetta per i migliori effetti speciali: prevedibile, ma ci va benissimo così. Jimmy Kimmel chiede a Malala Yousafzai, attivista politica presente nella sala del Dolby Theatre di L.A., un commento sull’apparente e tanto discusso “sputo” di Harry Styles su Chris Pine alla premiere di Don’t Worry Darling a Venezia 2022 e lei risponde: «I only talk about peace».

Gli intervalli tra le premiazioni sono riempiti con Hold My Hand, canzone ufficiale di Top Gun di Lady Gaga, presente nonostante avesse confermato di non poterlo essere, e con Lift Me Up, di una luminosa Rihanna.

Ore 03:40. Inizia la parte juicy. EEAAO vince per la miglior sceneggiatura originale: sono contenta, anche se ammetto che tifavo per TAR, scritto interamente dallo stesso regista Todd Field, o quantomeno per The Banshees of Inisherin, drammone irlandese leggermente inquietante che sconsiglio di vedere da soli o dopo i settant’anni.

Sarah Polley, con Women Talking, si aggiudica il premio per la miglior sceneggiatura adattata. Bilancio provvisorio: per ora i film più apprezzati sono EEAAO e All Quiet.

Sono le 4:00, perbacco. Non posso mollare adesso. Sul palco c’è un inaspettato John Travolta. Si arriva al sodo, montaggio e regia: il vincitore è, ancora una volta, per entrambe le categorie, EEAAO, quarta e quinta statuetta. I The Daniels, omonimi registi, sono visibilmente grati.

Ore 4:20. Orario interessante… :) È giunto il momento. Migliori attore e attrice: Brendan Fraser commuove l’intera sala del Dolby ricevendo il premio per The Whale, a cui, come afferma, è rimasto profondamente legato. Fraser è stato forse l’unico a rispettare le aspettative nate dopo le nominations, che lo indicavano come favorito. Premio meritatissimo.

Il titolo femminile se lo aggiudica Michelle Yeoh, si potrebbe farne una gran polemica, ma la risparmierò. Per ora mi limito a essere felice per la vittoria dell’elegantissima attrice malese, premiata per la prima volta dopo numerosi anni di carriera.

Manca mezz’ora alle 05:00 e Harrison Ford, star di Indiana Jones e Star Wars, compare sul palco per premiare il miglior film e sancisce il pieno trionfo di EEAAO in questa lunga notte stellata.

Quindi? Quindi, che altro dire, è stata una nottata intensa, inizialmente promettente e potenzialmente soddisfacente, gradevole, ma sfociata, ancora una volta, nell’eccessivo, ipocrita utilizzo del politically correct.

Mi spiego meglio: Michelle Yeoh, nel post-cerimonia, spiega il valore che rappresenta per lei il premio che tiene tra le mani. Tutto fila liscio: gli Academies ci dimostrano ancora una volta che, anche se si è parte di una minoranza etnica, inseguendo il proprio sogno con perseveranza, niente è impossibile… Mai sentito, vero?

Nessun biasimo per Michelle Yeoh, per la quale sono davvero felice, semplicemente la dinamica è un po’ scontata, soprattutto se consideriamo la moltitudine di lungometraggi nominati per lo stesso titolo.

«Sono oltre vent’anni che, agli Oscars, non viene premiata un’attrice non bianca» afferma parte di un articolo di Vogue USA, ripubblicato e, subito dopo, cancellato dalla Yeoh la sera prima dell’evento. «Tutte le attrici candidate hanno regalato performance brillanti, è indiscutibile. Tuttavia, tra di loro vi è Cate Blanchett, la quale ha già ottenuto ben due statuette: il suo talento è immenso, ma ne sarà necessaria una terza per provarlo?”» continua l’articolo condiviso dalla Yeoh, violando l’art. 11 del regolamento degli Academies, che proibisce ogni forma di influenza sulle votazioni dei vincitori. Ci tengo a precisare che le parole citate non sono testuali, poiché Michelle Yeoh ha cancellato subito il post, ma il significato rimane limpido.

Ad ogni modo, c’è dell’altro. Premiando Everything Everywhere All At Once per ben sette categorie, è stata tolta visibilità agli altri validissimi lungometraggi candidati: film come Elvis di Baz Luhrmann, Babylon di Damien Chazelle, anche questo oggetto di numerose critiche, TAR, The Fablemans, non hanno ottenuto alcun riconoscimento nel corso della serata.

Inoltre, il film, per quanto entusiasmante, è entrato in una dimensione della storia cinematografica che risulta fuori parametro, in quanto ogni film che ne è parte è destinato alla “gloria eterna”. Ed è qui che tutto questo non mi convince.

EEAAO è un film coinvolgente, nella sua dimensione surreale e caotica e, a tratti, anche geniale. Come suggerisce il titolo, il film è dominato da un’enorme situazione paradossale che, nonostante ciò, rimane sempre coerente. Tuttavia il tema centrale non è ben chiaro, come non lo è il messaggio che vuole comunicare. Non è la prima volta che si sente parlare di multiverse-crossing, ma si percepisce un lampo di novità tecnica che caratterizza questo lungometraggio, poiché vediamo fondersi le dinamiche di Matrix e della Marvel in un contesto di vita quotidiana.

Everything Everywhere All At Once è senza dubbio un film innovativo, ironico e onirico, capace di affascinare qualunque spettatore, tuttavia il successo che ha riscosso, parlando di Awards, mi ha lasciato perplessa.

Dopo un commento in stile Petrarca, vado a dormire. Ω

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