Oltre l’abitudine

greta nespolo
La Bohème
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4 min readJan 23, 2021

Stavo camminando da ore ormai, i pensieri sfumavano dietro il tramonto che portava con i suoi colori la malinconia solita di quegli ultimi giorni dell’anno. Era la prima volta che vedevo il mare di inverno, freddo e scuro, come il senso di vuoto che mi opprimeva. Mi sedetti su uno scoglio che mi aspettavo cotto da quel sole, che però ormai non era più così caldo. Gli schizzi salini e il rumore delle onde mi fecero venire in mente quei felici e spensierati mesi estivi, dove ogni emozione risultava più forte, più vera. Sentivo il vento che saliva, mentre osservavo l’avanzare del crepuscolo, presto sarebbe stato buio, il mare diventato nero. L’unica luce sarebbe stata quella di quell’unico e fioco lampione che sembrava poter abbandonare da un momento all’altro. Decisi che era ora di tornare indietro, col buio era pericoloso addentrarsi nei segreti di quell’isola, dove la natura aveva il sopravvento. Il sentiero era marcato bene, ma non conoscevo i possibili scherzi di quei sassi che scricchiolavano sotto i miei piedi come se dovessero franare da un momento all’altro, non conoscevo i rami bassi dei cespugli, nei quali potevo inciampare senza nemmeno rendermene conto, non conoscevo nulla di quella che con la luce era la mia dimensione. Mi voltai nuovamente verso il mare. In lontananza vidi una luce in movimento che poteva appartenere ad una crociera, e ancora mi persi nella mia immaginazione. Pensai che magari, in quello stesso momento, ci potesse qualcuno che si stesse affacciando, sui pontili di quella nave, ad osservare quel mare così nero, così freddo, così magico. Magari anche lui, o lei, aveva notato le luci della mia piccola isoletta e stava pensando quello a cui stavo pensando io. L’ipotesi più probabile però, era quella che su quella nave ci fosse una moltitudine di gente intenta a divertirsi e festeggiare in compagnia, aspettando l’imminente arrivo di quel nuovo anno, che ognuno riteneva invano come il proprio. Certo per qualcuno sarebbe sicuramente stato l’anno della svolta, del riscatto, per altri però, un anno da dimenticare e per altri ancora un semplice anno, che in comune con gli altri casi avrebbe sicuramente insegnato qualcosa. Pensai al cambiamento che una persona poteva attraversare in quello che convenzionalmente viene definito anno. Dico convenzionalmente perché, seppur ci siano dimostrazioni scientifiche, penso che alla fine tra un trentuno ed un uno ci sia ben poca differenza, ma alla fine tutto si basa su quelle che noi definiamo piccole differenze no?
Mi resi conto di essermi mosso di neanche un centinaio di metri; ne avevo tanta di strada da fare, ma dopotutto non mi correva dietro nessuno. Proseguii su quel piccolo e secco sentiero. Il rumore del vento sovrastava quello dei miei passi che muovevano quei piccoli e liberi sassolini che sfuggivano sotto il peso del mio corpo. Iniziavo a sentire freddo, le mie dita gelide attirarono la mia attenzione, dopo che mi passai una mano tra i capelli, senza un evidente motivo. Alzando lo sguardo però avevo notato il cielo, così limpido e puntellato da una miriade di stelle, l’assenza di luce artificiale faceva sì che risaltassero in quel cielo così scuro, che si confondeva col mare. Mi ritrovai perso, ancora una volta ad osservare quella distesa scura che sembrava infinita. Lo osservavo come per farlo mio, quel mare che non avrei più visto per tanto. Mi piaceva la città, la mia città poi la apprezzavo veramente, però quel senso di magia che trasmette il mare mi è difficile da trovare altrove. Ogni posto ha i suoi segreti che vanno scovati con il tempo e la curiosità, ogni persona poi decide quali farsi suoi, e io forse avevo stabilito vincitore il mare. Gli anni passati avevo sempre festeggiato l’ultimo dell’anno in montagna, e quest’anno invece, un po’ per scherzo, un po’ per scaramanzia i miei avevano deciso di partire per il mare. Secondo mia madre iniziare l’anno in modo diverso avrebbe caratterizzato l’intero anno con positività, secondo mio padre cambiare sarebbe stato stupido, a parere mio non aveva molto significato. Ero felice di essere venuto qui, ma sinceramente non pensavo che per questo fosse stato scritto il destino del tempo seguente. Rispettavo chi parlava di destino, scaramanzia ecc. però lo ritenevo veramente insensato. A detta di molti ero troppo realista, mentre per altri avevo continuamente la testa tra le nuvole, e forse davo più ragione a questi ultimi.
Pensai che sarebbe stato più sicuro accendere la torcia del telefono, ma sicuramente, poi, mi sarei perso a dare un senso alle ombre che si sarebbero create, forse ero pazzo, forse semplicemente un adolescente. Decisi che sarebbe stato meglio perdersi di nuovo tra i mille pensieri, piuttosto che perdersi tra i sentieri che mi avrebbero riportato a casa. Misi una mano nella tasca del mio giaccone e cercai il mio telefono dalla custodia colorata, l’avevo comprata per scherzo e alla fine l’avevo tenuta veramente. Lo accesi e sullo schermo luminoso notai l’ora, erano già le nove passate, e io ancora ero nel punto di prima. Pensai a mia madre, probabilmente era innervosita dal fatto che non arrivassi, forse preoccupata, ma dopotutto non era la prima volta.
Notai il vento fresco mi scompigliava i capelli, la luna si rifletteva sulla distesa scura e il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli mi parse più forte, pensai che fosse dovuto al fatto che per la prima volta in quella serata avevo liberato la mente da tutti i pensieri e le paranoie che mi creavo. Guardai l’ultima volta il mare, e mi addentrai nel folto dell’isola, pronto a tornare alla normalità.

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