Hiroo Onoda: Il Soldato che non credette alla fine della guerra
Siamo nel 1974, Bob Marley sta cavalcando l’onda di “Catch a Fire”, i Queen hanno appena pubblicato “Queen II” e in cima alle classifiche italiane c’è Mina. Stanno ormai nascendo bambini i cui genitori non hanno mai visto la seconda guerra mondiale, il conflitto mondiale è un ricordo lontano per tutti quelli che l’hanno vissuto, o perlomeno, per quasi tutti.
Hiroo Onoda è un soldato giapponese, membro della classe di comando Futamata Bunkō (二俣 分校) della scuola militare di Nakano. Il suoi comandanti lo addestrano per le forze piu elitarie e segrete delle truppe giapponesi, si specializza in spionaggio e guerriglia. Gli ordini per i soldati dei servizi segreti sono: “le è assolutamente proibito arrendersi e morire per mano propria. Potrebbe volerci molto tempo, ma torneremo indietro a riprenderla. Nel frattempo, fino a che ci sarà anche un sol uomo rimasto, lei dovrà guidarlo per completare la missione. Per nessun motivo dovrà togliersi la vita (pratica comune dei soldati giapponesi che non volevano subire il disonore della cattura)”. Hiroo, nel 1944, viene assegnato in servizio all’isola di Lubang, nelle Filippine. Ci va con l’incarico di organizzare la resistenza contro le truppe alleate, che si prevedeva avrebbero a breve tentato di occupare l’arcipelago per farne una base di partenza verso l’attacco finale al Giappone. Ha all’epoca 22 anni. L’isola di Lubang, Il 28 febbraio 1945, subisce un attacco nemico che annienta quasi tutte le milizie nipponiche. Onoda e tre commilitoni, Yuichi Akatsu, Shoichi Shimada e Kozuka Kinshichi, si nascondono tra le montagne, continuando la loro battaglia imperterriti. Nel 1949, quattro anni dopo la fine del conflitto mondiale, Akatsu abbandona il gruppo e si arrende spontaneamente, convincendo con i suoi racconti la diplomazia giapponese a cercare di recuperare anche gli altri tre soldati.
Per capire il comportamento dei soldati e la storia, occorre precisare una cosa: ogni giapponese nel 1944 era sinceramente persuaso che piuttosto che accettare la resa la nazione avrebbe combattuto fino all’ultimo uomo, fino all’ultima donna. Se la guerra fosse veramente finita con la sconfitta, del Giappone intero non avrebbe dovuto rimanere pietra su pietra.
Nel 1952 il governo giapponese cerca di recuperare Onoda e i suoi commilitoni lanciando da un aereo lettere e foto di famiglia per cercare di convincere i soldati a cessare le ostilità. Onoda non si fida, non crede alla possibilità che la sua patria si sia arresa al nemico, la realtà che gli viene descritta deve necessariamente essere un inganno del nemico, uno di quegli inganni da cui era stato messo in guardia incessantemente prima di partire. Onoda e i suoi commilitoni continuano la loro guerra contro gli abitanti dell’isola; rubano vestiti, cacciano e vivono nella foresta, convinti dei loro ideali e del loro onore. Nel 1954 uno dei commilitoni, Shimada, muore in uno scontro a fuoco con la polizia, rimangono solo Onoda e Kinsichi. Cinque anni dopo, nel 1959, in Giappone, vista l’assenza di contatto con Onoda da anni, sono costretti a dichiararlo morto.
Onoda e Kinsichi per altri 13 anni vivono nella foresta combattono la loro guerra, ignorando ogni tentativo nipponico di informarli dell’esito della guerra, fino a quando nel 1972, in seguito a un altro scontro a fuoco, Kinsichi muore. Onoda è solo. Hiroo continua a ignorare quelli che lui crede messaggi fasulli dei nemici che avevano invaso il suo paese.
Nel febbraio del 1974 un giovane studente, Norio Suzuki, lascia l’università per girare il mondo e “trovare il luogotenente Onoda, un panda e l’abominevole uomo delle nevi”, in quest’ordine. Suzuki trova Onoda dopo qualche mese di ricerca, i due fanno amicizia, ma per Onoda non è ancora abbastanza, alla domanda sul perché si rifiuti di tornare, risponde: “attendo ordini dai miei superiori”. Suzuki torna in Giappone con una foto scattata insieme a Onoda, dimostrando il fatto che fosse vivo. Il governo giapponese, venutone a conoscenza, fa l’unica cosa che potrebbe far cessare il servizio a Onoda, rintraccia il maggiore Yoshiumi Taniguchi, l’ufficiale in comando ai tempi della missione di Lubang. Il 9 Marzo Taniguchi vola nelle filippine e da nuovi ordini a Onoda: “cessare immediatamente tutte le attività e le operazioni e mettersi sotto il comando del più vicino ufficiale superiore”.
Onoda immediatamente consegna al suo superiore tutte le armi ancora in suo possesso, così cessando 30 anni dopo il suo inizio, la sua guerra. Taniguchi ha mantenuto la sua promessa e, trenta anni dopo, è tornato indietro a riprenderlo.
Il ritorno in patria di Onoda fu trionfale, per i media era l’incarnazione dello spirito di sacrificio per la patria; ma abituarsi ad un paese ormai così cambiato fu per lui un problema, ed il soldato decise di trasferirsi in Brasile. Nel 1996 Onoda tornò a Lubang, dove vive fino a 91 anni nel gennaio del 2014, quando muore per complicazioni cardiache. Nel corso della sua “seconda vita” fonda scuole e dà in beneficenza molti ricavati del suo libro.