Noi. Voi. Intervista sulla DAD ai prof

Di Caterina Dal Ben, Alessandra Gomez, Elisabetta Moiana, Alessandro Moroni, Elena Pagani

La Bohème - Redazione
La Bohème
8 min readFeb 2, 2021

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Leonardiani! sappiamo tutti cosa pensano gli studenti della didattica a distanza, così ci siamo domandati: cosa ne pensano i prof? Ecco le loro risposte:

1) Quali difficoltà ha riscontrato con la didattica a distanza?

Prof Bagiotti: Tecnicamente nessuna, anzi dall’anno scorso mi era rimasto il desiderio di approfondirne le tecniche. In realtà, mentre c’è stata una grossa elaborazione di regolamenti e documenti tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di questo (anche per la novità dell’educazione civica), non c’è stata altrettanta riflessione su come migliorare la didattica, riflessione che avrebbe dovuto coinvolgere massicciamente genitori e famiglie, visto che insegnare non è un processo a senso unico. Una difficoltà per me risulta il grosso carico burocratico del lavoro scolastico (PCTO e altro) e il tempo dedicato. Un grosso problema è stata la grande instabilità dei consigli di classe, visto che il provveditorato non ha riempito i posti vacanti prima dell’ottobre avanzato. Non abbiamo fatto in tempo a conoscerci prima della chiusura e ad elaborare strategie comuni. L’altro problema è l’onestà durante le verifiche. E’ vero che tanti di noi hanno elaborato verifiche alternative adatte alla DAD, ma certe verifiche “fiscali” ogni tanto vanno fatte.

Prof Colombo: Catturare e mantenere l’attenzione degli studenti; valutare in modo serio e, riferendosi all’anno scorso, quando erano chiuse le scuole di ogni ordine e grado, fare lezione, preparare le lezioni e correggere i lavori degli studenti con i miei figli — allora di 3 e 7 anni — sempre attorno. Questo, però, mi rendo conto, è un problema solo mio, ma per me è stato e potrebbe tornare a essere un problema serio.

Prof. Penati: Riusciamo a ‘Fare scuola’… In tempi come questi NON è poco.

Prof Righi: Non ci sono state grosse difficoltà né a marzo, né ora. Fortunatamente il nostro liceo si è subito attivato per avere una piattaforma sicura.

2) Quali pensa che siano i vantaggi della didattica a distanza?

Prof Pasquariello: Beh, non è facile guardare ai vantaggi di una nuova modalità didattica senza pensare alla causa che l’ha scaturita e che ha sconvolto vari aspetti della vita di ognuno di noi. Eppure i vantaggi ci sono. Il primo è la possibilità di annullare i tempi morti del fare scuola: lo spostamento da casa a scuola, da classe a classe, lo svogliato ricomporsi dopo l’intervallo, il cicaleccio di fondo, l’affannosa ricerca del materiale didattico: “prof. avevo capito che ci fosse letteratura, ho portato il libro sbagliato”. Ma il vero vantaggio è che ogni docente si è interrogato sui nuclei fondanti della propria disciplina, sul tempo di tenuta della parola, sulla densità dell’input. È stata, ed è tuttora, un’occasione unica di formazione e autoformazione. Obiettivo? riflettere su didattica e valutazione; superare il modello trasmissivo lezione-verifica-giudizio in favore di un maggiore protagonismo, una più forte motivazione e più responsabile partecipazione degli apprendenti.

Prof Colombo: Nessuno. O meglio, l’unico vantaggio che vi ravviso è la possibilità di portare avanti una qualche forma di didattica e soprattutto di contatto con gli studenti quando altro non è possibile. I miei nonni, in dialetto milanese, avrebbero detto “piutost che nient, l’è mei piutost”…

3) Secondo lei la didattica integrata poteva funzionare?

Prof Pasquariello: A mio parere la didattica integrata aveva tutti gli svantaggi dell’ibrido. Nei mesi trascorsi “a distanza”, durante la scorsa primavera, noi insegnanti abbiamo imparato a destreggiarci con applicazioni di cui o ignoravamo del tutto l’esistenza o che relegavamo alla sfera dei contatti sociali e del tempo libero. Ognuno di noi si è ricreato un proprio spazio vitale e didattico, ricalibrando ritmi, materiali, elocuzione, mimica secondo “nuove esigenze”, che non erano quelle della didattica in presenza. Ma ce l’abbiamo fatta, abbiamo portato a termine un anno scolastico direi in maniera dignitosa.

Prof Righi: La DDI ha funzionato e funzionerà quando i tempi ci permetteranno di tornare in presenza seppur non tutti insieme, che, ovviamente, sarà meglio di tutti a distanza. Il lavoro in DDI è molto più complesso per noi insegnanti per una serie di motivi, le verifiche sono tutte doppie, quindi per ogni classe bisogna prepararne.

Prof Colombo: La didattica a distanza presentava a mio parere alcune complessità: avere metà classe in presenza e metà a casa poteva condurre anche involontariamente al rischio di ignorare questi ultimi, perché è evidente che tenere una lezione in presenza o a distanza implica modi di insegnare diversi. Tuttavia con la didattica integrata almeno con metà della classe ci si poteva incontrare sul serio… Ad ogni modo il punto, credo, non sia che cosa possa o non possa funzionare ma che cosa, nelle circostanze in cui versiamo, si debba e si possa fare. Tutto può bene o male “funzionare”, volendo, anche se non è ciò che preferiamo o che vorremmo.

Prof. Penati: Si, ottima soluzione. Un poco per uno non fa male a nessuno (incontrarsi in classe in sicurezza ed a gruppi alternati).

4) Trova più impegnativa la didattica a distanza o la didattica in presenza?

Prof Pasquariello: La didattica a distanza è fuori di dubbio più impegnativa, ma forse soltanto perché la didattica in presenza era nel DNA di ogni insegnante.

Prof Colombo: La didattica a distanza, senza dubbi né sconti.

Prof. Penati: Personalmente credo che la didattica a distanza sia più difficoltosa sia per gli insegnanti che per gli alunni.

Prof Righi: La didattica è impegnativa in generale, ma quando si parla di nuove tecniche di lavoro le cose si complicano sempre un po’.

Prof Bagiotti: Nell’ordine, la DDI, la DAD, la didattica in presenza. Il grande vantaggio della presenza è il feedback immediato, che dà grande sicurezza all’insegnante. Oltre, ovviamente, alla maggiore validità delle verifiche. Stare sempre al pc è stancante ma, se la comunicazione con la classe funziona, si possono fare lezioni più che soddisfacenti.

5) Che cosa farebbe se potesse migliorare qualche aspetto della didattica a distanza?

Prof Pasquariello: Ciò che più mi preoccupa di questa DAD è l’eccessiva esposizione ai terminali (N.B. in ambiente accademico l’acronimo DAD sta per Didattica Aumentata Digitalmente!). Passiamo tutti troppo tempo al Pc, noi e voi.
Bisognerebbe, secondo me, ripensare i tempi della scuola. Ritornare per esempio all’idea di corsi monografici asincroni, che lo studente può interrompere, rivedere, differire nel tempo, per poi concentrare in altri momenti l’interazione con gli studenti e la verifica degli apprendimenti. Oppure ispirarsi al modello francese, che alterna otto settimane in “classe” con due settimane di vacanza!

Prof Colombo: Quello che potrei fare lo ascrivo interamente a me: potrei preparare le lezioni in modo più interattivo, con supporti e modalità diverse che sollecitino maggiormente l’attenzione degli allievi che sono dall’altra parte dello schermo. Sappiamo infatti che una porzione estremamente significativa della comunicazione è non verbale (la prossemica, i gesti, le espressioni…) o paraverbale (il tono di voce, le pause…), motivo per cui credo sia più difficile mantenere l’attenzione dei ragazzi quando si è in video e quando questi ultimi, per altro, sono nelle loro stanzette, piene di distrazioni.

Prof Bagiotti: Forse riporterei l’orario ai 60’, in modo da avere un vero quarto d’ora accademico in cui fare il punto sulla lezione precedente, compilare il registro elettronico, decidere i voti delle interrogazioni, i compiti, ecc. Attualmente i 50’ di fila senza pausa fanno sì che a fine mattinata sia più difficile recuperare i dettagli delle interazioni. Peraltro, è bellissimo iniziare alle 9!

6) Che cosa le manca di più della scuola in presenza?

Prof. Penati: VOI. NOI.

Prof Pasquariello: Il suono della campanella. No, non è uno scherzo. Dico seriamente. Mi manca quel segnale che da anni associamo alla fine delle lezioni, alla pausa, al quarto d’ora d’aria. La didattica a distanza appare ai miei occhi come un continuum, un perenne Truman Show, in cui spegnere la telecamera non rappresenta il ritorno alla vita privata. Il tempo scuola ha invaso lo spazio casa… e questo non è mai un bene!

Prof Colombo: Sarò banale: gli studenti.

Prof Righi: La scuola in presenza non potrà essere sostituita in quanto è un’insostituibile dimensione propria dell’educare.

Prof Bagiotti: La lavagna di ardesia; il cappuccino con brioche al bar nell’ora buca.

7) Come pensa che abbiano reagito gli studenti alla didattica a distanza?

Prof Colombo: Forse qualcuno è stato sollevato: meno pressione, meno richieste, più possibilità di farsi i fatti propri. Forse però altri — e sinceramente lo spero — sono dispiaciuti perché non possono incontrare i compagni, magari anche gli insegnanti, e perché il livello degli apprendimenti rischia di abbassarsi.

Prof Penati: Bene amati, complimenti e grazie!

Prof Righi: Gli alunni hanno, secondo me, reagito benissimo inizialmente: no spostamenti…poi si sono accorti che mancavano tante cose essenziali della scuola in presenza e hanno cominciato a manifestare disagio e spesso depressione.

8) Che cosa pensa che facciano i suoi studenti durante le sue lezioni?

Prof Colombo: Qualcuno ascolta; qualcuno dorme; qualcuno studia per le interrogazioni successive; qualcuno manda messaggi WhatsApp, qualcuno gioca al fantacalcio… diciamo che, a parte l’ultima opzione, sono tutte cose che potevano accadere anche “in presenza”, in una classe vera. La differenza è che tutto è lasciato al senso di responsabilità del singolo studente. Noi insegnanti, a distanza, non possiamo più di tanto agire per spingere gli allievi ad affrontare la lezione (o l’interrogazione, o la verifica) in modo serio. Questo, ora, sta a voi. Quando seguite le lezioni, quando siete interrogati o avete una prova scritta, sta a voi chiedervi: come voglio comportarmi? Che cosa voglio davvero ottenere da questo tempo? Sono qui per fare il furbo, per sfangarla, o sono qui per imparare qualcosa? Dunque, la domanda che ciascuno di voi deve porsi è: come affronto la scuola, che cosa voglio ottenere da questa mia scelta?

Prof Righi: Spero che facciano matematica e fisica. Ritengo abbiano maturità e voglia di imparare da rimanere concentrati ed attenti.

Prof Bagiotti: Penso che al 50% lavorino seriamente; un 20% è molto multitasking (soprattutto in quinta); gli altri temo non siano molto connessi, almeno mentalmente. Sta però a noi coinvolgerli.

9) Immagini di essere ancora uno studente: come vivrebbe questa situazione?

Prof Colombo: Mi risulta difficile immaginarlo. Sicuramente troverei estremamente difficile dover restare sempre in casa con la mia famiglia, senza poter incontrare compagni, amici, eventuali fidanzati/e.… figure che alla vostra età sono fondamentali e che io sicuramente venti-venticinque anni fa consideravo come fossero la mia famiglia, anche più di quelli che ora definiremmo i nostri “congiunti”.

Prof Penati: Come voi (smarrimento e problematiche annesse). Anche noi insegnanti siamo stati giovani e studenti. Comunque io cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno…

Prof Righi: Esattamente come voi, perplessa e spesso confusa.

Prof Bagiotti: Non saprei. Cercherei di approfittare di ciò che la tecnologia ci offre e cercherei di lavorare spesso coi compagni.

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Giornalino studentesco presso Milano, Liceo scientifico Leonardo da Vinci